Sotto la lente: i server Hp per la Pmi

Ecco un’analisi dei criteri che devono guidare la scelta di un server da parte di una piccola-media impresa attraverso l’esame dell’offerta di Hp che, con il brand Proliant, è uno dei vendor di riferimento nel settore dei server su architettura X86

Pubblicato il 05 Mag 2009

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I parametri da tenere in considerazione per un server destinato alle Pmi sono sostanzialmente due: il numero degli utenti di soluzioni e servizi It e i requisiti che questi impongono all’infrastruttura. Entrambi sono estremamente variabili e poco rapportati alla dimensione dell’impresa. Vi sono infatti aziende dove il numero dei dipendenti informatizzati non supera il 10% del totale ed altre dove ci sono più computer che persone. Lo stesso vale per la complessità, con piccole e piccolissime realtà all’avanguardia nell’uso dell’It e altre, anche grandi, cui basta un pacchetto software per contabilità e paghe e stipendi. Ciò aiuta a capire come sia difficile identificare una fascia d’offerta indirizzata alla Pmi in base a caratteristiche prestazionali (e quindi anche di costo). C’è però una cosa che sul fronte dell’informatica quasi tutte le Pmi hanno in comune: il fatto di non disporre, in generale, di una vera funzione It interna all’azienda.
Salvo poche eccezioni, le Pmi non hanno reparti It dotati di strutture e personale propri. Anche nelle realtà che considerano l’It come strumento di competitività e dove quindi esiste uno specifico responsabile dei servizi informativi, questo si occupa in genere d’indirizzare e seguire i progetti, affidandosi per l’esecuzione ai vari tipi di risorse esterne in cui si articola il canale di distribuzione di soluzioni informatiche. In quelle, e sono molte, dove l’It si limita ai servizi base, è ancora il canale, o il fornitore dei sistemi e/o del software aziendale, che si occupa di tutto. Questa situazione, fa sì che l’offerta server per la Pmi debba basarsi su macchine la cui architettura e piattaforma sia la più uniforme e standardizzata possibile (l’architettura X86), in modo che sia facile reperire gli skill esterni necessari e non sia un problema, nel momento in cui l’azienda decida di dotarsi di personale proprio, trovare persone capaci d’essere operative con una minima formazione.
I sistemi x86, o ‘Industry Standard’ hanno raggiunto potenze di calcolo e di gestione dati tali da poter servire qualsiasi impresa. Le economie di massa nella produzione dei componenti hanno portato a macchine che, specialmente nei sistemi biprocessore, offrono grande potenza a cifre inferiori ai mille euro e hanno reso l’It accessibile a imprese che prima non ne avevano la possibilità. Non solo: la potenza resa possibile dall’avvento dei processori a 64 bit e con architettura multi-core e il fatto che moltissime applicazioni, a partire da quelle legate al mondo del Web e dell’e-commerce, come della messaggistica e dell’e-mail, sono disponibili praticamente solo per piattaforma x86, hanno portato questi server a occupare progressivamente fasce di offerta sempre più alte, sino a entrare nei data center delle grandi imprese supportando sistemi operativi tipicamente enterprise come Sun Solaris. Il sistema operativo d’elezione per i server x86 è però ovviamente Windows, con l’opzione di Linux per molti impieghi, come i server destinati ai servizi Web. In questo articolo, limitandoci all’hardware e prescindendo quindi dai problemi di piattaforma software, tratteremo dei criteri che devono guidare la scelta di un server da parte di una piccola-media impresa facendoci guidare dall’esame dell’offerta di uno dei vendor di riferimento del settore, Hp.

Una, due, quattro:  quante Cpu per il vostro business?
Un primo fattore di differenziazione dell’offerta è, ovviamente, quello delle performance, che dipende essenzialmente dal numero dei processori. Stabilire una scala generale di livelli di prestazioni di cui l’impresa può aver bisogno non ha senso. Possiamo solo fare una checklist dei fattori che le influenzano, il primo dei quali è l’architettura del sistema informativo aziendale. Nelle più piccole realtà (meno di dieci dipendenti) conviene mantenere le applicazioni sui Pc degli utenti e limitare i compiti del server alla gestione dei file condivisi, delle stampe e del backup. In questo caso si parla di server di rete e una macchina monoprocessore è sufficiente. Hp offre modelli base sia nella serie 100 (come l’economico ProLiant ML 110, che parte da meno di 400 euro) sia in quella 300, con il Proliant ML 310 da 550 euro in su. Ciò che differenzia le due macchine, e in genere la serie 100 dalla 300, non è la potenza ma la robustezza e affidabilità, ottenuta ridondando buona parte dei componenti.
Quando però si passa a un sistema distribuito, la potenza richiesta dipende da quante applicazioni l’azienda usa e da quali intende portare sul server, dal loro tipo (se più orientate al calcolo, come le transazionali o più orientate ai dati, come le analitiche), dal volume delle transazioni e/o dei dati da gestire, dal numero degli utenti che vi debbono poter accedere nello stesso tempo e, ovviamente, dal livello di servizio atteso. Troppi fattori e troppo variabili per dire, in fatto di potenza, cosa serve a chi. Ricordando il già citato rapporto prezzo/prestazioni dei sistemi biprocessore, si può solo osservare che questa è in genere la scelta migliore. L’offerta Hp presenta in quest’area il maggior numero di opzioni, con macchine tower, come il ProLiant ML350, e il suo omologo in versione rack (DL

380), che Antonio Rolli (nella foto), ISS Product Marketing Manager di Hp Italia, cita come il server più venduto nel mondo. Anche dei server biprocessori Hp offre versioni più economiche: il ProLiant DL 180 ha le stesse prestazioni del fratello maggiore ma viene consigliato per impieghi non ‘core business’, dove non sia richiesta la massima affidabilità.

Tower, rack o blade?
La presenza nell’offerta Hp (come in quella degli altri vendor) di macchine analoghe in diversi formati introduce il cosiddetto ‘fattore forma’, che cataloga i server come tower, rack e blade, identificati rispettivamente con le serie ProLiant ML, DL e Blade.
I server di fascia ML (tower) sono caratterizzati dalla espandibilità, cioè dal fatto di potervi facilmente aggiungere più schede e soprattutto più dischi. Ciò lo rende adatto a consolidare sulla stessa macchina potenza di calcolo e capacità storage, una cosa utile nelle più piccole realtà, il cui parco server si riduce a poche macchine (al limite, una) e dove non si hanno reti storage dedicate. Il formato tower, che non a caso, osserva Rolli, è il più diffuso in Italia, non è legato alle prestazioni (Hp ha tower anche a quattro vie), ma alla praticità della collocazione fisica della macchina in quelle tante imprese dove non esiste la ‘stanza dei computer’. Il passaggio al formato rack si ha nel momento in cui le circostanze consiglino di portare i server in un ambiente dove vi sia sicurezza fisica di accesso, aria condizionata, gruppi di alimentazione e quant’altro comporta la creazione di un vero, per quanto piccolo, data center. Un aspetto dell’offerta Hp sottolineato da Rolli, è di poter riconvertire le macchine della serie ML in formato rack, in modo da salvaguardare gli investimenti effettuati.
Per quanto riguarda il ‘blade’, l’offerta server Hp per le medie imprese si è recentemente estesa a questo formato con i nuovi sistemi Blade c3000. Come già spiegato (vedi l’articolo a pag. 70) il blade è un formato che prevede una o più schede con i processori, la Ram e pochi altri componenti, inserite in un ‘cestello’, come lo chiama Rolli, che alloggia ciò che serve al funzionamento e alla connettività. Il concetto si estende allo storage e al networking (il ‘cestello’ del c3000 contiene fino a 8 blade di server o storage e 4 alloggiamenti per dispositivi di rete) con risparmi di spazio e di energia e permette di ridondare i componenti al servizio di Cpu, switch e disk drive dando più affidabilità all’insieme. I princìpi di standardizzazione e modularità rendono il formato blade ideale per un’infrastruttura virtualizzata.
Un altro fattore importante da valutare nella scelta del server da parte di un’azienda che non abbia skill It interni è che il sistema sia dotato di strumenti di diagnosi, gestione e controllo. Su questo fronte Hp offre, oltre ai numerosi software di gestione dell’infrastruttura per i quali è nota sul mercato, anche un nuovo strumento di diagnosi remota, chiamato Insight remote control, pensato per la Pmi, che individua automaticamente i problemi hardware (anche relativi allo storage) e genera richieste di servizio ad Hp o al partner responsabile dell’assistenza.

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