La velocità con la quale il tema del software defined network sta conquistando la ribalta di tante discussioni e appuntamenti in ambito IT dovrebbe aiutare anche i più diffidenti a comprendere l’importanza del nuovo passaggio architetturale che si prospetta a un orizzonte ormai alle porte. La domanda di maggiore flessibilità e astrazione per le risorse informatiche non può infatti limitarsi a server e storage. Poter contare su un data center e relativi servizi in grado di assecondare richieste e rispondere ai cambiamenti del mercato dove la rete rappresenta il perno comporta infatti l’adozione di un nuovo modello.
«SDN si propone come nuovo concetto di architettura con diversi aspetti interessanti – afferma Gary Middleton global business development manager – networking di Dimension Data -. La possibilità di spostare dal relativo hardware al software una serie di funzionalità rende certamente le reti più adattive e programmabili, permettendo configurazioni dinamiche ed elastiche, aumentando i livelli di automazione».
Esattamente quanto successo nel recente passato con gli altri due pilastri del data center. «Pensiamo per esempio a un server amministrato via VMware, sul quale è necessario avviare una nuova macchina virtuale – spiega Middleton -. Attualmente è la macchina virtuale a doversi adattare alla rete, mentre attraverso SDN diventerà possibile invertire la situazione, a tutto vantaggio della velocità di azione».
Dopo i cambiamenti indotti da consolidamento e virtualizzazione, per i responsabili IT si prospetta quindi una nuova sfida, prima ancora che buona parte di loro abbia completato i passaggi precedenti e trovato la giusta misura per integrare il tutto con il cloud computing. Tra le preoccupazioni principali, anche una di natura molto meno tecnica, legata agli investimenti, spesso molto recenti, in apparati di networking di ultima generazione, il cui rischio è vederli diventare obsoleti nel giro di poco tempo.
«Non credo che tutta l’intelligenza sarà rimossa dagli switch – rassicura Middleton -. Dipende dal singolo contesto e dall’applicazione. Alcune funzionalità saranno certamente destinate a essere spostate in software, ma altre potranno invece rimanere. Tra le prime, vedo soprattutto i servizi Rete, l’application delivery e funzioni di sicurezza come firewall e intrusion detection. Tutto quello che riguarda velocità e prestazioni le vedo invece più adatte a restare a livello hardware».
Per un system integrator, le prospettive sono di quelle importanti. D’altra parte, proprio la natura del ruolo ha portato negli anni a consolidare il rapporto con i fornitori di networking, proprio chi ora vede a repentaglio la propria posizione. Alla luce di una recente ricerca di Plexxi, SDNCentral e Lightspeed Venture Partners, secondo la quale nei prossimi cinque anni il settore raggiungerà un valore di 35 miliardi di euro, più di una tattica attendista e diplomatica, risulterà competitivo trovare il giusto punto di equilibrio. «È ancora presto per stabilire con certezza quanto e dove SDN si affermerà – sottolinea Middleton -. C’è ancora un certo livello di confusione da chiarire prima di pensare ad avviare progetti. Il nostro compito è fornire prima di tutto la migliore consulenza per aiutare a capire la propria situazione e come intervenire, fornendo un panorama completo e mettendo a disposizione casi di successo».
Come sempre in situazioni del genere, soprattutto per chi agisce a stretto contatto con la realtà dell’utente finale, agire per tempo si rivela fondamentale, anche solo per acquisire le necessarie conoscenze. «Siamo di fronte a una nuova prospettiva di architettura e il mercato è già in continua crescita – conclude Middleton -. Bisogna consolidare i rapporti con i rivenditori per migliorare la cultura e investire in formazione per assecondare il passaggio. Bisogna prima di tutto aiutare i clienti a capire i vantaggi e mettergli a disposizione la tecnologia per provare di persona».
La voglia di cambiare non manca
Il tema SDN riscuote un buon livello di interesse tra gli addetti ai lavori anche in Italia. La partecipazione agli eventi sull’argomento incontra infatti un successo a volte oltre le previsioni, e la prospettiva di dover avviare una nuova rivoluzione nella propria architettura IT non sembra destare particolari preoccupazioni. «Vediamo tante aziende iniziare a effettuare prove, finalizzate soprattutto a verificare i vantaggi e capire come possa tradursi sotto il profilo economico – spiega Stefano Paganelli, line of business ni & security manager di Dimension Data -. Mentre tutto intorno è cambiato, la Rete è concettualmente la stessa da anni e pensare di cambiare è qualcosa di più di un’ipotesi».
Le esitazioni del recente passato nel passaggio alla virtualizzazione di server e storage con relativo potenziamento del networking sotto l’ottica tradizionale, in questo caso potrebbe tradursi in un vantaggio, grazie alla possibilità di non dover ammortizzare investimenti effettuati anche pochi mesi prima. Fondamentale però, trovare i giusti spazi e la giusta dimensione per virtualizzare anche la Rete. «Pensiamo alle tante aziende che stanno guardano al cloud in qualsiasi livello – sottolinea Paganelli -. Il problema banale di spostare macchine virtuali tra data center interni e cloud eviterebbe al networkig di dover comunque passare dal date center originale, adattando meglio i trasferimenti dei flussi di traffico».