A ricercare sotto Google la parola “mash-up” (letteralmente poltiglia, mescola) si ottengono 19,1 milioni di occorrenze. Wikipedia definisce mashup “un’applicazione web 2.0 di tipo ibrido, cioè tale da includere dinamicamente informazioni o contenuti da più fonti, che usa e compone per creare un servizio del tutto nuovo”. Esempio classico, l’applicazione di un’agenzia immobiliare che acquisisce dinamicamente da terzi una lista di appartamenti e li mostra utilizzando Google Maps per evidenziare dove sono localizzati. Il punto interessante è che i mashup sono semplici da progettare (il contenuto è prelevato, ad esempio, da vari siti web tramite feed, come Rss e Atom, o Javascript), richiedono minime conoscenze tecniche e li può creare uno sviluppatore inusuale, nel caso di un’azienda, lo stesso utente business, che diventa dal punto di vista It una nuova figura: l’Utente Sviluppatore (Us).
Forrester scrive che “se gli utenti business di un’azienda non stanno reclamando strumenti mashup oggi, lo faranno nel prossimo futuro”. Il trend di “mashup che si infiltrano nel Workplace aziendale” offre grosse opportunità sia dal lato della domanda (l’It intravede una sostanziale riduzione del backlog applicativo), che da quello dell’offerta (si schiude ai vendor di piattaforme mashup l’opportunità di un “enterprise mashup market” sui 700 milioni di dollari nel 2013), dice Forrester. Ma il quadro non è così semplice. Servirà una forte disciplina fra gli utenti sviluppatori, abilitata da un’adeguata governance da parte dell’It, così come ci sono indubbiamente rischi, oltre che opportunità, per i vendor.
La domanda di mashup d’impresa
Scopo principale del mashup d’impresa è arrivare ad avere una integrazione semplice, dinamica e sicura dei contenuti provenienti da più sistemi.
Creare un’applicazione Web per combinare molteplici sorgenti di dati è un vecchio problema dell’azienda. Secondo Forrester, la tecnica delle piattaforme mashup d’impresa (Pmdi) abilita direttamente l’utente a farlo, consentendogli di produrre autonomamente cruscotti o strumenti di reporting con minima o nessuna assistenza It. E di farlo senza codifica, con soli strumenti visuali, in modo “web centrico” e condivisibile, col contenuto aggiornato in tempo reale e con facilità d’uso.
Gartner sottolinea poi anche il valore di scala dei mashup d’impresa: finalmente le imprese hanno uno strumento per indirizzare la “coda lunga” delle applicazioni; un repository altamente utilizzabile di componenti mashup diventa strategico perchè, per esempio, l’organizzazione It può delegare l’assemblaggio finale alle “masse”, cioè agli utenti sviluppatori, con un nuovo modello di application delivery più scalabile e “user-driven”, capace di aumentare la penetrazione dello sviluppo e il ritorno dell’investimento.
Secondo la società di ricerca, in futuro servirà piuttosto che la tecnologia mashup Web 2.0 venga irrobustita da funzioni di life cycle management, con attenzione agli aspetti di sicurezza e scalabilità. E servirà a maggior ragione una ferrea governance da parte dell’It.
Figura 1: Schema relativo al reperimento e integrazione dei dati per la costruzione di mashup
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Mashup d’impresa e flusso informativo
Fondamentale per ogni mashup d’impresa è che venga garantito l’accesso ai dati e ai contenuti da integrare sia a livello interno (attraverso Soa, servizi Web interni, o attraverso il recupero dei contenuti di vari siti Web), che a livello esterno, ossia reperendo i dati da un qualsiasi data marketplace (vedi figura 1). L’accesso ai dati è quindi il presupposto fondamentale; è quindi necessario che il “contesto” resti a cura dell’It: secondo Forrester, “spetterà al dipartimento It rendere disponibili queste sorgenti di dati, e fare sì che alimentino la Pmdi (piattaforma mashup d’impresa) in modo specifico e sicuro”.
Una volta approvvigionati, i servizi vengono alimentati nel cosiddetto “Mashup Composer”, nel quale l’utente sviluppatore fa “drag and drop” di servizi Web, data feeds o processi, assiemandoli, mescolandoli e trasformandoli, e sceglie la metafora visuale finale da passare al “Mashup Visualiser”. Nel quale i data feed composti sono “consumati” visivamente (in forma di cruscotto, mappa, grafico). Se il risultato resta in forma di feed Rss andrà a far parte di una pagina Web, di un portale o di un desktop. Infine c’è un meccanismo di condivisione, il “Mashup Hub” (decisamente il componente più in evoluzione nelle Pmdi disponibili), che condivide il nuovo servizio e ne gestisce il ciclo di vita: gli utenti possono salvarlo e riusarlo e/o distribuirlo a colleghi, clienti o partner.
Tre tipologie dominanti
Forrester considera mashup ogni tool visuale che abilita un utente non tecnico a combinare servizi a suo piacimento. Un criterio estensivo ma chiarificatore, in base al quale emergono tre tipi di mashup d’impresa: i “Mashup di Presentazione”, in cui dati e contenuto di un data feed sono semplicemente presentati in una vista unificata con altri dati non correlati, per cui ciascun data feed diventa, al limite, un “sottopannello” di un portale; i “Mashup di Dati”, in cui l’utente sviluppatore combina e manipola sorgenti di dati separati, per presentare risultati in una vista unificata, dinamicamente agganciati alle sorgenti di dati, e costituenti a loro volta una nuova sorgente di dati e servizi; infine i “Mashup di Processi”, che consentono di combinare non solo dati ma anche processi gestendo una progressione di stati e diventano motori di Business Process Management (Bpm). In ogni caso nel servizio risultante persistono contenuto e funzionalità delle sorgenti originali: le sorgenti restano distinguibili. Crescente, ovviamente, l’ordine di complessità, astrazione e difficoltà (vedi figura 2).
Figura 2: Le varie tipologie di mashup e le loro caratteristiche
(Cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)
Organizzare e governare le tecnologie e gli ambienti mashup
Secondo Forrester “i mashup d’impresa rendono produttivi e capaci di sviluppo fai-da-te gli utenti business, ma se questi ci si buttano fino al collo, sono anche una “ricetta per il pandemonio”, a meno che i Cio pianifichino con cura come supportarli, con una stretta guida funzionale It e un adeguato governo del ciclo di vita”.
Ed è mettendosi nei panni del Cio che Gartner articola un framework per la valutazione e l’introduzione dei mashup d’impresa nell’organizzazione. Il framework è articolato in quattro passi: valutazione dello scopo delle tecnologie mashup (il nuovo modello user driven di application delivery); analisi del business case per capire l’investimento da fare; scelta delle tecnologie e dei prodotti per la piattaforma mashup d’impresa; e soprattutto best practice. Il business case (e una roadmap) per creare e gestire un repository di componenti mashup e le piattaforme per altrettanti utenti sviluppatori è uno scoglio, perché i mashup sono un (nuovo) approccio nell’application delivery che richiede un investimento generale, ma che si deve riuscire a mappare come valore specifico di un’applicazione business. La scelta delle tecnologie deve affrontare un “costante stato di cambiamento”, per cui bisogna tener presente che nella piattaforma scelta emergeranno di continuo nuove funzionalità per l’applicazione e l’integrazione mashup con l’evolvere delle tecnologie stesse e del Web 2.0.
Le best practice
Gartner sottolinea le criticità che possono emergere dalla scelta di utilizzare i mashup d’impresa (di sicuro l’impatto organizzativo per il nuovo rapporto tra l’It e la comunità degli utenti sviluppatori): con l’assemblaggio scaricato agli utenti sviluppatori, la delivery It si “restringe” alla presa in carico e alla distribuzione di componenti mashup; la proliferazione dei mashup e il ritmo accelerato di generazione di applicazioni (da supportare in produzione); il ruolo cruciale di governance e change management per mantenere un controllo sulla qualità applicativa; la necessità di gestire cambienti con applicazioni composte che appaiono, scompaiono o si trasformano. Più didascalico, Forrester dispensa “grani” di best practice. Anzitutto articolare una policy che definisca quale livello di supporto verrà fornito, come sarà finanziato; pianificare, come prerequisito alla piattafroma mashup, un corso di training online per gli utenti sviluppatori nel loro contesto, con sorgenti dati e servizi Web specificati a disposizione degli utenti; includere gli incidenti relativi ai mashup nel processo di escalation help desk, con tanto di script; prevedere il giusto supporto a livello di produzione per i mashup business critical (inutile illudersi che non ne nascano). Inoltre, definire il livello di skill necessario per creare mashup: ad esempio, l’utente sviluppatore deve essere in grado di trovare le sorgenti di dati; di utilizzare la piattaforma tecnologica; di integrare molteplici sorgenti; di scegliere come il risultato vada visualizzato, ecc.
Per minimizzare la creazione di mashup che diventino “mostruosi mashup strategici”, Forrester consiglia inoltre di introdurre una sorta di checklist “applicazione candidata Mashup” (ad esempio: sono disponibili i sorgenti di dati? È un’applicazione ad hoc per pochi utenti o serve a migliaia? È un’applicazione da cui il business dipende strategicamente? L’utente ha gli skill per creare il mashup?).
Infine, l’analista suggerisce di tenere sotto controllo sorgenti e servizi dati perché siano “friendly” Mashup Data Source (Mds), esponendone il minimo numero necessario e semplificandone l’interfaccia: ad esempio, ogni nuovo servizio Soa è esposto come Mds in versione funzionale e facile, sbarrando ogni accesso improprio all’infrastruttura.
Rischi e opportunità per i vendor
“Un mercato dei mashup che da zero crescerà a 700 milioni di dollari entro il 2013 è una grossa opportunità per ogni software vendor, e una minaccia di “erosione dal basso” ai vendor di portali, Business Intelligence e Bpm”, scrive Forrester che individua due filoni di rischio: un ricorso al mashup, con relativo modello di application delivery delegata all’utente sviluppatore, probabilmente limitato alle applicazioni interne (a differenza di blog e social networking dispiegati anche coi clienti); la barriera della struttura dei costi (è richiesto un importante investimento iniziale a fronte di spese operative minori nel tempo). Ma c’è comunque la fila delle opportunità: il valore inerente dei mashup per l’utente finale, la cui consapevolezza in proposito può essere ancora bassa ma va a crescere; il valore per l’It dell’opportunità di scaricare l’assemblaggio finale o quantomeno di mettere gli utenti sviluppatori “in grado di aiutarsi da soli”, risparmiando risorse e spostandole dalla manutenzione all’innovazione; i numeri di licenze “a regime fra il 55% e il 95% dei workplace”, con moltiplicatori attraenti per i vendor; infine la sinergia con il ritorno sugli investimenti Soa, il cui valore “rientra” in tempi lunghi: le piattaforme mashup riescono a mostrare molto più velocemente il valore dei servizi Soa esposti.
Forrester parla già di un “ecosistema” di vendor di mashup, con i vendor di piattaforme mashup d’impresa che costituiscono solo una categoria su tre. Questi, sono certamente in pole position per guadagnarsi la parte del leone: Ibm con Lotus Mashup Tools; JackBe con Presto Wires Mashup Composer e Serena Software con Business Mashup. I primi due sono tool di data mashup, Business Mashup è un process mashup. In gioco anche Microsoft con Popfly, per ora decisamente orientato verso il mercato consumer. Punta ai mashup anche la piattaforma AquaLogic di Bea, ora Oracle.
Forrester vede guadagnare una fetta di mercato anche i vendor di servizi dati, come StrikeIron e Xignite, che si frappongono come Service repository e Marketplace tra Service provider e Service Consumer. Infine ci sono i vendor di servizi di misurazione (metering), ad esempio Mashery, che creano, misurano e monetizzano le sorgenti dei dati interni delle aziende.