Tra gli effetti della pandemia da coronavirus ce ne sono molti che non hanno a che vedere con l’aspetto sanitario. Uno ce lo sottolinea Gianni Anguilletti, vicepresidente di Red Hat Med Region: “Per quanto riguarda la digital transformation c’è una differenza fra il periodo pre e post Covid-19: un’accelerazione. Dal nostro punto di vista vediamo tre tipi di abilitatori che rendono più agevole assecondare questo cambiamento di ritmo. Il primo è la disponibilità di framework che aiutano a sviluppare applicazioni cloud-native in ambiti innovativi che vanno dall’intelligenza artificiale (AI), all’augmented reality (AR) all’Internet of Things (IoT). Il secondo è l’esistenza di tecnologie abilitanti la realizzazione di ambienti cloud ibridi e aperti che permettono alle applicazioni innovative di appoggiarsi su architetture flessibili che abbracciano dell’edge al core delle aziende. Il terzo abilitatore per l’accelerazione della trasformazione digitale è l’automazione. Questa consente di velocizzare lo sviluppo delle applicazioni, abbattere i costi legati alla loro creazione e gestione, e far sì che siano affidabili e intelligenti”.
L’insieme di queste tecnologie e metodologie si ritrova, secondo Anguilletti nell’offerta di Red Hat, incentrata “intorno a tre pilastri: Hybrid Cloud Infrastructure, Cloud-Native Development e Management & Automation”.
L’offering del vendor open source, oggi forte del sostegno di Ibm, si è andato rafforzandosi anche negli ultimi mesi, come dimostrato dai molti annunci effettuati in occasione del Red Hat Summit, manifestazione che si è svolta online. “Un evento che ha registrato un forte successo – commenta Anguilletti – se si considera che si erano registrate 83 mila persone, 56 mila delle quali hanno poi effettivamente partecipato collegandosi al sito.
Dal palcoscenico virtuale sono state illustrate numerose novità che hanno arricchito la Red Hat OpenShift Container Platform dai punti di vista delle funzionalità e dell’innovazione”.
Novità molto interessanti per questa piattaforma hanno riguardato gli aspetti dell’advanced cluster management, del cost management, della storage automation, dell’edge e del serverless computing e, come vedremo fra un attivo, della virtualizzazione. “L’annuncio più dirompente – sottolinea Anguilletti – è la possibilità di gestire, con OpenShift, non solo i container ma anche le virtual machine (VM). In pratica, ora si può utilizzare la piattaforma per operare sia su microservizi sia su applicazioni ospitate all’interno di macchine virtuali”. L’elenco degli annunci che il vicepresidente di Red Hat Med Reg porta alla nostra attenzione prosegue quindi con la general availability (GA) della versione 8.2 di RHEL (Red Hat Enterprise Linux) e novità intorno alle soluzioni Kogito (per la Cloud-Native Business Automation), Quarkus (che promette Supersonic e Subatomic runtime) e a Red Hat Marketplace.
Intrapresi modi di lavorare del futuro
Anche Rodolfo Falcone, country manager Red Hat Italy è d’accordo che l’emergenza Covid-19 ha accelerato la digital transformation. E afferma addirittura “che oggi molte aziende hanno intrapreso modi di lavorare che saranno validi anche fra trent’anni. Chi non intraprende la strada della trasformazione digitale rischia di essere tagliato fuori”. Falcone si sofferma poi su un aspetto che sta caratterizzando l’innovazione tecnologica alla base della digital transformation: l’adozione sempre più pervasiva di tecnologie open source: “L’open source, secondo Red Hat, che ha il sorgente libero nel suo DNA, è la medicina per risolvere problemi tecnologici, e non solo, delle aziende. Un altro tema, che da sempre è una preoccupazione della nostra azienda, è la business continuity. Red Hat ha sempre previsto l’esistenza di piani e team per la continuità del business in ogni situazione di crisi. In occasione dell’emergenza Covid-19 abbiamo potuto contare su questi punti di forza sia per noi sia per i nostri clienti”.