La notizia dell’annuncio, da parte di Oracle, del raggiunto accordo per l’acquisizione di Sun Microsystems, diffusa nel tardo pomeriggio (ora europea) di lunedì 20 aprile, ha colto il mercato di sorpresa. Che dopo l’improvvisa rottura, poche settimane fa, delle intese con Ibm dovesse arrivare prima o poi la notizia di un altro matrimonio era prevedibile e previsto: Sun era da qualche tempo, come si dice, in odore di acquisizione ed era logico attendersi che un nuovo partner si facesse avanti avendo, a questo punto, maggiori chances per concludere.
Poteva essere Cisco, che ha recentemente mostrato le sue intenzioni di entrare nel business del ‘new data center’, oppure Hp, cui (secondo l’Economist) Sun si era offerta prima di trattare con Ibm. Invece chi ha concluso è stata Oracle, e dopo un tempo così breve che autorizza a pensare che Scott McNealy, cofondatore e presidente di Sun, abbia giocato su due tavoli per strappare le migliori condizioni per sé e per gli azionisti e che Larry Ellison, cofondatore e Ceo di Oracle, nonché suo business partner da lunga data, fosse probabilmente già il player designato. Ma quello che può essere successo dietro le quinte non c’interessa. Quello che ci riguarda è che l’acquisizione ridisegna il quadro dei rapporti tra i maggiori player dell’It, e di questo cercheremo di parlare.
Si chiude a 7,4 miliardi di dollari
Prima, però, ancora qualche dato. L’intesa, approvata all’unanimità dal Cda Sun e la cui approvazione da parte degli azionisti e degli enti regolatori Usa viene data per scontata, si è chiusa sulla cifra di 9,50 dollari per azione, da pagarsi in contanti. Solo 10 centesimi in più dei 9,40 dell’ultima offerta Ibm e rifiutati da Sun, ma che rappresentano un bonus del 42% sulla chiusura di venerdì 17 e totalizzano 5,6 miliardi di dollari. L’intesa però prevede l’assunzione delle poche liquidità e dei molti debiti Sun, per cui il valore della transazione sale a 7,4 miliardi di dollari. Una bella cifra, ma non la maggiore che Ellison abbia sborsato (Peoplesoft, Siebel e anche Bea sono costate di più) né giudicata eccessiva per le sue tasche dal mercato finanziario, visto che l’azione Oracle è scesa nelle ore successive all’annuncio solo dell’ 1,3% contro il balzo del 37% di quella Sun. D’altra parte, Oracle ha dichiarato che l’acquisizione farà salire di 15 centesimi l’Eps (earning per share) in 12 mesi, grazie appunto al contributo di Sun, che viene stimato a 1,5 miliardi di dollari nel primo anno e a 2 nel secondo.
In un momento in cui anche le grandi corporation fanno i conti sul trimestre, fare previsioni sui due anni, e soprattutto su profitti forniti da una società che è oggettivamente in crisi, appare azzardato. David Mitchell, senior Vp di Ovum, fa però notare come anche nelle precedenti acquisizioni le sinergie che Oracle ha saputo creare all’interno della propria offerta si siano tradotte in business. Soprattutto, aggiunge Mitchell, “Oracle è riuscita in passato a definire già nei tre mesi successivi all’acquisizione i maggiori problemi relativi alla composizione dell’offerta, all’organizzazione vendite e marketing e al supporto degli utenti”, creando quella chiarezza d’intenti che è indispensabile a rassicurare il mercato. Tutto ciò è vero, ma i precedenti acquisti strategici di Ellison hanno sempre riguardato software house, mentre Sun ha anche un’importante componente hardware. Questo potrebbe rendere la situazione complessa, specie nel supporto a una clientela tipicamente di livello corporate, ma Oracle (che è già nota agli utenti Sun dato che la maggior parte delle sue installazioni Dbms è su piattaforme Solaris) ha fatto subito sapere di voler mantenere l’infrastruttura manageriale ed estendere ricerca e investimenti nelle tecnologie server. D’altra parte, il fatto di acquisire sistemi di fascia alta rappresenta per Oracle un notevole completamento della propria offerta, che la porta ad entrare a pieno titolo tra i player di quella che gli analisti chiamano ‘la guerra del new data center’, in concorrenza diretta con Hp, ma soprattutto con Ibm. Per anni Ibm ha fatto leva sull’hardware per vendere le proprie soluzioni software per l’impresa; ora ad Oracle si presenta la stessa possibilità, con qualcosa in meno nei server (non ha i mainframe) ma qualcosa in più nel software, avendo un’offerta più flessibile nel database (con MySql) e nelle applicazioni business (con Peoplesoft e Siebel).
Se Oracle sceglierà questa strada, è molto probabile che le attuali partnership con fornitori Hw, come la stessa Ibm, Dell e soprattutto Hp, con la quale sei mesi fa ha lanciato la dataware house appliance Exadata, andranno rinegoziate, ma non è detto che ciò accada. “Ci chiediamo cosa Oracle farà dell’hardware”, dice Andrew Bartels, analista di Forrester, intendendo che non è oggi questo il suo primario obiettivo.
Al centro del mondo Java
Infatti, più che l’hardware, che nel futuro di Oracle può al più giocare il ruolo di cui si è detto, la parte di maggior pregio e profitto del business Sun è data dal software, con tre ‘pezzi forti’ come Solaris, sicuramente tra i più validi sistemi operativi per data center e business critical application; MySql, database open source molto diffuso in ambito education & government, e soprattutto Java. Su Solaris c’è poco da dire: il suo valore per Oracle sta nell’accoppiata con i sistemi enterprise di cui si è detto a proposito della strategia per la conquista dei data center. Per MySql, che Sun ha acquistato l’anno scorso per un miliardo di dollari, il discorso è un po’ più complicato. Nella comunità open source c’è il timore che Oracle, una volta preso MySql, lo renda più o meno proprietario per eliminare di fatto un concorrente. Questa idea non è esclusa neanche da Andrew Bartels che però dice: “Può darsi che Oracle pensi a una cosa del genere in modo da rendere MySql meno utilizzabile per Ibm, ma se lo facesse perderebbe il valore stesso dell’open source”. Un’opinione che ci sembra sensata, visto il crescente successo che, specie in tempi di crisi, ha il sofware open source e il valore che Oracle ha da sempre riconosciuto alle soluzioni aperte.
Ma il vero ‘colpo grosso’ è Java. Ellison è stato chiaro: “Si tratta del più importante asset software singolo che abbiamo mai acquistato”. Non solo l’operazione pone Oracle al centro del mondo Java, ma rappresenta un passo logico nella strategia Fusion, perseguita sin dall’acquisizione di Peoplesoft. L’obiettivo, dice lo Uk Oracle User Group, è quello di una piattaforma middleware basata su Java cui facciano riferimento sia applicazioni pacchettizzate (tramite interfacce standard) sia applicazioni sviluppate in proprio che sfruttino Java per un’integrazione ottimizzata sul fronte delle prestazioni. Ma, visto che si parla di software, come vede l’accoppiata Oracle-Sun il Numero Uno? “Sono molto sorpreso, devo pensarci su”, ha detto Steve Ballmer, Ceo di Microsoft all’inviato dell’Economist. Suona come una risposta diplomatica, ma è un problema al quale Ballmer deve pensare davvero e in fretta.