La ricetta Reply del crowdsourcing per valorizzare gli skill Ict italiani

La società torinese ha presentato Starbytes, una community online di creativi, web designer e professionisti Ict, solo italiani, cui affidare progetti di siti web, sviluppi di app mobili o campagne di web marketing.

Pubblicato il 23 Lug 2012

Reply mantiene la sua vocazione di pioniere dell’innovazione e ‘importatore’ in Italia delle più avanzate tendenze dell’It, pur avendo ormai raggiunto dimensioni notevoli (440 milioni di euro di fatturato, in crescita del 14,6%, e 3400 dipendenti i dati 2011) ed essendo quotata in Borsa. Una conferma viene dal lancio di Starbytes, una piattaforma di crowdsourcing con ambito (e questo è forse l’aspetto più interessante) totalmente italiano.

Filippo Rizzante, Chief Technology Officer di Reply

Il concetto di crowdsourcing ha varie declinazioni: in quella più prettamente business è utilizzato da aziende e organizzazioni per affidare progetti a community online di esperti. Nel caso di Starbytes, la community è formata da creativi, web designer e, in generale, professionisti del mondo Ict e delle tecnologie digitali (tutti italiani) a cui aziende di ogni dimensione possono chiedere progetti di siti web, sviluppi di applicazioni mobili o campagne di web marketing.

“Siamo convinti che un’iniziativa che coinvolga solo skill italiani possa reggere – spiega Filippo Rizzante, Chief technology officer di Reply -: in Italia ci sono 800mila persone con competenze professionali di Ict”. La scelta ha una sua logica sia sotto l’aspetto delle tariffe, sia di facilitazione della comunicazione. “Nei portali internazionali di crowdsourcing le tariffe richieste dai Paesi del Far East non sono sostenibili da un professionista italiano e poi negli ultimi anni molte aziende italiane hanno ‘toccato con mano’ l’enorme difficoltà di far capire a tecnici di Paesi come India o Cina i requisiti, per esempio, di un nuovo sito web da sviluppare”.

Tutto è partito, continua Rizzante, da un crowdsourcing interno a Reply, “poi abbiamo acquisito IamaSource, una startup italiana di crowdsourcing e integrato le due piattaforme: così è nata Starbytes che tecnicamente è attiva già da febbraio (anche se è stata annunciata all’inizio di luglio: nel momento in cui scriviamo conta 23.000 iscritti, che hanno presentato oltre 120.000 proposte, mentre i progetti effettivamente realizzati sono 380)”.

Altra peculiarità di Starbytes rispetto ad altri portali anche internazionali di crowdsourcing è la parte contrattuale: “Proponiamo contratti standard conformi alla normativa italiana, tipicamente varianti del contratto d’appalto, che la piattaforma genera automaticamente”, spiega Rizzante. Il sistema integra anche un meccanismo di certificazione dell’affidabilità di ciascun iscritto che si basa sulle sue iniziative, sulle valutazioni dei clienti e sulle sue attività nella community.

“Il nostro business è legato alle commissioni che incassiamo per ogni contratto concluso, ma Starbytes è anche un mezzo per noi per entrare nel mercato delle piccole e medie aziende, grazie ai servizi che offriamo a complemento dei progetti degli iscritti”, sottolinea Rizzante.

Anche le grandi aziende però, che sono il target tipico di Reply, possono utilizzare la piattaforma in vari modi, cercando risorse per ‘variabilizzare’ i costi di alcune attività (people-as-a-service), proponendo a loro volta servizi alle Pmi, “per esempio la personalizzazione di un sito sviluppato con una delle molte piattaforme disponibili in rete oggi”, o addirittura facendosi realizzare da Reply una versione personalizzata della piattaforma, come ha fatto il gestore di telefonia mobile 3 Italia con Appsquare, un portale per far incontrare la domanda e l’offerta di sviluppo di applicazioni mobili.

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