Il mercato del software-defined networking classico (inteso come una tecnologia di rete basata su standard che consente la separazione del control plane, la parte di un network responsabile del trasporto dei dati di signaling che permettono di stabilire e controllare i flussi delle comunicazioni e che quindi sono utilizzati dai router, dal data plane, lo strato che contiene le informazioni scambiate tra più interlocutori e che attraversa i router, ma permette di tenerli collegati attraverso il protocollo OpenFlow) ha iniziato a svilupparsi alcuni anni fa e ha continua a crescere, fino a questo momento, in modo non impetuoso ma costante.
Lo testimonia la società di analisi Nemertes Research, che ha scoperto come il 13% delle aziende a livello globale utilizzino in qualche modo OpenFlow nelle loro infrastrutture, mentre un altro 13% afferma di volerlo adottare nel corso del 2018.
Va precisato che questo standard, che dal 2011 è gestito dalla Open Networking Foundation (ONF), non è oggi l’unica interfaccia che consente la gestione da remoto delle tabelle di forwarding presenti su switch e router (permettendo così di separare ma gestire in modo coordinato il control plane e il data plane nel SDN), in quanto già poco dopo il suo debutto alcuni vendor di networking hanno iniziato a introdurre delle alternative proprietarie, non ritenendo di trovare nelle versioni disponibili di OpenFlow tutte le funzionalità di cui avevano bisogno e non volendo attendere il loro sviluppo da parte della community. Ad oggi, comunque, si tratta sicuramente dello standard più adottato e supportato dalla maggior parte dei più importanti attori nel settore SDN, anche perché, man mano che diventano disponibili le nuove release, cresce l’interoperabilità con altri standard che sono necessari (“on top” di OpenFlow) per garantire la crescita della diversificazione d’uso, della flessibilità e dell’affidabilità del software-defined networking nelle sue diverse accezioni. OpenFlow, infatti, è una tecnologia di base per la separazione e la gestione coordinata di control plane e data plane, ma per la realizzazione di SDN deve essere integrato con altri protocolli quali, per esempio, Simple Network Management Protocol, o SNMP (per la raccolta, l’organizzazione e la modifica di informazioni sui dispositivi gestiti su reti) e IPSecure Shell, o SSH (un protocollo di rete crittografico per gestire i servizi di rete in modo sicuro su una rete non protetta).
Nella maggior parte dei casi le implementazioni di OpenFlow sono virtualizzate in quanto prevedono che una parte (l’OpenFlow Controller, l’applicazione che utilizza il protocollo per connettere e configurare i dispositivi di rete come router, switch, ecc. al fine di determinare il percorso migliore per il traffico delle applicazioni, e rappresenta quindi anche lo SDN Controlle) sia implementata nel data center sotto forma di macchina virtuale (VM); ma anche gli switch sono spesso virtuali, e non sempre apparati hardware (detto questo, sul mercato esistono molto switch commerciali di questo tipo perfettamente compatibili con OpenFlow).
Il futuro del SDN offre sempre più opzioni
La maturità raggiunta dalla tecnologia software-defined networking rende oggi possibile utilizzarla in molteplici business case, alcuni dei quali possono prevedere una cooperazione con implementazioni di networking tradizionale. Il vendor Big Switch Networks, per esempio, propone scenari di deployment paralleli. Una rete definita in modo software può, ad esempio, affiancarsi a una rete convenzionale come network di management e monitoring. Oppure può essere utilizzata per creare una interconnessione più flessibile, economicamente sostenibile e sicura fra due segmenti di rete convenzionali.
Per tornare a implementazioni “pure SDN”, una delle opzioni che registrano una crescente adozione in questo periodo è quella della software-defined WAN. Si tratta di una tecnologia che utilizza una rete di reti (WAN) e si basa su concetti SDN per determinare automaticamente il modo più efficace per il traffico di dati da e per le sedi periferiche di un’azienda e la sua sede centrale. Il paradigma funziona su connessioni WAN private o pubbliche, come MPLS, Internet a banda larga, fibra ottica, wireless o Long Term Evolution (LTE).
La crescita dell’implementazione del SDN non può che trarre ulteriore impulso nel 2018 e negli anni a venire anche dall’impegno che, nei confronti di questo modello, stanno mettendo tutti i maggiori vendor di soluzioni infrastrutturali sviluppando offerte per il software-defined networking che condividono la possibilità di garantire agli utenti funzionalità e benefici quali:
- controllo centralizzato;
- politiche di controllo focalizzate su servizi e applicazioni;
- virtualizzazione di rete per consentire di fornire una rete logica su una rete fisica esistente;
- una rete più economica da gestire, più automatizzata e più resiliente;
- programmabilità della rete, solitamente resa possibile dalle API (Application Programming Interface) sul controller. Queste consentono di stabilire una comunicazione fra l’SDN Controller e i servizi e le applicazioni che girano sul network.
Nella sua analisi sul futuro del software-defined networking, Nemertes sostiene che l’SDN, nelle sue varie modalità e tecnologie di base, è ormai presente nel 30% delle imprese. Fra i trend dell’ICT che costituiscono driver di crescita della domanda di SDN, la società di analisi segnala questi:
- implementazione di private cloud;
- riduzione delle risorse umane dedicate all’implementazione, alla gestione e il monitoraggio dell’infrastruttura;
- disponibilità di prodotti di rete e di virtualizzazione innovativi;
- diffusione della microsegmentazione per la creazione di perimetri software-defined
- l’implementazione di concetti di zero-trust computing;
- crescente interesse verso le infrastrutture white-box (blocchi di data center non prodotti da brand noti, ma affidabili e facilmente integrabili) dai costi contenuti e che aggiungono flessibilità, programmabilità e semplicità.