L’idea di poter gestire un organismo complesso come una città si è da sempre scontrata con l’eterogeneità dei sistemi che la compongono, sia dal punto di vista delle diverse tecnologie utilizzate che degli enti pubblici e privati che li governano.
Oggi, venti anni dopo le prime pionieristiche sperimentazioni, le condizioni tecnologiche e sociali sono ideali per alimentare una vera rivoluzione nella nostra capacità di integrare le molteplici informazioni fornite da sistemi per loro natura isolati e acquisire una consapevolezza maggiore del funzionamento della macchina cittadina nel suo complesso.
La pervasività e la complessità raggiunta da Internet hanno predisposto le basi tecniche per gestire su larga scala una rete amorfa di fornitori e consumatori di informazione in continua evoluzione. Lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione mobile ha radicato standard di comunicazione orientati sia alla efficienza energetica sia alla resistenza agli errori e alle cadute di una parte dell’infrastruttura; dispositivi personali e completi hanno trainato lo sviluppo di sensori dalla miniaturizzazione senza precedenti e dalla durata energetica sufficiente a garantirne autonomia per settimane.
L’esigenza di gestire una mole di informazione eterogenea sia qualitativa sia quantitativa (big data) ha accelerato l’evoluzione dei sistemi di analytics, oggi in grado di operare in tempo reale.
Il combinato di questi sviluppi indipendenti e convergenti, ha determinato il quadro odierno di tecnologie, tecniche e funzionalità necessarie per progettare e integrare quell’infrastruttura cittadina virtualizzata e dinamica in grado di auto-configurarsi e basata su standard di comunicazione che consentono a qualsiasi “oggetto” di integrarsi e contribuire alla rete di informazione.
È l’Internet delle Cose, o degli smart objects, a costituire il fondamento tecnico delle smart cities intese come insieme di “oggetti” dotati di identità, attributi fisici e virtuali, di capacità senzienti o attuative.
Tutto questo rende oggi possibile realizzare una città che sa dimensionare in tempo reale i fabbisogni energetici o di disponibilità di mezzi pubblici in base alla concentrazione di persone in una determinata area in un preciso momento temporale, oppure una città capace di presentarsi ai turisti che circolano nelle strade tramite gli stessi auricolari dei cellulari, o capace di attivare automaticamente soccorsi medici. Queste opportunità arrivano ad un costo di sviluppo che deve ancora essere del tutto affrontato.
Gli architetti Ict, così come gli urbanisti, dovranno confrontarsi con un’intera nuova generazione di problemi e di competenze solo parzialmente derivabili dalle esperienze precedenti; come ad esempio: la definizione di strategie delle architetture di un sistema intrinsecamente dinamico, lo sviluppo di modelli di carico e di evoluzione efficaci, tecnologie di rete in grado di acquisire visibilità e controllo di oggetti quando si presentano sulla rete, nuovi modelli di interazione con l’utente e una più complessa strategia di security. Tutto ciò accadrà più lentamente nei paesi più sviluppati a causa della necessaria integrazione con i vecchi sistemi e i dati legacy e la necessaria riorganizzazione della gestione dei sistemi di comunicazione.
Le Smart Cities cresceranno più facilmente nei piccoli centri, dove la sostituzione di una infrastruttura Ict è più semplice o nelle grandi metropoli in via di realizzazione nei paesi a forte crescita economica e demografica. Ma prima di poter vivere nel mondo del My-smart-everything crediamo ci sia tanto lavoro da fare per istituzioni, produttori di tecnologia e fornitori di servizi sia pubblici, sia privati, sia Ict.
* = Massimo Cannizzo è Senior Executive Responsabile It Strategy Accenture, e Marco Fanciulli Senior Manager Accenture