Anche se il cloud è sempre più diffuso, e in particolare sono in crescita le aziende che si affidano a Infrastrucure as a Service (IaaS), la “vecchia” colocation (un’infrastruttura di data center nella quale un’impresa utente ha la possibilità di affittare spazio per la collocazione dei propri server e di altri apparati IT) non è certo sparita, ma per un’azienda selezionare il servizio di colocation che fa al caso proprio non è un compito facile.
Di norma, il fornitore di colocation, oltre a riservare lo spazio fisico per le macchine, ne gestisce l’alimentazione, il raffreddamento, fornendo sicurezza fisica e banda secondo i termini previsti nel contratto. Tra i vantaggi chiave che stimolano a scegliere la colocation ci può essere la necessità di ridurre i costi capex, associati al fatto di dover costruire, manutenere e aggiornare un grossa server farm, ma c’è anche l’attrattiva di poter sistemare server e apparati IT in un ambiente sicuro, con determinate garanzie di affidabilità, che consentono di ridurre i rischi di malfunzionamento.
Comparare i servizi: trovare le differenze tra le diverse offerte
Nel momento in cui un’organizzazione considera di adottare la colocation, chi ha la responsabilità di selezionare i servizi disponibili, oltre alla necessità di trovare una server farm sul territorio nazionale, dovrà recuperare molte informazioni essenziali: ad esempio, quanto costa il servizio di colocation, qual è la capacità disponibile e pianificata, quali servizi sono forniti, cosa è demandato all’impresa utente, quali sono le politiche di downtime.
Tutti questi dati, tuttavia, possono non essere facilmente reperibili online, talvolta non sono sempre aggiornati. Inoltre, la loro quantità, con formati o unità di misura non sempre omogenei, o chiaramente comprensibili per chi non è tecnicamente esperto, può rendere difficile eseguire una comparazione accurata. Ma non si tratta solo di questo: terminata la fase di raccolta e analisi dei dati, è necessario elaborare una richiesta di proposta (RFP), con un processo che richiede molto tempo, perché occorre raccogliere stime, lavorare in collaborazione con consulenti, rivedere i prezzi e mediare la trattativa con il provider. Ecco perché poter disporre di strumenti di comparazione delle caratteristiche e dei prezzi dei servizi di colocation, che permettono di centralizzare la gestione di tutte queste informazioni, rende più facile per l’utente trovare ciò che cerca, e utilizzarlo prima possibile.
Strumenti, le funzionalità di Inflect e UpStack
Tra i tool di comparazione si può citare ad esempio la piattaforma Inflect, uno strumento di confronto dei prezzi di colocation, lanciato in anteprima lo scorso giugno, e in grado di centralizzare le informazioni sui servizi forniti dai vari provider. Questo tool richiede all’utilizzatore di introdurre i parametri chiave per la propria infrastruttura di data center e, una volta inseriti tali dati, esso procede alla comparazione dei servizi e dei prezzi proposti dai differenti vendor, adottando un linguaggio comune, che espone i risultati in modo comprensibile, basandosi sui requisiti specificati dall’utente.
L’uso di un servizio di comparazione come questo, secondo l’opinione di alcuni utilizzatori, permette di ottenere risultati utili in pochi minuti, invece di richiedere una o due ore di tempo, necessarie se si svolgesse la ricerca da sé nella modalità tradizionale. Inflect si propone come un servizio di ricerca e procurement neutrale, capace di collegare i compratori con i provider di servizi di colocation, fornendo informazioni verificate, così da permettere di valutare le diverse opzioni nel miglior modo possibile e prendere decisioni migliori. In aggiunta, Inflect punta in prospettiva a offrire un servizio di comparazione sempre più completo, in grado di includere nel risultato finale della ricerca ulteriori fattori di valutazione, come il livello di competenza dello staff di colocation e l’abilità del service provider di risolvere un problema; fattori che possono essere determinanti nel processo d’acquisto.
I potenziali clienti di servizi di colocation non dovrebbero comunque affidarsi unicamente all’aiuto di uno strumento di comparazione dei prezzi per prendere le proprie decisioni, avverte Sophia Vargas, analista della società di ricerche Forrester, perché quest’ultimo potrebbe non essere personalizzabile al livello di dettaglio necessario all’azienda utente per fare confronti più precisi o prendere decisioni più informate. Inoltre questi strumenti di procurement potrebbero non garantire una neutralità rispetto ai vendor, e ciò, unito alle lacune di granularità nell’input dei dati, che di fatto rendono i modelli comparativi basati su supposizioni, e alla mancanza di certi elementi, può influenzare l’analisi dei costi di un servizio.
Gli utenti che usano un tool di confronto dei prezzi della colocation si aspettano che i prezzi visualizzati siano attendibili, ma, spesso, i prezzi dei vendor cambiano: ma ci sono strumenti, come per esempio UpStack che putano a ovviare a questo inconveniente. Lanciato in versione beta lo scorso ottobre, UpStack permette agli utenti di individuare i servizi IT, visualizzare le comparazioni, e richiedere i prezzi direttamente ai vendor. Tuttavia, commenta Vargas, il modello di pricing da solo non deve diventare il fattore decisivo per i potenziali utenti di colocation, che dovrebbero considerare servizi aggiuntivi offerti da tali strutture, come l’accessibilità globale, o le caratteristiche di interconnettività.
Anche se al momento il mercato dei servizi di comparazione delle offerte di colocation è ancora all’inizio, con l’aumentare delle imprese che sceglieranno di distaccarsi dal possesso del data center, ed abbracciare i servizi di colocation, diventeranno disponibili molti più dati per fare confronti sulle diverse offerte. E, soprattutto, sarà sempre meno necessario ricorrere al supporto di esperti o specialisti nella valutazione delle varie formule di colocation e dei relativi SLA (service level agreement) e contratti di servizio che le accompagnano.