Che si scelga la tecnologia all-flash come base per l’infrastruttura storage o si rimanga su sistemi più tradizionali, oggi a guidare non è l’It ma il business; laddove vi siano progettualità o applicazioni che richiedono elevate prestazioni l’all-flash storage sta prendendo sempre più piede come scelta primaria ma a prevalere, in questo momento, è un approccio di tipo ibrido dove sistemi innovativi basati su tecnologia flash convivono e si integrano con i dischi storage tradizionali. ZeroUno ha raccolto le testimonianze di tre primarie aziende italiane.
Saipem: azienda data centrica, l’information management è ‘questione’ del business
“Stiamo passando, come molte altre realtà, da una visione application centrica ad un’organizzazione al cui centro vi sono i dati come elemento strategico di valore dai quali derivano diverse opportunità di ‘estrazione’ di informazioni utili per lo sviluppo del business”, esordisce Massimo Pessina, responsabile Sistemi It centralizzati di Saipem. “Una visione che incide non solamente sull’It, che deve conoscere le tecnologie mediante le quali gestire i dati, ma anche sulle line of business che, attraverso la grande mole di dati oggi a disposizione, ricevono informazioni utili al proprio lavoro”.
I dati sono tutti potenzialmente di valore, ma in un’ottica di Information Management (e non quindi di ‘pura’ gestione del dato a livello It) è il business che definisce se e quando rappresenta un asset strategico. “All’It rimane in carico la gestione del dato, a mio avviso attraverso un modello sempre più orientato all’ibrido ossia con sistemi ed infrastrutture on-premise per la gestione del dato ‘attivo’ (cioè quello più recente, in uso al business) e servizi cloud a supporto dei dati storicizzati (dove a ‘guidare’ le scelte tra serv
izio private host o public è la tipologia del dato stesso, tenendo conto che per questioni di compliance non tutto può essere spostato su ambienti pubblici)”, precisa Pessina. “Guardando con particolare focus ai dati ‘attivi’, credo che una delle caratteristiche primarie che un sistema storage debba avere sia l’affidabilità, da intendersi non come generica disponibilità del sistema ma come sua capacità ‘responsive’, cioè di essere performante rispetto ai workload che è chiamato a reggere”.
In quest’ottica i sistemi Ssd (solid-state drive, storage basato su tecnologia flash) hanno l’enorme vantaggio di poter garantire sempre le massime performance con un minor intervento di tuning sui dati (evitando per esempio il tiering dei dati). “In Saipem abbiamo ‘abbracciato’ l’all-flash storage già da qualche anno, in prima battuta per rispondere a specifiche esigenze prestazionali di alcuni applicativi (per esempio come infrastruttura a sostegno dell’Erp aziendale o del Log Management): nel nostro modello di business non è la velocità di analisi il fattore critico (l’analisi real-time non è prioritaria) ma il valore del dato in sé che deve quindi essere disponibile a tutti gli utenti di business”, conclude Pessina. “In quest’ottica l’all-flash storage diventa una risposta davvero efficace anche dal punto di vista dell’efficienza operativa del business”.
Rai: abbiamo le stesse esigenze di una Telco, non possiamo ‘fermarci’
La Rai nel suo processo di trasformazione da Tv analogica a Digital Media Company ha avviato un percorso di informatizzazione estremamente ‘invasivo’ che sta coinvolgendo moltissime line of business e svariati settori all’interno dell’azienda. “In questo complesso scenario di cambiamento, lo storage ha assunto un ruolo di primaria importanza non soltanto come sistema di archiviazione efficiente ed efficace dei dati (all’interno del quale la catalogazione e la gestione dei metadati per una corretta ricerca ed ‘esposizione’ dei dati utili al business diventa fattore critico), ma anche come infrastruttura a garanzia dell’affidabilità del dato e della sua veloce reperibilità”, spiega a ZeroUno Enrico Mordillo, responsabile Ingegneria e Architettura della Direzione ICT dell’azienda. “Il passaggio dall’analogico al digitale in Rai ha significato anche la trasformazione di supporti fisici (per esempio le pellicole) in file digitali, con evidente ripercussione sulla mole di dati da archiviare, gestire e mettere in sicurezza. È stata proprio questa primaria esigenza di business a spingere l’azienda a valutare nuove tecnologie infrastrutturali nell’ambito dello storage. Due le criticità primarie che abbiamo dovuto risolvere:
- essendo un broadcaster che memorizza (e mette a disposizione) i propri prodotti digitali all’interno del data center aziendale abbiamo bisogno di sistemi altamente performanti (che significa essere in grado di reggere senza latenza workload ‘impegnativi’, ossia che richiedono molte risorse It);
- il crescente utilizzo dei social network come mezzo di comunicazione ed interazione tra l’azienda ed il proprio pubblico ha fatto emergere il ‘problema’ dell’analisi dei dati non strutturati, situazione che abbiamo affrontato con un nuovo sistema di Social Crm alla base del quale sarà poi necessario intervenire anche dal punto di vista infrastrutturale, storage in particolare”.
La tecnologia flash è stata la risposta più ‘ovvia’ per entrambe le aree critiche proprio per via delle elevate performance dei sistemi; “Come broadcaster abbiamo bisogno degli stessi livelli prestazionali di una società di telecomunicazioni”, è il paragone scelto da Mordillo per far comprendere le criticità aziendali: “Non sono ammesse latenze, non possiamo fermare i servizi e nemmeno lasciare che perdano in qualità”.
Magneti Marelli punta sullo storage ibrido
Magneti Marelli è una realtà variegata caratterizzata da linee di business molto differenti tra loro; “accanto all’innovazione tecnologica, che rappresenta un driver primario per la nostra azienda (con sofisticati sistemi software, per esempio per l’infotainment, la telematica e l’elettronica di bordo delle vetture, fino a spingersi in aree come l’analisi Big Data e l’IoT), è il dominio applicativo a rappresentare un riferimento importante che definisce e guida l’evoluzione infrastrutturale, orientandola, in quest’ottica, secondo l’applicazione e i processi che deve supportare”, è la premessa di Paolo Serra, Responsabile Ict del Competence Center sugli sviluppi sw, che lavora su diversi progetti di innovazione dell’azienda. “Per applicazioni che richiedono potenza computazionale ed elevate performance lato I/O siamo andati nella direzione dei sistemi all-flash (partendo da alcuni trial) come scelta infrastrutturale”.
Tuttavia, sull’utilizzo diffuso dell’all-flash come tecnologia di base per lo storage Serra mostra qualche perplessità: “Abbiamo per esempio avviato progetti molto complessi che prevedevano la compilazione parallela (milioni di righe di codice messe a disposizione simultaneamente a gruppi di sviluppatori che risiedono in diverse aree geografiche) dove l’all-flash in realtà non rappresentava la soluzione ottimale (più che altro perché le criticità erano date non tanto dalle prestazioni dell’I/O ma dall’integrazione dei processi). Altro esempio è quello dell’analisi Big Data che in Magneti Marelli, in questo momento, è in una fase di studio, per cui non siamo ancora intervenuti sui sistemi sottostanti scegliendo di ‘appoggiarci’ per questi progetti a cloud provider esterni”.
“Personalmente credo che la tecnologia all-flash prevarrà sui sistemi più tradizionali, ma in questo momento siamo ancora in una fase di adozione lenta (la scelta ricade su questi sistemi solo quando le esigenze prestazionali diventano il driver primario)”, è la considerazione generale di Serra. “In Magneti Marelli, per esempio, l’approccio vincente è quello ibrido con l’all-flash storage volto ad indirizzare particolari casi d’uso (video rendering, ricerca scientifica, applicazioni di machine learning), mentre per le applicazioni ‘tipiche’ del settore automotive il miglior bilanciamento tra costi e prestazioni è garantito ancora oggi dallo storage su dischi tradizionali”.