È in corso un silenzioso braccio di ferro sulla produzione di chip in Europa. Qualche mese fa l’annuncio degli investimenti di Intel sulla regione aveva acceso parecchi entusiasmi. Aveva fatto anche sperare l’Italia, che si è vista poi mettere in secondo piano rispetto a una Germania che si era aggiudicata i maggiori investimenti extra-USA e il mega-fabbricato principale dell’azienda. Proprio per la realizzazione di questa struttura, che dovrebbe avere sede a Magdeburgo, le trattative sembrano infinite.
I miliardi in gioco che bloccano il progetto
Quello che sembrava dover costituire un rapido passo avanti per l’Europa dei semiconduttori, si è trasformato in un tira e molla dai tempi di risoluzione poco certi.
Da un lato c’è Intel che chiede maggiori sovvenzioni da parte del governo tedesco. Dall’altra c’è una Germania che ha intenzione di “scucire” maggiori fondi solo se l’azienda americana è disposta a spendere di più anche per le infrastrutture.
La richiesta di Intel sembrerebbe essere mirata a compensare l’aumento dei costi dell’energia e dei materiali. Se ciò non fosse possibile, il rischio sarebbe quello di far ritardare il progetto. A suo dire, ora, il completamento dell’impianto potrebbe costare circa 20 miliardi di euro invece che 17. Il lievitare dei costi riguarderebbe anche altre sue strutture e anche più pesantemente: per esempio, quelle in Arizona, ora costano il 50% in più rispetto a quando sono state annunciate.
La Germania, da parte sua, ha finora stanziato 6,8 miliardi di euro per la mega fabbrica, circa il 40% del prezzo originario del progetto. Intel mira a ottenerne ulteriori 4-5.
Il CHIP Act dell’UE, “asso pigliatutto”
Dietro alle richieste di Intel non ci sarebbe solo il rincaro dei costi dell’energia e dei materiali. L’azienda starebbe passando un periodo complesso, in generale, su vari fronti. Alcuni esperti sostengono infatti che negli scorsi mesi sia stata messa a dura prova dalla forte concorrenza dei rivali, in particolare di AMD, e dal continuo impatto dei problemi della catena di approvvigionamento causati dal COVID e dai conflitti geopolitici.
Il progetto tedesco non sarebbe però il parafulmine su cui scaricare queste difficoltà. Lo scorso autunno, a fronte di un calo dei ricavi a due cifre, l’azienda aveva annunciato un possibile taglio fino a 10 miliardi di dollari di spesa annuale entro il 2025. Una decisione accompagnata da una serie di scelte significative tra cui il taglio di un paio di centri di ricerca e sviluppo in Oregon e in Israele che avrebbero dovuto costare quasi 1 miliardo di dollari.
La richiesta al governo tedesco di una quota maggiore di dollari dei contribuenti va letta in questo contesto, quindi. Non come un inasprimento nei confronti dell’Europa e dei progetti annunciati sul territorio. Questo lascerebbe ben sperare anche l’Italia a cui toccherebbe ospitare un impianto per la fase di back-end della produzione di chip. Il dialogo tra governo e azienda resta aperto, ma avanza a rilento.
Sia per l’Italia che per la Germania, si può concretamente sperare in una svolta a breve. La Commissione europea, infatti, starebbe per firmare la propria legge sui finanziamenti CHIP. Ciò significherebbe sbloccare circa 43 miliardi di euro per attrarre investimenti nei semiconduttori nella regione.