Misurare il cambiamento nelle Pmi

Da un’indagine su un campione di 120 aziende, risulta che le pmi hanno progetti di cambiamento in corso e che questi sono concentrati su assetto industriale e qualità. Diventa di fondamentale importanza che queste aziende si dotino di strumenti che consentano la misurazione del cambiamento

Pubblicato il 16 Feb 2006

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La misurazione del cambiamento è di notevole importanza nel Change Management.
Nell’affrontare questo tema, è fondamentale la consapevolezza che misurare significa essere in grado di valutare oggettivamente come e quanto si sta cambiando rispetto ai piani iniziali.
I vantaggi di un sistema di misurazione del processo di cambiamento sono chiari: la misurazione è una forma oggettiva e condivisibile per verificare e validare i progressi ottenuti; costituisce un’azione necessaria di governo e di controllo; rende più visibili i percorsi e/o i processi in via di svolgimento permettendone un riallineamento e facilitandone la comunicazione diffusa sullo status; trasferisce e sistematizza su un piano quantitativo fenomeni ed elementi di natura più qualitativa, talvolta suscettibili di interpretazioni più soggettive e discrezionali.
Alla luce di queste considerazioni, ci si pone un primo quesito: quanto le nostre Pmi, che rappresentano il cardine dell’economia nazionale, stanno intraprendendo azioni di trasformazione per essere competitive o per adattarsi ai cambiamenti che stanno avvenendo? E se stanno rispondendo alle sfide competitive, quante di queste aziende hanno precise strategie e metodologie di gestione del cambiamento, misurate, misurabili e quindi controllabili?
Assochange ha quindi lanciato l’idea di fare una fotografia, seppur parziale ma comunque rappresentativa, della “way of change” italiana, così da mettere l’accento sulle specificità che caratterizzano il nostro contesto produttivo e per portare alla luce le modalità di rinnovamento delle imprese e la diffusione o meno di “practices” di monitoraggio e controllo.
Facendo leva su un’iniziativa già avviata dal Consorzio Universitario in Ingegneria della Qualità dell’Università degli Studi di Pisa (www.consorzioqualital.it), è stata condotta un’indagine sulla competitività delle aziende manifatturiere italiane e sull’adozione di strumenti di innovazione gestionale, con particolare concentrazione sull’introduzione di processi di change management.

Le pmi si concentrano su assetto industriale e qualità
Il campione al quale è stato sottoposto il questionario, era formato da 120 aziende ed è stato identificato sulla base di criteri di rappresentatività statistica [1].
L’analisi dei risultati raccolti fino a oggi sulle Pmi interpellate mostra che:
• i cambiamenti in atto riguardano prevalentemente tecnologie e processi produttivi (vedi figura 1);

Modifiche generate a seguito del cambiamento

Fonte: Assochange

• i processi di cambiamento si basano su progetti finalizzati a obiettivi specifici (oltre il 60% delle aziende che hanno dichiarato di aver effettuato progetti di cambiamento) che coinvolgono generalmente l’intera azienda (vedi figura 2);

Parti attive nella realizzazione del cambiamento

Fonte: Assochange

• l’utilizzo di specifici indicatori non è ampiamente diffuso: dalla survey, infatti, emerge che il 24% delle aziende che hanno avviato progetti di cambiamento non ha utilizzato alcuno strumento di monitoraggio;
• si rileva una scarsa padronanza di metodi e strumenti propri del change management. Prevalgono esperienze personalizzate condivise anche in modo informale con gli addetti, giorno per giorno (oltre il 55% di quanti hanno effettivamente realizzato progetti di cambiamento dichiara di avere adottato modelli di cambiamento “a piccoli passi”, mentre oltre il 50% afferma di aver fatto riferimento a “modelli interni”);
• gli strumenti di misurazione del cambiamento, ove usati, sono relativi alle sole aree economico-finanziarie e produttive. Quasi il 40% di quanti hanno dichiarato di avere realizzato azioni di trasformazione ha monitorato il cambiamento attraverso la misura di fattori economici e finanziari (fatturato per oltre il 45%, saturazione degli impianti per il 38%, quota di mercato per oltre il 35% di quanti hanno dichiarato di aver svolto azioni di monitoraggio), mentre la non effettuazione di azioni di monitoraggio, sommata con l’assenza di risposta alla domanda circa il tipo di indicatori utilizzati, riguarda più del 25% del campione;
• i fattori soft dell’organizzazione (clima, senso di appartenenza, motivazione, cultura e valori di impresa) continuano a non essere al centro delle preoccupazioni di chi dirige il cambiamento, se non in progetti con tempi lunghi e non vincolati da situazioni di difficoltà imminente;
• il cambiamento è coordinato sui diversi fronti di azione tramite la creazione di steering committee (quasi l’80% delle aziende che ha realizzato interventi di cambiamento lo ha gestito attraverso un comitato di direzione o strumento equivalente).

Un possibile modello di cruscotto
Come risposta al quesito iniziale si potrebbe quindi affermare che le Pmi intervistate hanno progetti di cambiamento in corso, in ambiti che, però, potremmo definire ancora concentrati sull’assetto industriale e su temi di qualità. I cambiamenti sono svolti in modo sequenziale, utilizzando poco le metodologie di change management, e con strumenti quantitativi di controllo e di monitoraggio di tipo economico-finanziario (difficilmente in grado di fotografare oggettivamente il processo e i veri risultati del cambiamento).
Diventa a questo punto utile e auspicabile sensibilizzare le imprese italiane all’uso di metodologie e di strumenti in grado di monitorare il cambiamento.
Mettendo a fattor comune le esperienze dei propri membri, senza la pretesa di essere esaustivi o accademici, Assochange ha proposto un modello di cruscotto di possibili indicatori da utilizzare a seconda del tipo di cambiamento e dell’impatto che questo ha sull’azienda. È importante ricordare che questa è un’ipotesi di lavoro sulla quale Assochange desidera confrontarsi anche con aziende esterne all’associazione.
Partendo dalla classificazione delle tipologie di cambiamento che le aziende possono intraprendere, è possibile elaborare un quadro sinottico in cui, per ogni fattore di cambiamento sono identificati gli impatti sull’azienda (in termini di variabili economico-finanziarie, sui processi e sulle persone) nonché i possibili indicatori con cui misurare il processo di cambiamento prima, durante e dopo lo svolgimento di un progetto di change.
In particolare, tra le cause del cambiamento possibili, sono emerse: merger & acquisition, mercato, nuove tecnologie, filiera estesa, miglioramento continuo, innovazione continua e cambiamenti giuridico-legislativi.
Per quanto riguarda invece gli impatti, si sono identificati gli aspetti rispetto ai quali si ritiene di misurare, attraverso gli indicatori di volta in volta individuati, l’impatto del processo di cambiamento avviato da un’organizzazione in relazione al trigger indicato.
Gli impatti presi in considerazione sono stati: business aziendale, persone coinvolte, processi/attività e stakeholders.
Con la voce “business aziendale” si fa riferimento agli aspetti economici e finanziari dell’organizzazione, mentre nella voce “persone coinvolte” si considerano gli aspetti soft del cambiamento, ossia quelli riguardanti le persone e il clima aziendale.
È stato poi evidenziato l’impatto relativo agli “stakeholders”, comprendendo in questo termine i clienti esterni, l’ambiente che circonda l’organizzazione e la collettività in genere; inoltre, con la voce “processi/attività” si sono voluti intendere i possibili impatti che il processo di cambiamento può avere sui processi operativi dell’organizzazione, ossia sul suo modo di lavorare, sul tipo e sequenza di attività che mette in atto per la gestione operativa del proprio business. Infine, sono stati individuati possibili indicatori in grado di monitorare il cambiamento, non solo attraverso il confronto di alcuni parametri misurati prima e dopo l’attivazione del processo di cambiamento, ma anche durante il suo svolgimento. Si è inoltre ipotizzato di distinguere gli indicatori utili a monitorare lo svolgimento del cambiamento sotto il profilo temporale, tra breve e medio/lungo periodo.
In figura 3 si trova un esempio di un possibile cruscotto di indicatori da utilizzarsi per misurare il cambiamento nel caso in cui l’evento scatenante del cambiamento sia una fusione/acquisizione.

Possibile cruscotto per misurare il cambiamento
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Fonte: Assochange

L’esempio non ha lo scopo di sostenere la validità del singolo indicatore: ciò che Assochange si propone di comunicare è l’importanza che ha, nel successo di un progetto di cambiamento, dotarsi di un modello di indicatori che aiuti l’azienda a monitorare i progressi ottenuti nel tempo e su tutte le dimensioni che caratterizzano il cambiamento.
L’adozione di uno schema di indicatori simile a quello illustrato può aiutare a capire in quale fase e su quale dimensione si deve intervenire. Partendo dai propri “modi di cambiare”, l’azienda potrà trovare in questo lo strumento metodologico più adeguato per il monitoraggio delle proprie azioni, al fine di tradurre con più facilità il “saper essere” in “saper fare”.
Questo approccio non può essere esaustivo, ma vorrebbe essere uno spunto di riflessione e di raccolta di ulteriori eventuali contributi che i lettori di ZeroUno potessero fornire.
A tal fine invitiamo a visitare il sito www.assochange.it e a inoltrare commenti, idee ed eventuali esperienze da condividere.

[1] È stata presa a riferimento la suddivisione del settore manifatturiero in sottosettori secondo la classificazione Ateco ed è stato garantito che, nel campione, i sottosettori esistenti fossero rappresentati con lo stesso peso con cui si ritrovano nella realtà del settore.


ASSOCHANGE PER GOVERNARE IL CAMBIAMENTO
Assochange è una realtà innovativa non solo a livello italiano ma anche europeo. Costituita a fine 2003, è l’associazione italiana d’imprese e professionisti prima in Europa a occuparsi di Change Management, ossia del governo sistematico dei processi di cambiamento attraverso lo sviluppo integrato, e costantemente monitorato, delle persone, della cultura, dei processi organizzativi, delle strutture e delle tecnologie. La sua missione è lo sviluppo della cultura e della funzione del cambiamento all’interno di aziende, enti e istituzioni, mediante il confronto di esperienze e lo sviluppo di modelli e approcci di successo. L’importanza di un approccio efficace è di tutta evidenza se si considera che i fattori di cambiamento (globalizzazione, competitività, introduzione di nuove soluzioni informatiche, fusioni e acquisizioni, estensione della filiera e questioni ambientali, tanto per citarne alcuni), ormai all’ordine del giorno, non solo comportano dei rischi, ma generano delle opportunità da valorizzare.
Il 2005 ha anche visto i primi studenti di primarie università Italiane laurearsi, grazie al supporto di Assochange, sui temi del Change Management e la presenza di Assochange in Europa attraverso l’assegnazione del bando EU “Change Master” con Insead.
Tra le iniziative del 2006, si segnalano: il lancio di tre nuovi gruppi di lavoro, l’istituzione di “ThinkTank” locali, per offrire opportunità d’incontro tra imprese, istituzioni e professionisti sui temi rilevanti nel territorio (tra i poli oggi previsti vi sono Milano, Torino, Bologna, Roma), la partnership con la Liuc (Libera Università Carlo Cattaneo) di Castellanza Va (che culminerà nel 2° Convegno Nazionale Assochange, il 5-6 giugno), la costituzione di un Comitato Scientifico e di un Comitato di aziende Sponsor (a partire dal primo trimestre).
Agli associati, Assochange offre la partecipazione gratuita a tutti gli eventi dell’anno, incluso il Convegno Nazionale (altrimenti a pagamento), l’accesso a informazioni e documenti riservati prodotti dai gruppi di lavoro, il contatto diretto con il network con gruppi di aziende/accademici/esperti associati.È possibile associarsi anche attraverso il sito www.assochange.it

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