Da un lato un It dall’approccio più tradizionale, orientato a sistemi affidabili e sicuri, che certo devono evolvere verso una maggiore flessibilizzazione, ma con la gradualità necessaria a garantire stabilità, governance e sicurezza; dall’altro un It agile, veloce e innovativo capace di sperimentare fianco a fianco con le Lob. Proprio attorno al modello bimodale di Gartner si è sviluppato il dibattito che ha animato la Tavola Rotonda di un recente Executive Dinner “New Economics of It: ripensare in chiave business i sistemi informativi” organizzato da ZeroUno in collaborazione con Avanade. Davvero questo paradigma è sempre valido? O meglio: quali possono essere le diverse forme di attuazione traguardando soprattutto un obiettivo, come dice il titolo dell’incontro, di reale ripensamento dei sistemi informativi in una vera dimensione di contributore alla creazione di business? Quali sono i parametri, tecnologici, organizzativi e culturali da considerare?
Il “disagio” dell’It
È utile, prima di entrare nel merito dei diversi punti di vista, riportare alcuni interventi che chiariscono quale sia la natura e il grado di difficoltà del compito che spetta oggi ai sistemi informativi. “Serve un Cio innovatore che comprenda le esigenze delle Lob per supportarle nelle iniziative digitali, ma perché l’innovazione possa realizzarsi, servono anche architetture adeguate, aggiornate: non si può fare business innovation se si è frenati da un legacy difficile da gestire, cristallizzato e poco integrato”, ha detto in apertura Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, tratteggiando le difficoltà dell’It rispetto a un percorso di avvicinamento alle Lob ormai improrogabile, come suggeriscono anche le “nuove” logiche di distribuzione dei budget: “Secondo la stessa Gartner – commenta Uberti Foppa – nei prossimi 2 o 3 anni più del 50% del budget It sarà in carico alle Lob: queste non possono avere, chiaramente, le competenze per gestire in modo organico, strutturato ed efficace il percorso di trasformazione digitale dei modelli di business; l’It dovrà quindi saper sviluppare un ruolo fortemente consulenziale e la progettualità andrà necessariamente condivisa”.
Francesco Bonfiglio, VP Technology Services, Avanade prosegue il discorso evidenziando la pressione che ricade oggi sui sistemi informativi: “Le aspettative in termini di produzione di risultati di business che dalle Lob ricadono sull’It sono sempre più forti: secondo alcune ricerche i Ceo si aspettano che in 5 anni le revenue di qualsiasi tipologia di business saranno per il 40-50%, a seconda dei segmenti, derivate dal canale digitale”; un fatto facilmente spiegabile, secondo lo stesso manager, se si pensa che quest’ultimo è l’unico canale di vendita che ad oggi cresce a livello di ricavi, ma non di costi.
Si tratta dunque di avvicinarsi alle Lob, e di farlo rapidamente; ma come accennato le difficoltà non mancano: “I due It suggeriti dal modello bimodale sono entrambi al servizio del business ma in due modi completamente diversi: sono due mondi coerenti ma separati che rispondono a logiche diverse – dice Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, School of Management del Politecnico di Milano – Il problema è che può non esistere un vero equilibrio, e il Cio si trova dunque spesso in una situazione di confusione, schizofrenia, difficoltà di determinare delle priorità”. Non solo: accompagna questa tensione la “vertigine” che si lega alle infinite possibilità che l’informatica oggi offre: “Abbiamo una disponibilità di tecnologie senza precedenti: il problema non è più come fare qualcosa, ma scegliere cosa fare”, spiega Bonfiglio, riferendosi alla necessità di capire in che direzione l’azienda può evolversi e innovare, in quali nuovi servizi investire, quali business model abbracciare, il tutto mentre “fuori”, oltre
i cancelli dell’azienda, si compie una rivoluzione capace di rimettere in discussione tutti i sistemi consolidati: “Ogni business ormai è digitale”, dice Demetrio Migliorati, Digital Workplace & Innovation, Banca Mediolanum, che per sottolineare la portata dei cambiamenti in atto aggiunge: “La disruption la subiremo non dai nostri concorrenti diretti ma da aziende di mercati paralleli: noi, per esempio, come banca, non temiamo le altre banche, ma realtà come Google o Amazon: se queste decidessero di iniziare a vendere servizi bancari, che conseguenze ci sarebbero?”
Un solo It… monomodale
È lo stesso Migliorati che, come reazione all’irruenza dei cambiamenti in atto, mette in discussione la filosofia del modello bimodale: “Davvero c’è spazio per un It bimodale? O forse c’è bisogno di un solo It straordinariamente flessibile? È in atto una serie di fenomeni che hanno il potere, arrivati a un certo stadio di maturazione, di cambiare rapidamente lo scenario di mercato; un’azienda può vedere il proprio business tradizionale erodersi con un’accelerazione esponenziale”. Per Migliorati si tratta dunque di valutare la necessità di un cambiamento più drastico, che liberi il più velocemente possibile le aziende da legacy ingombranti a favore di sistemi “completamente” flessibili; secondo il manager sono i clienti, sempre più predisposti al cambiamento non appena vi sia altrove la possibilità di una migliore user experience, a imporlo.
In altri casi avere un solo It “monomodale” è una scelta obbligata: “Nel nostro caso – dice Donatella Paschina, Cio, Ermenegildo Zegna – la bimodalità non è applicabile perché non possiamo permetterci economicamente di avere due It. Abbiamo dovuto rendere agili tutti i sistemi informativi”.
Giandomenico Oldano, Responsabile Ict Operation, Architetture e Security, Rcs Mediagroup, sottolinea che è difficile pensare a un modello unico che prescinda dalle differenze esistenti tra i diversi settori di mercato e si sofferma sul mondo dei media: “La digitalizzazione ci ha obbligato a una rapida rivoluzione; in Rcs, in particolare, chi lavorava in una It tradizionale si è auto-reinventato per lavorare in una It digitale”, dice il manager, che quindi descrive il percorso che ha portato la sua azienda, in nome di questa rivoluzione, a eliminare completamente l’infrastruttura proprietaria e affidarsi totalmente al cloud.
Bimodalità sì, ma nell’azienda!
Accanto a chi non ritrova quindi pienamente nel proprio It la bimodalità suggerita da Gartner, vi è chi invece ne riconosce la validità: “Il mestiere del Cio è tra i più complicati al mondo se si considerano i vincoli e i vortici in cui ci si deve destreggiare, e tuttavia il problema, nel tempo, è sostanzialmente invariato; già 15 anni fa si parlava di un legacy da gestire e di un’esigenza di innovazione da soddisfare e oggi, come ieri, non possiamo approcciare nello stesso modo i due aspetti: da un lato c’è un tema di riduzione e semplificazione, dall’altro ce n’è uno di agilità mentale nell’affrontare i progetti”, dice Mauro Meanti, Amministratore Delegato, Avanade, che quindi, riallacciandosi alla disruption a cui stiamo assistendo, invita a guardare il cambiamento sotto un’altra prospettiva: “È vero che dobbiamo temere il fatto che le minacce arriveranno da nuovi fronti, da aziende che non sono nostri competitor abituali, ma proviamo a cambiare punto di vista: noi per chi saremo una minaccia?”.
Anche Enrico Luigi Toso, It Business Solution – Ict Regulatory Risk & Control Specialist, Deutsche Bank, si ritrova in un percorso a “doppio ritmo”: “Sono fermamente convinto che un qualunque percorso di rinnovamento debba procedere, da una lato, per miglioramenti continui, basati sul consolidamento e, dall’altro, per salti per recepire le esigenze innovative. Ciò che oggi rispetto a ieri è cambiato è che l’It, che ha sempre avuto una funzione prevalente di consolidamento, oggi invece è il primo attore chiamato a impegnarsi in questi ‘salti’”.
Sempre a proposito di bimodalità, sono state offerte anche altre interpretazioni: Paschina, seppure come accennato non ritrova questo doppio approccio internamente all’It, lo vede però concretizzato nelle funzioni aziendali, in particolare dal Digital Marketing e dal Business da un lato (più innovatore e volto alla sperimentazione) e dall’It stesso dall’altro (con una funzione di governance e di protezione dai possibili errori);
Elvira Fabrizio, Svp Ict Strategy & Governance, Eni, si riaggancia a questa analisi e commenta: “La bimodalità funziona se viene abbracciata anche dall’azienda nel suo complesso: noi come sistemi informativi ci stiamo organizzando in modo bimodale [c’è dunque impegno da parte dell’It nel cercare spazi di sperimentazione – ndr], ma abbiamo difficoltà a farci seguire dagli altri dipartimenti aziendali, dunque gli slanci innovativi che proponiamo, in alcuni casi, vengono poi soffocati”.
Insiste invece sulla necessità di semplificazione come elemento imprescindibile da cui partire con progetti di innovazione Bruno Demuru, Responsabile Sistemi Informativi, Saras: “Se ci si scontra con un sistema di processi complicati e articolati, diventa difficile pensare a sistemi informativi agili, veloci e semplici”.
La prospettiva di Bonfiglio, infine, concilia più punti di vista: “Il bimodale è una fotografia istantanea necessaria per descrivere una situazione di oggi, è qualcosa di transitorio; l’It, in prospettiva, sarà solo quello dell’agilità e dell’innovazione, sarà monomodale, ma ad oggi questo doppio binario è un modello di riferimento necessario”.
Dove si concentra l’innovazione?
Sul piano più strettamente organizzativo, è stato interessante notare, durante la tavola rotonda, i diversi approcci delle aziende all’innovazione: più realtà, per percorrere la strada della sperimentazione, hanno creato team separati dall’It tradizionale che, svincolati da regolamenti e dinamiche stringenti, possono muoversi in modo agile e indipendente, interfacciandosi direttamente con il management. Un approccio che può rivelarsi positivo se questi nuclei si mantengono ben allineati con l’It; viceversa, come sottolinea Corso, laddove non vi fosse coordinamento tra i due team, “questa situazione rappresenterebbe un grande fallimento per i Sistemi Informativi, che avrebbero in gestione le tecnologie senza però riuscire a essere protagonisti lato innovazione”. Diverso l’approccio in altre realtà: “Da noi l’innovazione è distribuita nell’azienda – dice Carlo Capalbo, Cio, Il Sole 24 Ore – Le idee e le proposte possono ad esempio arrivare anche dalla redazione, anche se chiaramente è poi l’It a dover trovare i modi per concretizzarle.”
Raccomandazioni: organicità, visione d’insieme, integrazione
Tra i diversi suggerimenti emersi durante il dibattito ricordiamo:
1) l’importanza di mantenere le due anime dell’It bimodale in dialogo tra loro (“Sono due mondi, ma devono parlarsi e coordinarsi attraverso un governo centrale”, Capalbo) ma fare in modo che questo dialogo non le “ibridi” (“Dobbiamo creare due organizzazioni diverse e proteggerle l’una dall’altra”, Corso);
2) l’utilità del misurare costantemente i progetti (“Non solo vanno tracciati i miglioramenti in campo business, ma prima ancora l’It deve imparare a misurare se stesso e capire dove spende le proprie ore e dunque dove può migliorarsi”, Marco Marsilli, Capo Progetto It di una nota azienda della grande distribuzione);
3) l’importanza di mantenere gli sforzi concentrati sull’efficientamento del sistema nel suo complesso; come ha detto Toso: “Lo sviluppo di soluzioni applicative non deve essere orientato all’ottimizzazione dei processi interessati dal singolo progetto, come spesso accade, ma al sistema nel suo complesso, che altrimenti cresce sul piano della complessità, invece che semplificarsi”; concorda Alessandro Di Fonzo, It Planning & Monitoring Manager, Sky, che dopo aver spiegato come l’It nella realtà in cui lavora sia chiamato a comportarsi in modo molto diverso a seconda delle attività da svolgere (per esempio, la gestione dei sistemi per il supporto al business è diversa da quella necessaria a supportare lo svolgimento delle trasmissioni televisive e l’erogazione dei contenuti delle stesse), sottolinea che è fondamentale l’integrazione tra i “sottoinsiemi” dell’It che queste dinamiche generano. Su questo stesso tema commenta, a concludere, Uberti Foppa: “Deve esserci una dimensione di replicabilità, di integrazione e di organicità per cui tutto il sistema beneficia di ciascuna azione di trasformazione effettuata; solo così l’azienda può effettivamente muoversi verso un modello di innovazione continua”.
Avanade: gestire in modo organico la complessità della digital trasformation“Siamo di fronte a una trasformazione che sta avvenendo in modo inorganico: la sfida per l’It è riuscire a gestirla nel modo più organico possibile”: parole di Francesco Bonfiglio, VP Technology Services, Avanade (società fondata a Seattle nell’aprile del 2000 come joint venture tra Accenture e Microsoft; specializzata in servizi It aziendali e soluzioni di business; 28.000 professionisti in 23 Paesi del mondo), che durante l’Exeutive Dinner “New Economics of It: ripensare in chiave business i sistemi informativi”, ha spiegato come l’azienda si proponga di aiutare l’It a vincere questa sfida supportandolo in tre diverse tipologie di evoluzione: 1) nel percorso di trasformazione del business – “Aiutiamo i nostri clienti a capire come il loro business e i mercati si possono evolvere”; 2) nella trasformazione dell’experience – “La digital trasformation è imperniata sull’essere umano: sono le persone, non le imprese, che stanno guidando questa evoluzione. Per questo ci impegniamo ad aiutare le aziende a comprendere come migliorare l’esperienza che offrono ai loro clienti”; 3) nella trasformazione dei sistemi – “I sistemi, di pari passo con i processi, stanno diventando sempre più ibridi come risultato di un rimescolamento delle funzioni aziendali: per rispondere a esigenze di flessibilità e time-to-market, la vendita si combina con il design, il post vendita con l’ingegnerizzazione e via dicendo. Vogliamo aiutare i nostri clienti a gestire questa complessità”. |