Le tre forze del mercato del middleware

Pubblicato il 10 Ott 2008

Gartner segnala che per il middleware, alias Application Infrastructure & Middleware (Aim) la crescita a un solo digit nel 2007 significa che gli anni della forte crescita sono finiti. Il mondo dell’offerta, intanto, sta subendo profondi cambiamenti, ZeroUno ha approfondito il tema con con Fabrizio Biscotti (nella foto), Research Director, Gartner.

ZeroUno: Dunque il middleware rallenta la corsa?
Biscotti: Il quadro è a luci e ombre. Sgombriamo intanto il campo da questioni di definizioni: per esempio nell’area dell’Application Infrastructure (Erp), uno degli undici segmenti di Aim, vendor come Oracle e Sap con i loro rispettivi Fusion e NetWeaver, forzando la generale definizione middleware che Gartner sottoscrive (e drogando così la crescita, altrimenti risultante piuttosto lenta, del segmento Erp), fanno rientrare anche strumenti di sviluppo software, Business intelligence, Data warehouse e Content management che sono più propriamente da considerare software applicativo. Quello che conta è guardare agli undici segmenti in cui l’Aim si articola e al quadro d’assieme della loro quota di mercato e delle loro crescite annuali (2007), magari traguardandole sul quinquennio 2007-2012 (vedi figura1).


ZeroUno: Un quadro d’assieme piuttosto variegato…
Biscotti: …che però si “legge” come caratterizzato da tre forze complessive di mercato. Trascurando la crescita esplosiva delle Integration Appliance (il middleware per l’Internet delle cose), dato che non pesa più di un 1% e lo vediamo raddoppiare solo nel 2012, c’è in primo luogo lo spostamento epocale del mix di prodotti Aim verso l’Enterprise Service Bus e le suite Business Processor Management, rispondendo alla forte domanda generata dalla Soa e dalle applicazioni centrate sui servizi ai processi. Qui il rispettivo market share (6 e 12%) è significativo e la comune crescita è trainante (38%), una spinta che non vediamo esaurirsi e resterà intorno al 20% anche nel 2012.

ZeroUno: Tutto il resto cresce sotto il livello del “resto dell’Aim” (17,7%) nel suo insieme.
Biscotti: Si, ma ci sono almeno due segmenti, Portali & Tool di Interfaccia Utente e il B2b (venduto sia come software che come servizi e quindi fonte di fatturato Integration as a Service). Sospinti dalla globalizzazione, oltre ad esibire market share interessanti, attorno al 16% e 10%, questi due segmenti dimostrano una buona tenuta nel tempo (con tassi di crescita costanti intorno al 9% e all’11%, rispettivamente). Più ancora che la globalizzazione, è la semplice internazionalizzazione che si dimostra un fattore di spinta importante, se è vero che è la Ue a “tirare” per soluzioni basate su middleware B2b rispetto al mondo anglosassone, tradizionale roccaforte di middleware e software.

ZeroUno: E la terza forza?
Biscotti: È la resilienza dei “fondisti”, il middleware di Internet prima maniera e di soluzioni legacy che dimostra una tenuta e una capacità di evolvere, adattarsi e crescere, servendo un mercato fidelizzato se non captive. Parliamo di Application Server (9% di market share, 18 e 12% di crescita a breve e a lungo), di Message Oriented middleware (per esempio lo storico MqSeries di Ibm, 5% di market share, 8 e 7% di crescita a breve e a lungo), e di Transaction Processing Middleware (gli ancor più storici Cics o Ims di Ibm o Tuxedo di Bea, 12% di market share, 6 e 4% di crescita a breve e a lungo termine).

ZeroUno: Quasi un panorama di stabilità, sono in vista grossi “market mover”?
Biscotti: Se è per quello, ci aspettiamo “scintille” dopo l’acquisizione di Bea da parte di Oracle, che muta la natura del mercato (vedi figura 2). Allo scenario in cui tutti inseguono a distanza Ibm, gigante solitario con un fatturato di 3,5 miliardi di dollari e una quota di mercato del 30%, si sostituisce un mercato inesorabilmente “dicotomico”, più esposto ad essere influenzato dalle scelte dei due megavendor, Ibm e Oracle-Bea che, insieme, occupano il 47% del mercato, costringendolo a schierarsi, e consentendogli ancor meno di prima di andar per la propria strada. Uno scenario più difficile rispetto alla situazione quo ante, anche per Ibm, che si ritrova a confrontarsi con una concorrenza più forte. E comunque una bella sfida anche per Oracle, che deve fondere “armonicamente” due infrastrutture e tipologie di offerta e superare tutti i prevedibili scogli dell’integrazione fra due organizzazioni, ma che ha fatto mosse indubbiamente azzeccate. Possiamo dire che, “sulla carta” quantomeno, Oracle diventa un megavendor di middleware con un fatturato di 2,2 miliardi di dollari e una quota del 17%.


ZeroUno: È prevedibile che il mercato reagisca con ulteriori consolidamenti?
Biscotti: Premesso che il mercato è da sempre a modo suo in equilibrio fra i “new entrant” che arrivano a getto continuo con una startup e con una brillante idea da un lato e i grandi vendor che lo consolidano dall’altro, ci aspettiamo effettivamente un rafforzamento di questo trend. In questo momento è pericoloso fare il generalista, è molto più salutare per un software vendor innovare e differenziare il proprio modello di business, puntando a soddisfare necessità verticali, orizzontali o geografiche più “strette”: a specializzare la propria strategia, insomma.

ZeroUno: E dopo il middleware per sottosegmenti e la share dei vari vendor, come si ripartisce il mercato per geografie, particolarmente in Emea?
Biscotti: In una prospettiva regionale, l’Europa occidentale è di gran lunga il più grande mercato in Emea, con l’88% del fatturato. In testa Uk con il 21,8%, seguito da Germania e Francia con il 15,9 e il 12,8%, rispettivamente.



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