Le aspettative su opportunità e vantaggi del cloud computing sono ormai molto elevate sia da parte dell’It sia del top management. In generale, business e It ritengono il cloud in grado di risolvere molti problemi ma sono ancora diversi gli ostacoli da superare e il rischio di insuccesso dei progetti non va sottovalutato. Se ne è discusso nel corso di due recenti Tavole Rotonde coordinate dal direttore di ZeroUno, Stefano Uberti Foppa, nel corso delle tappe di Milano e Roma del Bmc Cloud Day.
“Il cloud è oggi valutato da molte aziende quale elemento di supporto ad un processo di trasformazione dell’It che aiuta a dare delle risposte in termini di efficacia anche sul piano del business – riflette Uberti Foppa aprendo i lavori delle Tavole Rotonde tenutasi a Milano e Roma -. Risposte che vanno dall’agilità di cambiamento, alla velocità nel time-to-market, alla riduzione del Tco e molto altro”.
Tuttavia, il cambiamento tecnologico richiede una consapevolezza da parte dell’It, e del business, della necessità di un intervento abbastanza profondo sul piano dei processi e del governo It. “Quali sono, dunque, le riflessioni che un’azienda deve porsi prima di intraprendere un percorso verso il cloud?”, chiede Uberti Foppa ai partecipanti. “La chiave di volta per noi è stata l’esigenza di time-to-market – risponde Paolo Bello, Program manager It di Telecom Italia -. Per far fronte a domande di business che cambiano ormai molto velocemente (in funzione di una domanda del mercato altrettanto volubile) ci siamo dovuti ‘attrezzare’ per garantire un catalogo servizi in linea con le reali esigenze che provenivano dalle imprese, ossia servizi Ict facilmente accessibili, scalabili e ‘a consumo’. La strada verso il cloud era dunque inevitabile ma ha richiesto un lavoro preparatorio non banale: innanzitutto abbiamo lavorato sulla convergenza It e networking, dopodiché abbiamo implementato un’architettura di private cloud che, oggi, rappresenta oggi la base dalla quale eroghiamo i servizi pubblici alla clientela ma che è in continua evoluzione”.
Sul piano della ‘gestione del cambiamento’ Bello evidenzia alcune criticità che, come spesso accade in molte realtà di fronte ad un percorso di trasformazione importante, riguardano le “resistenze culturali”: “in percorsi come quello che stiamo affrontando noi da qualche anno, è ovvio che esistano delle barriere da superare, prima fra tutte quella inerente i ruoli e le competenze. Nel passaggio da un approccio ‘a silos’, anche sul piano dei processi, ad una logica organizzativa finalizzata all’erogazione efficace del servizio al business, anche determinati skill evolvono perché sono richieste competenze più ‘business oriented’. Anche il governo delle infrastrutture cambia: noi siamo passati da una cultura ‘prestazionale’ dell’It ad una gestione orientata all’efficacia del servizio erogato”.
“A volte le difficoltà sono anche di natura tecnologica però – interviene Giordano Brombin, cloud computing consultant di Accenture -. Non sempre, per esempio, è semplice ‘far passare’ i benefici e le opportunità derivanti dai percorsi di standardizzazione tecnologica e di automazione dei processi. In molte realtà è ancora molto diffusa la cultura dell’estrema customizzazione delle tecnologie e dei processi che, al contrario, genera spesso delle inefficienze, aumenta il rischio di errori umani e impatta sui costi nascosti perché ‘costringe’ l’It a lavorare in modo disorganizzato e poco controllato”.
In virtù del ‘nuovo’ paradigma che vede l’It come centro di servizi di valore per il business, di cui il cloud è un abilitatore, la sfida di oggi è dunque adottare un approccio teso all’industrializzazione dell’It, ossia la semplificazione e la standardizzazione dei processi al fine di governare in modo più efficiente la complessità totale dei servizi e renderli più efficaci sul piano del business. “Bisognerebbe riuscire a passare da un’It ‘fatto a mano’ ad una sorta di ‘catena di montaggio’ della produzione informatica – commenta Dominic Wellington, cloud & Dca solution marketing manager Emea di Bmc Software -. Il che non significa affatto che l’approccio ‘casalingo’ non sia di valore, tutt’altro. Solo che non risulta più efficace rispetto alle nuove esigenze di business e alla dinamicità con cui si muove sul mercato”.
Cloud come ‘catalizzatore’, ma serve il governo del cambiamento
“Il tema dell’efficientamento dell’It non è nuovo, così come non rappresenta una novità l’esigenza di operare in un’ottica di efficacia, di valore e supporto al business – interviene Alessandro Raffa, Italy software consulting manager di Bmc Software -. Ciò che è però cambiato rispetto ad una decina di anni fa è la forza dirompente delle tecnologie: il cloud oggi è un acceleratore perché ‘costringe’ l’It ad agire secondo logiche nuove”.
“Se è vero che la maggior parte dei progetti cloud è ancora relegato ad un rango di progetto sartoriale – aggiunge Giovanni Masala, sales manager Italy, commercial market, di Bmc Software -, è altrettanto innegabile che il paradigma dell’as a service sia già oggi un catalizzatore del cambiamento, spinto in modo dirompente dal fenomeno della consumerizzazione tecnologica”.
“Non è detto che il cloud rappresenti una risposta a tutte le complesse problematiche che deve affrontare l’It – commenta Raffa -, ma è evidente che il ‘fenomeno’ non può essere ignorato: potrebbe anche rivelarsi un punto critico in grado di amplificare il disallineamento tra It e business. Quest’ultimo, abituato ad accedere in modo molto semplice, veloce e con costi certi a servizi tecnologici ‘nella nuvola’, potrebbe bypassare l’It ed accedere a servizi esterni in modo autonomo, procurando all’It problemi non banali a livello di integrazione dei sistemi e governance”.
“Ecco perché diventano sempre più fondamentali figure di demand management e i Cio devono muoversi verso ruoli di ‘orchestratori’ di servizi – commenta Stefano Mainetti, codirettore scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano -. L’It ‘sartoriale’ crea indubbiamente un notevole valore culturale sul piano tecnologico ma non rappresenta più una risposta efficace in grado di generare valore al business. Il mestiere dell’It deve perciò cambiare: è fondamentale passare dalla vista tecnologica alla capacità di progettare servizi di business. In questo percorso il cloud è certamente un acceleratore”. “Attenzione però, di solito si è molto rapidi ad adottare tecnologie nuove, un po’ meno nel definire i modelli di governance – commenta Uberti Foppa -. Questo è un punto critico che richiede la massima attenzione e deve essere affrontato anche attraverso un approccio serio al change management”.
Concorda con questa visione anche Francesco Massafra, manager di Telecom Italia che ha la responsabilità del Cloud Architecture & Network Engineering attraverso cui l’azienda eroga servizi It alle imprese, che evidenzia come “il passaggio da un cultura aziendale molto orientata al presidio tecnologico verso una logica di erogazione di servizio richiede una roadmap di trasformazione che non può essere ‘confinata’ all’evoluzione delle tecnologie ma deve tener conto delle implicazioni organizzative sul piano dei processi e delle competenze”.
“Nel nostro caso – interviene Francesco Castanò, dirigente dell’Ufficio per il Coordinamento Informatico Dipartimentale del Dipartimento del Tesoro (Ucid) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), che ha sviluppato una piattaforma per l’erogazione dei servizi cloud utilizzabili sia dal Mef che da altre amministrazioni (con la prospettiva di giungere ad un Cloud Interno Nazionale organizzato come sorta di ‘federazione di cloud’) – la complessità progettuale e il carattere innovativo dell’iniziativa su tematiche ancora sperimentali per la Pubblica Amministrazione, hanno reso sfidante l’obiettivo per tutti gli attori coinvolti. Tra le ‘lezioni apprese sul campo’ figura senz’altro la necessità di avere un approccio olistico al cambiamento: la revisione dei processi e il ridisegno organizzativo sono fattori abilitanti essenziali. Ritengo fondamentale in percorsi di trasformazione complessi come quelli abilitati dal modello cloud far riferimento alle best practice di settore che consentono di governare al meglio gli interventi specifici necessari sul modello funzionale e sui processi di It Service Management, che devono evolvere nell’ottica di massimizzare l’orientamento al cliente/servizio, della standardizzazione delle attività e offrire l’opportunità di innescare meccanismi per il miglioramento continuo”.
“Un miglioramento – conclude Uberti Foppa – che, ancora una volta, deve contare su modelli di governance It caratterizzati da una elevata flessibilità organizzativa per supportare adeguatamente obiettivi di business mutevoli e in continuo ‘affinamento’. Un’agilità che può essere raggiunta facendo, ‘a monte’, delle scelte architetturali precise guidate dalla stessa logica di flessibilità, nonché dalla semplificazione tecnologica”.