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Linux su mainframe o su server distribuiti? I pro e i contro di un data center open source

Ci sono aspetti positivi e aspetti negativi nell’implementazione di Linux su mainframe. La scelta dipende da tanti fattori che la direzione IT deve analizzare e comprendere per decidere quale sia la scelta più adatta

Pubblicato il 26 Set 2014

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Portare Linux su un mainframe o piuttosto optare per un workload open source in un ambiente distribuito di server? La scelta non è banale.


Linux su mainframe: i vantaggi…
Se si vuole garantire affidabilità, disponibilità, sicurezza e prestazioni, spostare i carichi di lavoro su mainframe ha tutto il suo perché.

Un esempio citato dagli esperti è quando si devono attivare tutta una serie di macchine virtuali in un ambiente dotato di ampio spazio di archiviazione, un’alimentazione energetica ottimale e un’ampio livello di affidabilità.

A questo punto vale la pena utilizzare una soluzione mainframe. Mainframe, infatti, è sinonimo di sicurezza: un dato di conferma è un’EA (Evaluation Assurance) che si attesta nell’ordine di un 5+.

È noto anche come l’ultima versione del kernel Linux sia in grado di supportare applicazioni mission critical senza il rischio di violazioni o di interruzioni della business continuity. Certo: offrire protezione con dei mainframe centralizzati è più facile rispetto a una gestione erogata attraverso centinaia di server Linux distribuiti. Gli amministratori in quest’ultimo caso, devono presidiare ogni singola interfaccia di rete su ogni partizione e bloccare tutti i punti di accesso.

In generale, l’esperienza condivisa è che il mainframe è in grado di garantire tassi di utilizzo delle risorse più elevati rispetto agli ambienti server distribuiti. I processori Linux, infatti, sono più facili da gestire con i mainframe, e i carichi di lavoro risultano più veloci ed efficienti.

In sintesi, far girare le procedure Linux ad esempio su un maniframe System Z può risultare più economico rispetto a un server distribuito, perché i costi delle licenze software sono associati ai core dei processori. Per di più con la virtualizzazione e le tecniche di provisioning l’utilizzo del mainframe risulta notevolmente incrementato, il che permette di sfruttare appieno queste macchine, giustificando ancor di più un ritorno degli investimenti.


… e gli svantaggi
Un mainframe Linux, però, non è una soluzione che si adatta a qualsiasi realtà. Un caso citato dagli esperti sono i limiti generati dallo stretto rapporto tra l’hardware e i vendor di Linux che impatta sull’economia del sistema quando l’ambiente distribuito è fortemente virtualizzato.

Questa impostazione del networking, infatti, impedisce a molte parti dell’infrastruttura di girare su mainframe zLinux. IBM offre una motorizzazione nota come IFL (Integrated Facility for Linux), rendendo così disponibile il mainframe Linux. Ma quando vale la pena di passare a questo tipo di processori?

Un esempio è quando si consolidano molti carichi di lavoro da una quantità di server sottoutilizzati a un numero inferiore di IFL mainframe. Questo è il caso in cui la scelta di migrare a zLinux è pienamente giustificata. Di contro va detto come i trend dello sviluppo stiano portando a una netta diffusione degli hypervisor per il consolidamento dei carichi di lavoro dei server (e questo anche per le attività più mission-critical). Una tendenza che rende gli IFL meno interessanti dal punto di vista economico, in quanto la migrazione a un mainframe Linux rimane comunque più costosa.

L’attenzione al rapporto prezzo/prestazioni rimane dunque un fondamentale. Partendo da un’altra riflessione, va aggiunto che non tutti i sistemi operativi Linux hanno le stesse performance sui processori mainframe e, a secondo delle versioni, differiscono in termini di prezzo. I provider di Linux forniscono il software per mainframe a costi che non sono mai equivalenti tra loro.

Un’altra cosa che va considerata in termini di valutazione è che l’hardware per il mainframe e altre infrastrutture server richiedono tutta una serie di abilità e competenze. In questo senso si può affermare come l’hardware risulti una commodity meno costosa rispetto ai processori mainframe.


In ogni caso, è sempre meglio fare un test
Eliminare il mainframe, d’altro canto, porta a un cambio radicale delle policy aziendali. Paradossalmente, dire all’IT di spostare i processi da una piattaforma all’altra potrebbe far scoppiare un’insurrezione. Al di là dell’ironia, l’approccio migliore è fare un’analisi imparziale su un carico di lavoro che includa tutte le parti. Come si fa a decidere quale piattaforma sia indicata per quel compito? Prima bisogna fare un test o, quanto meno, una simulazione, considerando come può funzionare quel flusso di lavoro su mainframe Linux e su un cluster di server Linux. In base ai risultati si potrà scegliere con cognizione di causa.

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