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Lanciare i data center nello spazio: l’idea dell’UE per raggiungere il Net Zero 

Caricarli su un razzo e metterli in orbita in uno stato funzionante, per abbatterne l’impatto ambientale ed energetico. È questa la soluzione a cui l’Europa guarda con speranza per gestire il crescente numero di data center ospitati sul suo territorio. Nell’ambito del programma di ricerca Horizon Europe, l’UE ha infatti avviato uno studio per verificare la fattibilità del lancio e la gestione di manutenzione e guasti. A condurlo sarà un team di aziende con competenze trasversali, unitesi con l’obiettivo trovare una soluzione per azzerare le emissioni di CO2 del continente entro il 2050.

Pubblicato il 02 Dic 2022

data center UE in orbita

Ambiente ed energia, le due maggiori sfide globali per il mondo della tecnologia, investono appieno anche il settore dei data center. Ciò accade proprio nel momento in cui tali infrastrutture ricoprono un ruolo strategico fondamentale e crescono di numero, di dimensioni, ma anche di consumi. Una convergenza di urgenze contrastanti, destinata a diventare critica in breve tempo.

Non stupisce quindi l’affiorare di idee e iniziative anche apparentemente improbabili e meno ovvie, come quella annunciata dall’Unione Europea negli scorsi giorni. Perché non lanciare i data center in orbita? Sarebbe un modo per evitare che aggravino la crisi ambientale e quella energetica che stanno già impattando sull’economia del continente in maniera crescente.

Energia solare, banda larga e robot per un sistema di data center europeo in orbita

Per comprendere se considerare tale prospettiva una boutade o una via di salvezza, è in corso uno studio di fattibilità. È stato affidato a Thales Alenia Space – joint venture tra Thales e Leonardo – e ha già un nome: ASCEND, acronimo di Advanced Space Cloud for European Net zero emission and Data sovereignty.

L’idea dell’Unione Europea consiste nel mettere in orbita i data center, alimentandoli con l’energia solare proveniente da centrali in grado di generare diverse centinaia di megawatt. Per collegarli con le strutture a terra, si utilizzerebbero connessioni Internet ad alta larghezza di banda, basate su comunicazioni ottiche. Un settore in cui l’Europa è “ferrata” e non avrebbe problemi nel reperire le tecnologie di base. Se poi necessitasse intervenire per manutenzioni, aggiornamenti o guasti, ci si affiderebbe a un servizio di assistenza robotica attualmente già in fase di sviluppo, sempre sul territorio Europeo. Un punto importante per garantire la sovranità digitale dell’idea in fase di verifica. Sempre guidato da Thales Alenia Space, tra le varie sperimentazioni in questo campo c’è, infatti, il dimostratore EROSS IODm (European Robotic Orbital Support Services In Orbit Demonstrator) dedicato allo sviluppo di tecnologie di assistenza in orbita dei satelliti, per prolungarne la vita utile.

Proposto nell’ambito “spaziale” di Horizon Europe 2021, ASCEND riceverà una sovvenzione di oltre 2 milioni di euro. Una bella scommessa per l’Europa e per il team che lo sta portando avanti, un team ricco di competenze trasversali che spaziano dal cloud computing (Orange, CloudFerro, HPE Belgium) all’ambiente (Carbone 4, VITO), dal settore dei veicoli di lancio (ArianeGroup) a quello dei sistemi orbitali (Centro aerospaziale tedesco, Airbus Defence and Space e Thales Alenia Space).

Obsolescenza e guasti le sfide tecnologiche aperte: idee cercasi

Non è solo curiosità, ma apprensione, quella con cui l’intera Unione Europea attende l’esito dello studio. Se il lancio dei data center in orbita si rivelasse un’ipotesi fattibile e conveniente, contribuirebbe fortemente al raggiungimento dell’obiettivo Net Zero del Green Deal europeo entro il 2050. Indubitabili anche i vantaggi di cui godrebbero l’ecosistema spaziale europeo e quello digitale, realizzando un progetto senza precedenti.

Dal punto di vista operativo, lo studio in atto ha un duplice obiettivo. Prima di tutto, deve valutare se le emissioni di CO2 derivanti dalla costruzione e dal lancio dell’infrastruttura spaziale sarebbero davvero significativamente inferiori a quelle generate dalla semplice costruzione di un maggior numero di data center a terra. Essenziale, però, è anche verificare nella pratica che ci sia davvero la possibilità di realizzare il lancio e di assicurare assistenza robotica nello spazio.

Le sfide non mancano, ma il team che compone il consorzio le sta affrontando. Una delle più evidenti riguarda le dimensioni dei data center da lanciare: rischierebbero di essere troppo piccoli rispetto a quelli attualmente operativi a terra, ma se ne potrebbe collegare un certo numero tra loro, creando una rete in orbita. Cercasi soluzioni, invece, per gestire l’obsolescenza di tali strutture – “vecchie” dopo circa 5 anni – e l’ipotetica necessità di inviare un esperto per riparare un array di archiviazione in avaria.

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