Superando i limiti della refrigerazione a bassa temperatura, il progetto Goldeneye è oggi il più grande sistema criogenico di concezione quantistica al mondo. Realizzato da IBM, pone le basi per scalare verso esperimenti su più ampia scala e apre nuovi orizzonti nella corsa tecnologica alle basse temperature, molto “richieste”, non solo dai qubit. Costruito da zero, con apparecchiature completamente nuove, il super-frigorifero può contenere 1,7 metri cubi di volume sperimentale. Dimostrandosi in grado di raggiungere le temperature necessarie, è considerato un proof-of-concept per il frigorifero a diluizione del futuro, quello che permetterà di proseguire sempre più efficacemente lo studio di fenomeni quantistici.
Design, team, peso e volumi: tutto cambia con Goldeneye
Il meccanismo di raffreddamento dei refrigeratori a diluizione si basa solitamente sull’utilizzo di una miscela di due isotopi dell’elio: elio-3 (He-3) ed elio-4 (He-4). Con delle pompe a vuoto si fa circolare e diluire il primo all’interno della miscela con entrambi, fino a raggiungere temperature vicine a quello zero assoluto che rende possibile monitorare gli effetti quantistici.
I primi sistemi realizzati richiedevano sostanze già fredde come l’azoto liquido e altri fluidi criogenici per iniziare il raffreddamento. Da questi refrigeratori “umidi” si è poi passati a quelli “a secco” in cui un componente crio-raffreddante fornisce meccanicamente le temperature necessarie per il preraffreddamento.
Oltre ai limiti sul numero delle porte e sulla potenza, questi dispositivi non riescono a ospitare esperimenti di grandi dimensioni e non danno adito ad alcuna possibilità di essere scalati. Con una costruzione completamente nuova del telaio e del criostato, il Progetto Goldeneye riesce invece a innescare una forte svolta nel mondo del quantum computing. Massimizza il volume sperimentale, riduce il rumore e presenta un peso totale ridotto (6,7 tonnellate metriche) contribuendo a smorzare le vibrazioni.
Anche dal punto di vista del design, IBM ha introdotto innovazione rendendolo modulare e a conchiglia. Nulla a che vedere con l’estetica: l’obiettivo è semplificare la prototipazione, l’assemblaggio e lo smontaggio ed evitare di dover rimuovere l’intero guscio esterno per accedere all’hardware interno. Nel criostato sono infatti ospitate 10 piastre per il montaggio dei componenti nella metà superiore e inferiore e fino a sei unità frigorifere di diluizione individuali per ottenere una potenza di raffreddamento di ~10 mW a 100 mK e di oltre 24 W a temperature di 4 K.
Grazie alla presenza di un sistema completamente automatizzato, il funzionamento del nuovo super-frigo richiede inoltre un team di dimensioni ridotte. L’obiettivo è addirittura quello di renderlo gestibile da una sola persona, che lo monitorerebbe a distanza attraverso una piattaforma di visualizzazione open-source.
Prove di raffreddamento dei data center quantistici del futuro
A tre anni dall’avvio del progetto, raggiunti i 25 mK, IBM ha testato la durata della conservazione delle informazioni quantistiche nel suo refrigeratore a diluizione inserendovi un chip qubit e misurando le frequenze e i tempi di coerenza. Nessun calo di prestazioni, le sue performance sono simili a quelle degli altri sistemi commerciali ma con un “vantaggio volumetrico” non indifferente. Con il progetto Goldeneye si può infatti raffreddare una quantità di software quantistico con un ingombro 10 volte inferiore a quello che presenterebbero gli attuali frigoriferi.
Tale risultato non può che ispirare chi lavora alla prossima generazione di tecnologie di refrigerazione sottovuoto e a bassa temperatura. Goldeneye verrà infatti trasferito nell’IBM Quantum Computation Center di Poughkeepsie per esplorare sistemi criogenici su larga scala e sviluppare al meglio le esigenze di raffreddamento dei data center quantistici di domani. Lo step necessario per scoprire come scalare processori quantistici anche oltre il 2025 e immaginare quali nuovi esperimenti saranno presto fattibili.