Ottimizzare i costi IT con il capacity management

Si tratta di un processo che fornisce una precisa base di analisi dei costi raffrontata all’utilizzo delle risorse, permettendo di individuare le aree di maggior spesa e quelle in cui si possono realizzare dei risparmi salvando la qualità del servizio erogato. Intervista a Pietro Ferraro, Practice Manager IT Intelligence di Sas

Pubblicato il 07 Giu 2010

La situazione nella quale si trova oggi a operare la funzione It, soprattutto (ma non solo), in un contesto di criticità economica come quello che si sta tuttora attraversando, si sintetizza nell’imperativo di “fare di più con meno”, una frase che per i Cio è diventata un ‘mantra’ da ripetere ogni giorno. Ciò fa capire l’importanza che può avere un processo di ottimizzazione dei costi; un obiettivo che non si può limitare alla pura riduzione delle spese, ma deve piuttosto portare al miglior uso delle risorse umane, economiche e tecnologiche disponibili. Per svolgere i propri compiti, infatti, l’It sfrutta risorse, interne o esterne, di diversa natura e i cui costi sono diversamente strutturati. Ottimizzarle significa gestirle in modo da garantire al business le risorse necessarie a soddisfarne i bisogni e sostenerne lo sviluppo al minor costo possibile. Ciò si può realizzare attraverso un processo che permetta di comprendere e controllare i costi connessi all’uso delle risorse e, come ‘effetto laterale’, di coinvolgere il business in una modalità di utilizzo responsabile e sostenibile dei servizi It. In un tale processo il fattore conoscenza è, evidentemente, fondamentale, il che porta a considerare il ruolo delle applicazioni analitiche.
“Occorre considerare – esordisce Pietro Ferraro (nella foto), Practice Manager IT Intelligence di Sas – come l’accounting e l’ottimizzazione dei costi It si intersechi strettamente con il capacity management, disciplina della quale Sas si è occupata sin dalla sua nascita, misurando i consumi e le prestazioni delle risorse infrastrutturali che ne costituiscono la base”. Come si sa, l’It capacity management è il processo rivolto alla gestione ottimale dell’infrastruttura It. Sviluppatosi da tempo in ambito mainframe, solo negli ultimi anni si è applicato al mondo dei sistemi distribuiti, dove peraltro, stante lo scarso tasso di sfruttamento tipico di questi sistemi, può dare i maggiori benefici. Questi sono sia di tipo economico (commisurando gli investimenti nell’infrastruttura It agli effettivi bisogni dell’impresa), sia di tipo, per così dire, funzionale. Infatti, nel medio-lungo termine un sistema di capacity management efficace permette all’It di migliorare l’efficienza dei processi per l’erogazione dei servizi e di essere più agile e reattiva ai cambiamenti richiesti, consentendole di agire in chiave di partnership delle business unit.
“Un approccio organico al capacity management – prosegue Ferraro – prevede che venga definito il perimetro dei servizi e delle infrastrutture da misurare, delle metriche da adottare e dei report che si vogliono avere ed eventualmente distribuire per mostrare ciò che si sta facendo”. Si possono anche abilitare dei client affinché degli esperti possano svolgere in proprio determinate analisi senza caricare i flussi d’informazione e di reportistica istituiti. Un risultato importante conseguente un tale lavoro riguarda il forecasting della domanda computazionale (e di storage e di banda). Questa va fatta raccogliendo e analizzando i dati storici sul consumo delle risorse e sul volume dei servizi erogati in modo da poter individuare, tramite opportuni modelli statistici, i driver che impattano sui sistemi. A questo punto si potranno prevedere (anche con l’analisi dei dati relativi al momento in cui si sia verificato, in passato, una caduta di prestazioni) gli effetti degli eventi di business, come per esempio una campagna promozionale, sulla domanda e dove e come reperire per tempo le risorse necessarie.
Da quanto si è detto, si può intuire come dal capacity management si possa giungere ad un’analisi dei costi dell’It e quindi alla loro ottimizzazione. Non è però un percorso banale, e ancora pochi lo fanno. “Nella maggioranza dei casi – osserva Ferraro – ci si limita a fare una ‘lista della spesa’ e ad organizzare le voci di conto economico in modo da attribuirle ai clienti interni con la migliore approssimazione possibile. Partendo invece dal capacity management si affronta certamente un processo complesso e anche oneroso, ma si ha una base di analisi, e quindi di attribuzione, dei costi più precisa e soprattutto si realizza un processo che serve all’It. Per capire dove si stanno spendendo i soldi e quindi come si potrebbero spendere meglio”. Da notare che nelle risorse disponibili entra anche l’energia elettrica. Una volta attuato un sistema di rilevazione strutturato e periodico del consumo energetico (tramite agenti disponibili sul mercato con i quali s’interfacciano le soluzioni analitiche Sas), il concetto di capacità si estende, con tutte le implicazioni relative all’attribuzione dei costi di cui si è detto, anche all’ottimizzazione dell’energia assorbita. Un data center ‘green’ è un risparmio per tutta l’impresa.
Non si può, insomma, comprendere lo sviluppo dei costi e procedere a un’effettiva ottimizzazione della spesa se non si sa prima chi sta utilizzando cosa. Anche perché, aggiunge Ferraro: “Non si possono responsabilizzare questi soggetti a usare meglio le risorse disponibili, anziché chiedere ogni anno risorse maggiori, se non si può dimostrarne l’effettivo utilizzo”. Il cosiddetto charge-back, ossia il ribaltamento dei costi Ict sull’utente in modo da stabilire il prezzo dei servizi erogati, è pratica e processo tipico dei service provider ma non ancora dell’It aziendale. “La funzione It – osserva Ferraro – non è un ente di profitto. Ma avere una politica di charge-back è molto utile perché si realizzano processi che definiscono e rendono trasparenti determinate situazioni e responsabilizzano l’utente finale su quelle che sono le sue richieste”. Si tratta, per l’It, di muoversi con la mentalità e l’approccio di un fornitore di servizi indipendente che debba confrontarsi con il mercato: “vi sono momenti, ad esempio quando si considera se e come esternalizzare certi servizi, in cui il business tratta l’It esattamente come se stesse sul mercato. In quei momenti – conclude Ferraro – avere lo stesso linguaggio serve a rendere più chiare le responsabilità del business verso l’It, e viceversa, e aiuta l’It ad essere più efficace”.

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