LA PRODUTTIVITA’ NELL’ERA DELL’INFORMAZIONE

Il modo di lavorare è cambiato notevolmente, ma la produttività viene ancora calcolata con vecchie metodologie. Guardiamo il modello alternativo di misurazione che sta sviluppando l’Iwpi.

Pubblicato il 24 Feb 2005

MILANO – L’Information Work Productivity Institute o Iwpi (www.iwproductivity.org), retto da un "concilio" costituito nel 2002 da Accenture, Hp, Cisco, Intel, Microsoft, Sap e Xerox, coinvolgendo università del calibro di MIT, Harvard, NewYork e Texas, ha per obiettivo la definizione di una metrica dell’Infolavoro (lavoro basato sull’informazione) al fine di migliorarne la produttività.

La sfida è sanare il paradosso tra la produttività, ferma dall’era industriale ai prodotti tangibili realizzati nell’unità di tempo, e il modo di lavorare, cambiato da parecchio tempo.

Quali sono i risultati ottenuti dall’Iwpi in questi due anni di attività? Li illustra a ZeroUno, Susan Conway, Direttore Iwpi per Microsoft, ma prima di darle la parola, è necessario fare una premessa: per generare nuova produttività dall’incrocio con concorrenze e domanda, urge associare all’innovazione manageriale altro "capitale organizzativo", come innovazione di processi/prodotti e adeguamento flessibile a cambiamenti di regole.

Susan Conway
Direttore Iwpi per Microsoft

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Si sa che nel mondo dell’informazione si genera valore da "decisioni basate su conoscenza" e "azioni informate", dice Conway. Ma misurare tale valore e la produttività nel generarlo è un’altra storia, si finisce a parlare di "intangibili". Il primo lavoro condotto da Iwpi è stata la definizione di quattro tipologie astratte di Infolavoratori: Esperto (medici, avvocati, consulenti…), competente di un ramo, che crea e applica al lavoro forme ad alto contenuto di informazione/conoscenza; Transattore (operatori di call center, impiegati bancari…), che interpreta l’informazione e la compone con nuovi dati che processa o passa per altrui riuso; Broker (responsabili di reparto, di funzione…), che prende "decisioni sulla base di conoscenza" nel collaborare con soggetti o enti coinvolti nei suoi obiettivi; e, infine, l’Integratore che è colui che, sulla base dell’informazione ricevuta, agisce ed eventualmente comunica con altri per completare i compiti ricevuti. Per tutti, e in tutti i settori, una definizione condivisa di "Infolavoro": l’atto di creare, usare o condividere informazione, come parte di un processo di business. L’Iwpi propone un modello a tre livelli. Il primo, l’analisi del capitale organizzativo, copre "pratiche di business, processi e disegno di soluzioni (compreso il fattore umano con compensi/incentivi), che abilitano un’azienda a estrarre da un insieme di risorse un prodotto/servizio di qualità migliore a un costo minore", precisa Conway. Il capitale organizzativo (misurato dal differenziale residuo fra valore di mercato dell’azienda e la somma di capitale, costo del lavoro e di R&D), riflette la produttività dell’infolavoro. Il secondo livello, l’analisi dell’information work, studia "dati soggettivi", originati da autorilevazione aziendale su cinque livelli: consistenza di esecuzione, effetto sul fornitore, efficienza operativa, allineamento a obiettivi di business, rilevanza a livello clienti e azienda. Il risultato è un "pentaindice", sempre raffrontabile nel settore, che, "bilanciato con dati trimestrali", è una misura del potenziale di crescita di fatturato/margine operativo e della capacità di esecuzione dell’azienda, cioè di valore per l’azionista. Il terzo livello, infine, l’analisi del traffico informativo, ne rileva l’impatto su investimenti e produttività dell’infolavoro.

All’azienda che si registri come "partecipante allo studio", Iwpc propone workshop pilota, rilevazione online, benchmark di nicchia e, entro il mese di marzo 2005, un Information Work Forum, con un compendio del nuovo modello di produttività.

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