Si può ormai dire che i data center facciano parte della nostra quotidianità, mentre fino a qualche anno fa ne parlavano solo gli addetti ai lavori. È per via del loro impatto ambientale, ma anche semplicemente per la loro diffusione ampia e capillare.
Se ce ne sono sempre di più è per via del fatto che si producono dati in continuazione, con l’esigenza di conservarli, nella speranza di trarvi il meglio. La priorità che sorge nel gestirli è quella di trovare il modo di elaborare più dati con maggiore velocità e in modo efficiente dal punto di vista energetico, soprattutto in tempi in cui l’approvvigionamento non è semplice.
In questo panorama, fa la sua comparsa il raffreddamento a immersione, come vero e proprio game changer. In effetti, sembra presenti diversi vantaggi concreti, sia in termini di efficienza che di impatto ambientale. Si può intravvedere uno spiraglio positivo in tutto ciò, e soprattutto nel fatto che ora si può contare su un provider di colocation in Europa che offre questa tecnologia per “domare” la temperatura.
Meno energia, meno spazio, più efficienza, anche made in Europe
L’annuncio è arrivato negli scorsi giorni dal fornitore stesso, GlobalConnect. La sua innovativa offerta, per lo meno in termini di raffreddamento, è stata recentemente installata nel data center di Copenaghen. La speranza, per l’ambiente, più che per il business di questo provider, è di vederne altri iniziare a utilizzare il raffreddamento a immersione. Tutto dipende dalla domanda degli utenti. Potrebbe non farsi aspettare troppo, però, visti i vantaggi pratici di questa tecnica di raffreddamento. Per prima cosa è in grado di ridurre in modo significativo il consumo energetico del data center. Immergendo i server in un liquido di raffreddamento appositamente sviluppato, infatti, la domanda di energia legata all’abbassamento della temperatura si riduce fino al 90% rispetto alle tecniche convenzionali, ad aria. Allo stesso tempo, lo spazio richiesto è pari a un quinto di quello occupato dalla tecnologia più tradizionale.
Per finire, in queste condizioni i server si dimostrano in grado di operare a una temperatura più elevata, con un tasso di efficienza superiore del 25%, senza alcun rischio di surriscaldamento.
Questo comporta anche un vantaggio sul lungo periodo e di ampia visione. Diventa infatti più semplice collegare il calore in eccesso alle operazioni di teleriscaldamento locale. A Copenaghen, per esempio, il “trasferimento di calore” in favore della vicina municipalità, avverrà entro quest’anno.
Data center colocation sempre più popolare
La possibilità di utilizzare una tecnologia con buone performance green in data center in colocation, con un provider europeo, è una buona notizia. Calata nell’attuale contesto economico e politico globale, questa diventa un’ottima notizia.
Nel report “Data Center Colocation Market – Global Outlook & Forecast 2022-2027” di Research and Markets, per questo mercato è previsto un CAGR del 6,5% dal 2021 al 2027. Ci sono tanti progetti in corso e in programma, ma c’è anche la diffusione del cloud a contribuire a questa percentuale. A maggior ragione è essenziale imparare a minimizzare l’impatto ambientale di questo tipo di infrastrutture. Questo vale per l’Europa, che ora ha il suo provider, ma anche per il resto del mondo.
Secondo il report, infatti, a dominare il mercato è la regione APAC, in termini di investimenti, seguita dal Nord America e dall’Europa occidentale. Se si ragiona in termini di generazione di ricavi da colocation, in cima alla classifica sgomitano USA e Cina, con il Canada medaglia di bronzo. In proiezione, però, c’è da buttare l’occhio anche su Medio Oriente, Africa e America Latina, mercati emergenti dove si giocheranno partite di interesse globale.