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Rimpatrio del cloud o multi-cloud? L’IT vuole ridurre i costi

Con gli occhi puntati sul proprio budget, le organizzazioni IT stanno rivedendo gli investimenti nel cloud. Sia che tornino all’on-premise sia che si espandano al multi-cloud, in entrambi i casi dovranno affrontare delle sfide simili per riorganizzare la gestione del calcolo distribuito

Pubblicato il 29 Giu 2023

Concetto di Multicloud mission-critical: eseguire applicazioni e servizi ovunque in modo sicuro

Con l’attuale incombenza del rischio recessione, dopo tre anni di trasformazione digitale accelerata dalla pandemia, le aziende si trovano a dover riprendere in mano i costi del cloud e si bloccano di fronte a bivio non banale.

Quando il COVID-19 le ha costrette a passare al digitale, si è assistito a una vera e propria corsa all’adozione del cloud computing e della tecnologia cloud-native. Oggi tutto ciò ha lasciato il posto a un brusco dover stringere la cinghia, costretti in parte dall’inflazione, in parte dall’aumento dei prezzi dell’energia e dalle previsioni di una prossima recessione.

I team FinOps stanno cercando di orientarsi tra i vari strumenti IT Ops, mentre i costi del cloud diventano una preoccupazione crescente. Diverse sono quindi le aziende che scelgono di rivoluzionare in modo radicale la propria strategia.

Ce ne sono alcune che stanno optando per lo spostamento delle risorse in data center privati. Un modo per controllare i costi e garantire la prevedibilità, un concetto che si può definire con il termine “rimpatrio del cloud”. Altre invece preferiscono proseguire con il cloud pubblico, mettendo in campo strategie multi-cloud per poter ottenere prezzi migliori, sfruttando la competizione tra più service provider.

In entrambi i casi, un approccio “mutevole” al cloud è ciò che serve a tutte le infrastrutture informatiche più ampiamente distribuite. Servono nuove tattiche di gestione da parte dei team IT, un’esigenza che i principali fornitori si stanno affrettando a soddisfare.

“Ho avuto molte conversazioni con i provider per risolvere queste sfide con l’armonizzazione dello stack tecnologico“, spiega Paul Nashawaty, analista dell’Enterprise Strategy Group di TechTarget. “È una mission complicata, a partire dal dover garantire continuità”.

Il rimpatrio del cloud produce un rapido ROI

Park ‘N Fly, società di servizi di viaggio di Atlanta, nell’ultimo anno ha spostato metà delle proprie risorse del cloud pubblico in data center autogestiti. Una mossa quasi inevitabile, visto che i prezzi di Microsoft Azure non sono scesi come i leader IT si aspettavano accadesse a seguito dell’aumento generale dell’adozione del cloud aziendale. In effetti, le recenti tendenze macroeconomiche, come l’aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione, sono state trasferite ai clienti del cloud da Azure in alcune aree.

Secondo alcuni studi di mercato, anche AWS non ha abbassato i prezzi in modo costante nei tre anni precedenti. Ci sono poi alcuni servizi come Microsoft 365 che sono aumentati di prezzo già l’anno scorso, mentre i costi dell’infrastruttura a ore si sono accumulati con la crescita dell’attività di Park ‘N Fly. Anche la facilità di attivare le risorse cloud e la propensione degli utenti a dimenticarsene hanno contribuito a far lievitare i costi.

“Abbiamo sempre saputo che il cloud era più costoso di un’architettura on-premise” sottolinea Ken Schirrmacher, CTO e direttore senior dell’IT di Park ‘N Fly. “La speranza era che, con una base di utenti più ampia, i servizi sarebbero diventati sempre più economici. È accaduto l’esatto contrario”.

Anche l’acquisto di spazi e hardware per la colocazione dei data center rappresenta un investimento sostanziale, ma è arrivato in un momento in cui l’infrastruttura IT aveva bisogno di una rinfrescata, sia che rimanesse nel cloud sia che non lo facesse, ha detto Schirrmacher.

“Anche con tutti i soldi che abbiamo speso per riacquistare l’infrastruttura server, il nostro ROI è stato di quattro mesi” spiega Schirrmacher. “Ecco quanto è costoso il cloud”.

“L’azienda ora potrebbe spostare un altro 25% delle sue risorse IT dal cloud pubblico al proprio data center – sottolinea Schirrmacher – ma alcune, come i servizi di posta elettronica, rimarranno”. Park ‘N Fly utilizzerà anche le risorse del cloud pubblico per eseguire il backup delle applicazioni on-premises, per il failover in caso di interruzione, e per eseguire il backup dei dati dai servizi cloud a quelli on-premises.

Per mantenere la coesione tra i suoi asset di cloud ibrido, Park ‘N Fly sta tornando a Octopus Deploy per le pipeline CI/CD da Azure DevOps. Octopus, che Park ‘N Fly aveva ritirato durante la sua prima migrazione al cloud pubblico, è tornato in auge perché è in grado di “fare meraviglie”, secondo Schirrmacher, all’infrastruttura cloud e on-premise allo stesso tempo. Altri punti di integrazione, come Meraki SD-WAN di Cisco e l’orchestrazione di container Kubernetes, aiutano inoltre a collegare le architetture cloud e on-premise.

Secondo Schirrmacher, il passaggio dal cloud pubblico al self-hosting di metà dei servizi IT nell’ultimo anno ha seguito lo stesso schema dell’approccio ibrido dell’azienda al lavoro remoto.

“Abbiamo semplicemente stabilito un periodo in cui saremo tutti in ufficio, in modo che le persone possano viaggiare e concentrarsi sui propri task negli altri giorni, potendo comunque mantenere quel cameratismo e vedere le persone con cui si lavora – ha detto – Sia che si tratti di dipendenti o di risorse IT, è sempre meglio non puntare tutto su un solo cavallo. Fare un po’ di tutto è il mix migliore”.

Il multi-cloud dà potere, legato all’observability

Il fornitore di assicurazioni Employers Holdings è passato al cloud pubblico nel giro di nove mesi nel 2018 e ha intenzione di rimanervi. Tuttavia, fin dall’inizio, l’azienda, che ha 110 anni, ha enfatizzato un approccio multi-cloud, con asset distribuiti su cloud pubblici tra cui AWS, IBM Cloud, Oracle Cloud e altri.

I manager fanno del loro meglio per evitare di legarsi ai servizi di un unico cloud provider. Si tratta di una strategia che, secondo i responsabili IT, rende più facile portare il business altrove in caso di insoddisfazione nei confronti di un fornitore o dei suoi prezzi.

“Finora Employers, che ha migliaia di istanze VM solo in AWS, è riuscita a mantenere i costi del cloud invariati di anno in anno grazie alla rinegoziazione con i fornitori di cloud” spiega Jeffrey Shaw, vicepresidente esecutivo e CIO della compagnia assicurativa con sede a Henderson (Nevada).

“Pensavo che saremmo entrati in AWS e che loro ci avrebbero chiesto soldi – ha detto Shaw – ma non è stato così: sono stati piuttosto coerenti con i prezzi e abbiamo appena rinegoziato, ottenendo sconti maggiori rispetto alla volta precedente”.

Shaw ha riconosciuto che è necessario uno sforzo continuo per tenere sotto controllo i costi del cloud, ma esistono strumenti efficaci che consentono di gestirli al meglio. “Dedichiamo molto tempo e impegno alla selezione delle nostre risorse cloud per evitare che emergano spese eccessive. Se non lo avessimo fatto, negli ultimi cinque anni i costi del nostro cloud sarebbero triplicati”.

“Oltre a rinegoziare i prezzi e a monitorare la spesa per il cloud, Employers utilizza selettivamente i servizi a valore aggiunto di alcuni fornitori di cloud, come il supporto di Oracle Cloud per i database Oracle, ma mantiene sempre aperte le opzioni” dichiara invece Jeremy Harkins, cloud architect e direttore IT dell’azienda.

“Non si tratta solo di ‘lift and shift and forget ’: è necessario rimanere al corrente di ciò che fanno tutti i provider, dei casi d’uso e della possibilità di spostare un’applicazione da un’altra parte e ottenere maggiori capacità riducendo i costi – afferma – cerchiamo le opzioni che si mostrano vantaggiose per tutti”.

Per ora, ciò che lega le implementazioni multi-cloud dei manager sono principalmente gli strumenti di observability di Dynatrace, insieme all’infrastruttura as a code di Ansible e all’orchestrazione di container Kubernetes per la maggior parte delle applicazioni, oltre a VMware Cloud per le macchine virtuali.

Questa azienda, però, utilizza anche Red Hat OpenShift Kubernetes per alcune applicazioni e una serie di strumenti di pipeline DevOps come Jenkins e Bitbucket, mentre sta valutando le pipeline CI/CD event-driven di Tekton.

Come la maggior parte degli utenti multi-cloud, Employers non sposta ancora regolarmente le applicazioni da un cloud all’altro. Sta poi ancora studiando come creare un unico punto di gestione delle policy per tutte le sue risorse cloud. “Abbiamo chiesto a VMware, AWS o altri provider di proporre una piattaforma cross-cloud. Tutti dicono di averla, ma non ne abbiamo trovata una che funzioni correttamente, soprattutto con i servizi cloud di nicchia di IBM e Oracle – ha detto Shaw – VMware, con il suo hypervisor, per ora offre la soluzione migliore per muoversi tra i cloud, non solo con i container, ma anche con le macchine virtuali. Anche lei però non è ancora riuscita a risolvere questo problema”.

Molti manager sono anche clienti di PagerDuty che, il mese scorso, ha lanciato un nuovo prodotto di automazione IT basato su runbook, Operations Cloud, che offre una gestione basata su policy tra cloud e dispositivi, dai sensori IoT ai server. Secondo Harkins, l’azienda intende valutare questa opzione.

“Sembra interessante: offre un ciclo di vita completo di funzionalità che coprono la creazione di software, la distribuzione, il monitoraggio e la correzione automatica self-service per i clienti in tutta l’azienda. Abbiamo PagerDuty nel nostro ambiente, e non è ancora stato utilizzato al massimo delle sue capacità. Tuttavia, intendiamo farne un componente centrale della nostra gestione degli alert e degli incidenti”.

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