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Chip in legno di balsa? Lenti, grandi ma funzionano

In Svezia è stato realizzato il primo transistor in legno al mondo. Non costituirà mai un rivale per i chip di silicio, ma potrebbe rappresentare un’alternativa interessante e green per alcune nicchie di mercato. In primis, per la bioelettronica

Pubblicato il 09 Giu 2023

Immagine di PeachShutterStock su Shutterstock

C’è la corsa a chi costruisce i transistor più potenti e veloci, coinvolge il mondo delle aziende e quello della ricerca e nessun Paese si può considerare fuori gara a priori. In parallelo poi, soprattutto nell’ambito accademico, ci sono dei team che, affidandosi al pensiero laterale, sperimentano transistor “alternativi”. Magari non per tutte le occasioni, ma solo per alcune ben precise e utili a uno specifico settore. È con questo mindset che ha operato il gruppo di ricercatori svedese, arrivando a realizzare il primo transistor in legno al mondo.

Un transistor a “T” impregnato di polimeri

Il team protagonista di questo record nasce dalla collaborazione tra gli esperti di due atenei nordici: l’Università di Linköping e il KTH Royal Institute of Technology. È nei loro laboratori che è stato costruito il dispositivo, ponendo a forma di “T” tre pezzi di legno di balsa.

Nello specifico, la parte superiore è costituita da una sorgente a un’estremità e da un drenaggio all’altra e funge da canale. La porzione verticale, invece, è composta da due pezzi di balsa separati che formano i pezzi del gate. Una disposizione semplice e intuibile, infatti il vero segreto sta nel legno utilizzato, precedentemente impregnato di polimeri.

Per trasformare la vecchia balsa in un legno conduttivo, infatti, i ricercatori lo hanno “trattato”: prima lo hanno scaldato e ne hanno estratto la maggior parte della lignina presente nella struttura arborea. Poi hanno impregnato di polimero conduttivo il blocco di cellulosa porosa restante. Questo è un passaggio fondamentale e su cui il team ha effettuato diverse prove e misurazioni.

Dopo vari test, ha scoperto come proprio un polimero conduttivo solubile in acqua, noto come polistirene solfonato, fosse la scelta migliore. Risultava infatti molto simile all’acqua e capace di riempire facilmente le cavità della balsa fino al suo nucleo. Utilizzandolo, i ricercatori hanno affermato di aver raggiunto una conduttività pari a 69 Sm^(-1), dimostrando l’efficacia del dispositivo come transistor elettrochimico organico a doppia porta e interruttore funzionale on/off.

Quando e perché un transistor in legno servirebbe

Il passo avanti c’è stato e non è affatto trascurabile. Va infatti ricordato che i precedenti tentativi di transistor in legno erano in grado di regolare solo il trasporto degli ioni e non risultavano a prova di deterioramento.

Accantonato l’entusiasmo per la scoperta, occorre però tornare con i piedi per terra e non confondere il prototipo ottenuto con il capostipite di una nuova generazione di transistor green. I transistor moderni sono grandi una manciata di nanometri e raggiungono velocità di gigahertz. Non è questo il caso dell’analogo in legno che stenta a raggiungere dimensioni millimetriche con velocità di commutazione nell’ordine dei kilohertz. Per ora, anzi, è largo ben tre centimetri e commuta a meno di un singolo Hertz. Oltretutto ha dei suoi limiti “fisiologici” a partire dai tempi di reazione: ha bisogno di quasi un secondo per spegnersi e cinque per accendersi.

Ben consapevoli dell’incommensurabilità delle performance tra transistor moderni e la loro “versione lignea”, i ricercatori hanno spiegato la ratio del loro lavoro. L’idea era quella di dimostrare che è possibile modulare la conduttività elettrica del legno elettroattivo, applicando una tensione esterna. Non hanno mai pensato di poterlo inserire nei circuiti elettronici convenzionali, infatti, ma possono sognare di farlo in alcune applicazioni integrate nel legno: nei display elettrocromici, per esempio, oppure in semplici circuiti logici che rispondono agli input dei sensori.

Un altro campo interessato ai transistor svedesi in legno potrebbe essere quello della bioelettronica vegetale. Se questa si dimostrasse l’idea giusta, potrebbe trasformarsi in un’ottima scusa per proseguire gli studi, riducendo le dimensioni e facendo aumentare conduttività e velocità.

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