Le tecnologie all-flash si stanno affermando all’interno dei data center come soluzione potente e affidabile per evolvere lo storage e gestire i big data. All’Executive Cocktail “New generation storage per il Business digitale”, organizzato da ZeroUno con la collaborazione di Fujitsu, la tavola rotonda con le aziende italiane ha generato interessanti riflessioni.
Di questo servizio fanno parte anche i seguenti articoli: | |
LO SCENARIO – I dati e il problema del big data management | |
L’OFFERTA – All-flash, come innovare lo storage per gestire il business digitale |
- È emersa innanzitutto l’urgenza di innovare.
“Stare fermi sulla propria tecnologia perché va tutto bene, non è una strategia che appaga – ha detto Andrea Calabretta, Corporate It Enterprise Architect di Amplifon -. Soprattutto in ambiti dove la competizione si basa sulla user experience (nel nostro caso, la capacità di offrire un’esperienza del negozio eccellente), le performance derivanti dall’utilizzo delle tecnologie all-flash rappresentano un vantaggio significativo [accelerando l’efficienza del servizio, ndr]”.
- Oggi tuttavia, questi sistemi trovano convenienza di impiego anche per applicazioni più tradizionali e mission critical. “Con il raggiungimento della maturità tecnologica e la netta riduzione dei costi – ha argomentato infatti Andrea Sappia, Sales consultant Manager di Fujitsu Italia -, le piattaforme all-flash diventano una soluzione applicabile e sostenibile per tutti i tipi di workload”.
- L’intervento di Maurizio Micalizzi, Responsabile Infrastrutture Data Center di Sia, ha spostato l’attenzione sui benefici legati alla latenza: “Un problema che abbiamo riscontrato con la precedente architettura San era la capacità di ottenere un response time costante a fronte di iops variabile. Un vantaggio della tecnologia flash che abbiamo introdotto è la capacità di azzerare gli effetti poco prevedibili dei workload sui tempi di risposta”.
- “Il response time – ha commentato Sappia – è tra i principali criteri di scelta quando si valuta l’impiego dell’all-flash. I tempi di risposta prima accettabili oggi non sono più tollerati e, con l’erosione dei prezzi, il flash diventa preferibile anche per applicazioni dove prima risultava poco conveniente. Bisogna però distinguere tra dati vivi e archiviati: i sistemi all-flash hanno valore maggiore quanto più alta è la frequenza di accesso ai dati”.
- Lillo Alletto, responsabile It di Rhiag, ha offerto una testimonianza esemplare rispetto ai ragionamenti di storage selection: “L’implementazione di sistemi all-flash sia sul fronte legacy / Erp sia sulla componente open ci ha dato una grande spinta. Oggi stiamo tentando di capire se i dischi rotativi faranno la fine del nastri e quanto (dove) convenga utilizzare la tecnologia flash. Stiamo ragionando su quale tipologia di storage orientarci, anche in merito alle modalità di erogazione cloud o on-premise”.
- “Probabilmente il disco rotativo è destinato a sparire ma non in un futuro così prossimo”, ha risposto Sappia, evidenziando però un’altra tendenza dello storage di nuova frontiera: la memoria si sposterà sempre più vicino e dentro al sistema di calcolo, con un concetto simile all’in-memory database (ovvero, i dati risiedono direttamente all’interno della memoria centrale del server e non su sistemi di storage tradizionale).
- Ma se questa è l’avanguardia tecnologica, le aziende oggi devono ancora affrontare le sfide organizzative del data management. In Barilla, la barriera maggiore alla gestione del dato è culturale, come ha riportato Marco Rossi, Demand Management and Project Delivery Director della società. Le funzioni aziendali effettuano analisi molto granulari, ma isolate: manca una visione d’insieme. “Il compito dell’It – ha spiegato Rossi – è favorire invece la costruzione di un sistema integrato, dove le informazioni sono a utilizzo e beneficio trasversale dell’azienda, evidenziando il trend generale”.
- A questo proposito, Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano suggerisce la creazione di strutture cross-aziendali che fungano da collante di integrazione. “Si tratta insomma – ha detto riportando l’esperienza di una grande multinazionale assicurativa – di creare un team di presidio con un processo di internalizzazione e centralizzazione delle competenze”.