La politica di fronte all’Agenda digitale – Antonio Palmieri, Popolo della Libertà

Pubblicato il 03 Dic 2013

ZeroUno: Su digitalizzazione della Pa e del Paese, le sue priorità coincidono con quelle indicate dal Commissario di governo Francesco Caio e dal Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale, Agostino Ragosa?
Antonio Palmieri: Il metodo migliore è partire dalle indicazioni che vengono dalla realtà.
La prima è che Caio e Ragosa hanno indicato diverse priorità, anche perché hanno diverse responsabilità. L’importante è che viaggino divisi per colpire uniti, visto che di fatto si focalizzano su aspetti complementari. L’importanza è che le cose siano fatte bene; sembra banale ma non lo è. Molto spesso la traduzione inadeguata dei progetti peggiora anziché migliorare la situazione. Per quanto riguarda i data center va valutato, per esempio, quali siano le soluzioni migliori in termini di performance e di risultato economico, anche alla luce del cloud.
La seconda indicazione è completare con i decreti attuativi (in gran parte di competenza del Ministero della Funzione Pubblica) una serie di interventi legislativi nella precedente legislatura che vanno dalla rivisitazione del Codice Digitale fatto da Renato Brunetta nel 2010 ai decreti crescita del governo Monti.
Il terzo punto è la cultura del risultato. Ricordo che nel 2010 l’Unione Europea aveva considerato l’amministrazione italiana ai primi posti per aver reso disponibili ai cittadini tutti i servizi attraverso il web. Dovremmo verificare se è ancora vero e indurre le amministrazioni sia ad adeguare i servizi a una domanda in evoluzione sia a comunicare meglio ai cittadini questa nuova modalità di interazione con l’amministrazione.
Per migliorare la domanda vanno inoltre eliminate incongruenze che rendono per il cittadino spesso più difficile e costoso il servizio digitale rispetto a quello tradizionale.

ZeroUno: Ritiene che la struttura che dovrebbe garantire l’attuazione dell’Agenda Digitale sia adeguata a questo compito?

Antonio Palmieri, deputato del Popolo della Libertà e responsabile di Internt e nuove tecnologie del Pdl

Palmieri: All’inizio del governo di larghe intese, alcuni parlamentari, fra cui il sottoscritto, avevano sollecitato il premier affinché assumesse un ruolo propulsore, cosa che di fatto è avvenuta anche con la conseguente nomina di Caio. Attualmente è in fase di approvazione un ddl sulla Pa che attribuisce esclusivamente al premier, la definizione dello statuto dell’Agenzia. Sono tutti segnali di volontà politica di assumere il tema della digitalizzazione come priorità per il Paese.
Ho chiesto che un mese dopo l’incontro europeo del 24-25 ottobre se ne faccia uno analogo in Italia promosso dal premier per verificare lo stato dell’arte dei lavori e indicare la via da seguire partendo dalla verifica della realtà. Forse siamo più avanti di quanto pensiamo, ma non c’è un punto in cui ci siano dati inconfutabili e condivisi. Dare visibilità ai cittadini dell’uso dei fondi e dello stato dei progetti aiuterebbe a far crescere la cultura digitale e dimostrare che cose positive si possono realizzare anche in Italia.

ZeroUno: Da quanto ha finora detto sembra ci sia un problema di attuazione, ma non servano nuovi provvedimenti legislativi. È così?
Palmieri: Sulla carta abbiamo tutto. Non servono altre norme anche perché l’evoluzione della tecnologia supera la norma e mette continuamente a disposizione nuove possibilità. Pensiamo solo al mobile: smartphone e tablet tre anni fa praticamente non esistevano e oggi potrebbero aiutare a realizzare una Pa davvero a portata, non più di mouse, ma di dito.

ZeroUno: Sul tema dell’innovazione digitale, la divisione non è fra schieramenti politici, ma fra consapevoli delle implicazioni della rivoluzione digitale e indifferenti. Come convincere i secondi?
Palmieri: La diffidenza verso il digitale coinvolge tutte le classi dirigenti del paese; anche nell’impresa non sempre vedo grande entusiasmo. Gli stessi media non specialistici preferiscono mettere in luce episodi scandalistici sull’uso distorto della rete.
Si risolve in tutti e tre i settori, impresa, media e politica, con un lavoro di convincimento e con degli strappi di ‘chi guida chi guida’: il premier ha l’età giusta e la consapevolezza dell’importanza della digitalizzazione.

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