Da una spesa globale che nel 2011 ammontava a circa 2 miliardi di dollari, nel 2016 la spesa complessiva, sempre a livello mondiale, per i cosiddetti ‘converged systems’ sfiorerà i 18 miliardi di dollari. Sono le previsioni di Idc che stima per questo specifico ambito Ict una crescita media annua pari al 54,7% (Cagr). Il motivo di tale ‘boom’ è giustificato dal nuovo ruolo del Cio e del Dipartimento It chiamati a garantire un time to service/market più rapido nei confronti del business e dei ‘nuovi’ interlocutori che ruotano attorno al business (clienti, partner, collaboratori, ecc.), da un lato, nonché a migliorare l’efficienza del proprio reparto sia in termini di costi sia dal punto di vista delle operation e dei processi, dall’altro. A dirlo è Jed Scaramella, Research Director, Enterprise Platforms and Datacenter Trends di Idc che nello studio intitolato “Improving It efficiency and enabling the business with Converged Infrastructure” analizza in dettaglio il ‘Digital Universe’, ossia gli scenari e i contesti aziendali nei quali l’It non funge più solo da supporto ma da vera guida e motore di cambiamento. “Combinando capacità avanzate di computing, data analytics e la vasta connettività abilitanti il cloud – afferma Scaramella – le aziende hanno tutte le potenzialità per trasformare la propria industria di riferimento”.
Potenzialità che possono però trovare possibilità di attuazione solo se alla base sussistono alcuni presupposti niente affatto banali; tralasciando gli aspetti organizzativi aziendali per i quali, sappiamo bene, entrano in gioco impegnative discipline di change management, business process management, business process re-engineering, intendiamo qui porre l’attenzione sull’It, in particolare sulla tecnologia. “Una delle maggiori sfide per far sì che nel Digital Universe le aziende riescano davvero a cogliere le opportunità di business cui mirano – sottolinea Scaramella nel suo report – è trasformare gli ambienti It, passando da un modello architetturale e di gestione basato sulla vecchia era dei Pc alla ‘3a piattaforma’, ossia un nuovo mondo basato sul cloud, in cui tutto è connesso (a partire dalle infrastrutture di base: server, storage, network)”.
Ed è dunque questo il motivo per cui la società di analisi prevede una crescita continua dei sistemi convergenti; a fare da driver ulteriore, dalla prospettiva It, il Software Defined Data Center (Sddc), inteso come nuovo modello di gestione dei sistemi nonché elemento abilitante la Business Technology.
Come districarsi nella scelta
Ma quali caratteristiche devono avere i sistemi convergenti affinché possano concretamente assolvere il ruolo di abilitatori di business? La risposta la fornisce sempre Scaramella in un altro approfondito documento, (“Converged systems: key requirements”), attraverso il quale propone un’interessante analisi di quella che oggi guardiamo come a un’infrastruttura ‘nuova’, unica, costruita con componenti ‘vecchi’ fino ad oggi implementati e gestiti a silos: network, server e storage. Il gioco tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ è volutamente provocatorio, sappiamo bene che una converged infrastructure non si limita ad essere un ‘agglomerato’ di componenti tecnologici tradizionali; tuttavia, secondo Scaramella, il concetto di silos può tornare utile nella scelta dei vendor ai quali affidarsi per costruire, modellare e implementare infrastrutture convergenti all’interno dei propri data center aziendali, soprattutto per valutare la capacità propositiva e le competenze del player It rispetto ai differenti stack tecnologici.
Secondo Scaramella, infatti, assodato che dal punto di vista tecnico un converged systems dovrebbe presentare caratteristiche di elevate prestazioni combinate con una gestione semplificata dei sistemi, tra i key requirement da prendere in considerazione ci sono soprattutto le caratteristiche del fornitore: “C’è molto di più della tecnologia da prendere in esame e vanno analizzati tutti i pro e i contro di una scelta a favore di un ‘single vendor’ piuttosto che orientata ad avere più fornitori differenti – dice Scaramella -. Non vanno trascurati nemmeno i servizi di supporto e manutenzione, da non considerare assolutamente secondari dato che la loro efficacia dipende dalle competenze tecnologiche specifiche sui converged systems”.
Gestione dei sistemi: si guarda alla semplificazione
L’analisi di Scaramella prosegue con un terzo documento di dettaglio dedicato agli aspetti di gestione dei sistemi convergenti, soprattutto in un’ottica di Sddc. Nello studio intitolato “Converged systems management: key features”, infatti, l’analista sottolinea come “con il proliferare dei sistemi convergenti all’interno dei data center cresca anche il consolidamento dei tool di gestione ai fini di una più efficace gestione globale (in ottica Sddc, appunto), da un lato, ma anche, dall’altro, di una maggior semplificazione e riduzione delle operation e dei costi dei prodotti software di management”.
Se da un lato i sistemi convergenti hanno dalla loro innegabili potenzialità per consentire all’It di erogare servizi applicativi e digitali con più affidabilità e velocità rispetto alle architetture a silos costruite nei data center fino ad oggi, dall’altro è innegabile che il modello disciplinare che ruota attorno al concetto di Software Defined Data Center necessita di un nuovo approccio alla gestione dei sistemi, il più possibile semplificato. Cosa ciò voglia dire, lo specifica a chiusura dei suoi tre report Scaramella: “la chiave di tutto sta nell’integrazione; sarà sempre più fondamentale riuscire ad unire elementi e funzionalità di management automation, monitoring, e ottimizzazione direttamente nello stack tecnologico dei converged systems”.