MILANO – Un’organizzazione internazionale che ha vissuto, e sta ancora vivendo, un lunga fase espansiva che l’ha vista, partendo trent’anni fa dalla gestione dei dati, arrivare ad un portafoglio d’offerta molto vasto che aggrega oggi tutte le tematiche inerenti la gestione delle informazioni, con soluzioni in ambito middleware, data base e application (i tre principali filoni d’offerta). Ecco in poche righe una prima descrizione di un’azienda come Oracle, realtà di cui, soprattutto per quanto riguarda la sua presenza in Italia, abbiamo voluto approfondirne l’organizzazione interna, la relazioni con i partner e i clienti sul mercato, la cultura e la filosofia di business. Ce l’ha raccontata Sergio Rossi, laurea in Ingegneria Elettronica, entrato in Oracle nel giugno 1997 con la carica di responsabile per le vendite della divisione Industria & Telecomunicazioni di Oracle Italia, ricopre oggi il ruolo di country manager e guida la Business Unit Technology della società italiana, nel ruolo di vice president technology sales.
“Negli ultimi quattro anni – dice Rossi – abbiamo abbinato alla naturale evoluzione tecnologica dei prodotti Oracle “tradizionali” (ossia lo sviluppo in house delle soluzioni per la gestione dei dati, storico core business dell’azienda), una crescita e sviluppo alimentati da acquisizioni che hanno allargato la nostra offerta rendendola completa e portandoci ad essere un player diverso dagli altri con una certa caratteristica di unicità”, esordisce l’amministratore delegato, riferendosi soprattutto alla capacità dell’azienda di fornire, tra i primi, soluzioni open, standard e integrabili con i diversi sistemi informativi già presenti in azienda.
Go-to-market: vicinanza al cliente, presenza sul territorio, vision internazionale
Ma sappiamo che l’eccellenza tecnologica, che peraltro permea da sempre la cultura aziendale Oracle, da sola non basta né per essere leader né per risolvere i veri problemi organizzativi e di business degli utenti. Serve anche disporre di un efficace modello di go-to-market che chiediamo a Rossi di illustrarci.
“Oracle Italia è una società con caratteristiche internazionali che risponde a direttive e strategie definite dalla Corporation. Questo significa che il modello organizzativo adottato in Italia è perfettamente allineato alle guidelines imposte dalla casa madre. L’organizzazione attraverso la quale decliniamo sul mercato l’ampio patrimonio d’offerta che ci caratterizza ha come primo elemento distintivo la capacità di saper portare il nostro valore sul mercato puntando su due capisaldi: comprensione delle esigenze del cliente e presenza sul territorio”. Per fare questo l’azienda ha adottato un modello organizzativo che nella sua rappresentazione potrebbe sembrare “Complicato nell’organigramma, forse, ma non complesso nella gestione”, ci tiene a sottolineare il numero uno di Oracle Italia.
“Il nostro modello di go-to-market ha alla base il concetto di business unit. Abbiamo di fondo quattro macro linee di business: Oracle University (training and education), Oracle Support (supporto ai clienti, relazioni post vendita, assistenza, maintenance, ecc.), Oracle Consulting (progetti e consulenze, supporto implementativo, ecc.), Oracle Sales (vendita dei diritti d’uso, delle licenze software)”, spiega Rossi. “Le prime tre rappresentano il mondo dei servizi, la quarta è il vero core business”.
La Oracle Sales va poi suddivisa a sua volta in tre differenti linee di business:
1. Oracle Technology (data base-middleware);
2. Oracle Application (divisione nata nel 2005 per la parte di offerta inerente il mondo dell’Erp, del Crm, dell’Scm, delle Oracle E-Business Suite, e di tutta l’offerta di nuove soluzioni derivanti dalle acquisizioni di PeopleSoft, Siebel, JD Edwards ed altre) che a sua volta si divide in 4 linee differenti a seconda delle singole industry (Finance, PA, Communication e Utilities, manufacturing/retail e distribution). Si tratta di una divisione che ha un referente italiano ma le cui singole linee di business appartengono all’international (gruppi organizzati, appunto, per industry). Queste quattro linee rappresentano il go-to-market applicativo verso il mercato italiano a cui si aggiunge una quinta unità, a se stante, dedicata al mondo Pmi che ha una valenza cross industry.
3. Enterprise Performance Management e BI (nata dopo l’acquisizione di Hyperion)
Oracle e la teoria dei sistemi
La definizione del modello organizzativo è stata guidata da un punto fermo: la centralità e la vicinanza al cliente (che significa conoscenza delle industry di mercato, delle sue dinamiche, delle necessità e criticità) nonché la salvaguardia delle competenze (cioè la capacità di declinare correttamente l’offerta giusta e portare reale valore all’utente).
“Ci definiamo un’azienda con un’organizzazione a network di leadership, nel senso che pur nella propria individualità di Country, apparteniamo tutti ad una global business unit in cui convergono tutte le competenze e le capacità presenti nel network”, afferma Rossi. “Siamo un’organizzazione a rete che genera valore attraverso la capacità di fare sistema. Applicando la teoria dei sistemi (un elemento che fa sistema con un altro elemento genera maggior valore rispetto alla somma dei due, questo perché si genera una relazione e un’integrazione che dà molto di più rispetto alla somma dei due elementi), in Oracle abbiamo dato vita a un’organizzazione che è composta da un insieme di elementi che relazionandosi e ingaggiandosi reciprocamente sul mercato, percepiscono all’interno e portano all’esterno un valore maggiore”.
Per arrivare a questo risultato si è scelto di adottare modelli non gerarchici (la gerarchia è all’interno della business unit, ma le varie figure commerciali sono equiparate tra loro, si differenziano solo per segmento di mercato e tipologia d’offerta; esiste poi un account responsabile del cliente che si rapporta direttamente con esso e che ha maggiori capacità di governance).
In ogni Country esistono dei Comitati di Governance che hanno il compito di abilitare il dialogo e la conoscenza tra le business unit per fare in modo che la proposta al mercato sia davvero efficace e pertinente con le aspettative del cliente.
“Il modello di Governance rispecchia le esigenze di massima diffusione della conoscenza e della relazione (i team devono conoscere l’intera offerta e relazionarsi e confrontarsi tra loro trasferendo e prendendo know how dalle esperienze e dalle conoscenze degli altri). È ovvio che esistono dei processi e delle policy che vanno però definiti e governati con una certa flessibilità affinché questo ‘fare sistema’ sia concreto e non resti invece solo una buona intenzione”, sottolinea Rossi.
Terze parti: saper diffondere valore
Il modello organizzativo di Oracle prevede, per ciascuna delle tre principali linee del core business aziendale, l’identificazione della dimensione di Pmi, da raggiungere esclusivamente attraverso un ecosistema di partner. L’obiettivo è quello di garantire la prossimità, la vicinanza geografico-territoriale, oltre naturalmente le competenze più idonee. “Nelle Pmi, ferma restando l’offerta della competenza più adeguata, valida naturalmente anche per le grandi aziende, la prossimità geografica è un elemento fondamentale che si riesce a garantire solo attraverso un network di partner – dice Rossi -. Partner che tuttavia devono rispettare l’obiettivo strategico della nostra azienda che, ripeto, è portare valore al mercato grazie alla reale conoscenza dello stesso. Il partner va quindi scelto accuratamente e formato affinché possa davvero essere abilitato a diffondere il valore di Oracle”.
“Dal punto di vista dell’offerta che sottende all’area di Oracle Technology (la Bu dedicata alla proposta di data base e mid-dleware) – continua l’amministratore delegato – più che alla dimensione del partner o del distributore guardiamo alla reale vicinanza geografica e alla capacità di offerta che riesca davvero a generare un valore aggiunto per l’utente finale; capacità che noi aiutiamo a raggiungere con programmi di formazione e diffusione/condivisione delle conoscenze. Per quanto riguarda invece la parte di offerta inerente le applicazioni, alle Pmi proponiamo il programma ‘Accelerate’, volto a capitalizzare e industrializzare le esperienze dei partner su determinati mercati per proporre poi soluzioni verticali, implementabili in tempi rapidi, basate su Oracle Applications (Oracle E-Business Suite, JD Edwards, Peoplesoft, Siebel), sviluppate grazie a Oracle Business Accelerator (lo strumento software di implementazione). In questo caso, la formazione è improntata su segmenti specifici d’offerta; è un programma internazionale che viene replicato anche in Italia”, spiega Rossi.
Nelle Pmi non c’è vendita diretta; il rapporto diretto è con il partner e lì finisce (all’utente finale Oracle arriva con la pubblicità o il marketing ma non è mai un rapporto diretto). “L’area applicativa esige però una forma di collaborazione più forte con i Partner con i quali, spesso, condividiamo business plan e strategie; in ogni caso Oracle lascia che sia il partner a gestire il rapporto con il mercato”, sottolinea il top manager.
Che 2009 ci attende?
Per concludere chiediamo a Rossi una sua previsione circa l’andamento economico e It del 2009. Risposta che però l’amministratore delegato vuole ricondurre alla sua azienda: “Di Sergio Rossi ce ne sono tanti e di opinioni sulla crisi economica se ne spendono fin troppe”, dice. “Preferisco fare un’analisi di ciò che ci possiamo attendere come Oracle. Lo scenario che abbiamo di fronte è quello dato da aziende che sempre di più devono avere una chiara governance dei costi e degli investimenti. La pianificazione non è più statica e definita ad inizio anno per i dodici mesi successivi ma è un plan dinamico e flessibile. Dato questo panorama, come Oracle rispondiamo con un’offerta mirata appunto alla governance e all’intelligenza applicata alle informazioni per aiutare le aziende ad organizzarsi e confrontarsi sempre meglio con il mercato e quindi a crescere e a competere”.
“Nel 2009 saranno queste, quindi, le aree che a mio avviso cresceranno maggiormente in termini di investimenti IT. E questo vale anche per le aziende medio-piccole che, per superare le difficoltà dell’attuale momento economico e per affrontare le sfide future, necessitano sempre più di informazioni in tempo reale che possano concretamente facilitare e velocizzare le decisioni di business”, conclude Rossi.
Primo progetto italiano di supply chain controllata via Rfid
Di importanza fondamentale per Oracle (e presente anche nel suo modello organizzativo) è il rapporto con le istituzioni, in particolare con le Univeristà e i Centri di ricerca. E il perché lo dimostrano i risultati del progetto Rfid Logistics Pilot, avviato nel giugno 2007 presso l’ Rfid Lab dell’Università degli Studi di Parma. Si tratta del primo progetto pilota Rfid di filiera nel settore del largo consumo che ha coinvolto il magazzino prodotti finiti di un produttore (Parmacotto), un centro di Distribuzione e due punti vendita (Auchan). Il progetto aveva come obiettivo quello di tracciare, tramite Tag Rfid e lettori a radio frequenza, l’intero percorso dei beni deperibili da un produttore alimentare a un rivenditore, che sono stati individuati in Parmacotto e Auchan rispettivamente. Nel progetto, un ruolo importante è stato svolto dalle tecnologie Oracle di integrazione applicativa e di business intelligence per la gestione di supply chain e processi logistici complessi. Oracle ha supportato il progetto mettendo a disposizione la tecnologia e un team di ingegneri dedicato all’iniziativa. In particolare, la soluzione Oracle Soa Suite è stata utilizzata per integrare e scambiare le informazioni ricevute dai lettori Rfid e processate dal sistema Rfid. Oracle Database, ampliato con l’integrazione di Oracle Application Express, ha assolto alla funzione di archiviazione dei dati, mentre Oracle Bpel è stato impiegato per orchestrare i processi coinvolti e il flusso delle informazioni. La messa a punto dell’intero sistema è stata realizzata da Id-Solutions, partner Oracle, integratore di soluzioni Rfid che nasce come spinoff dell’Università di Parma. I test effettuati hanno messo in evidenza un livello di precisione pari al 99% nell’utilizzo delle etichette Rfid. Il progetto pilota ha esteso poi i test alle attività sul campo, installando i lettori Rfid presso le banchine di carico del magazzino Parmacotto e nel centro distributivo e nei punti vendita Auchan, rilevando un’accuratezza pari al 98% circa a livello di cassa. (N.B.)