MILANO – Il reale valore dell’Internet of Everything non risiede semplicemente nel numero di connessioni tra persone, oggetti, dati e processi, ma in quello che questi legami rendono possibile. L’IoE è infatti da intendersi, oltre la sua definizione di realtà in cui “tutto è connesso con tutto”, come una nuova era digitale, alimentata da fenomeni quali mobilità, cloud, social networking e dalla possibilità di rendere qualsiasi strumento intelligente, capace di sfruttare i dati che questa miriade di connessioni genera. È questa la premessa con cui Cisco parla di IoE e spiega alle imprese come sfruttare il fenomeno in atto cogliendo le opportunità “nascoste” in questa massa di nuove relazioni.
I dati di partenza per tracciare uno scenario arrivano da ricerche condotte da Cisco stessa (Cisco “Ibsg” e “IoE Value Index”), secondo cui i 10 miliardi di oggetti connessi oggi alla rete sono meno dell’1% di quelli che potrebbero essere; nel 2020 saranno già 50 miliardi. L’IoE potrebbe permettere alle aziende del settore privato di generare complessivamente 613 miliardi di dollari di profitto a livello globale già nel 2013. Saranno soprattutto il settore dei servizi (158 miliardi di dollari) e il manifatturiero (103 miliardi) a godere maggiormente dei vantaggi dell’IoE; infine, secondo le 7.500 persone di aziende leader globali nel settore finanziario e informatico coinvolte nella ricerca “IoE Value Index”, Usa, Cina e Germania sono nelle condizioni di realizzare i profitti più alti, perché più attrezzate per poter sfruttare le caratteristiche dell’IoE nel miglioramento delle operations e del servizio ai clienti. Ma il successo sarà legato soprattutto alla velocità con cui le aziende si adatteranno al cambiamento, trovando i modi per sfruttare i dati prodotti dalle nuove connessioni e metterli a frutto nel proprio campo operativo dotandosi delle tecnologie capaci di farlo.
In questo contesto, Cisco vuole porsi nei confronti delle imprese come riferimento per non perdere l’opportunità, e per farlo, mentre prosegue lo sviluppo nei settori storici dei router e degli apparati di rete, investe nel campo datacenter, virtualizzazione, cloud e nel settore delle soluzioni di collaboration (perché l’azienda della nuova era IoE, dice Cisco, deve seguire pratiche di business più inclusive, per permettere a tutti i dipendenti di dare il proprio contributo) e del mondo video (per agevolare la collaboration stessa).
Ma perché l’era dell’IoE possa compiersi pienamente, dovranno prima avvenire alcuni cambiamenti nel mondo della rete. Come ha spiegato Flavio Bonomi, Head Advanced Architecture and Research di Cisco, “accanto al Cloud Computing dovrà prendere forma quello che Cisco definisce il ‘Fog Computing’”: una distribuzione dell’intelligenza della rete diversa, dove la potenza di calcolo rispetto all’infrastruttura di trasporto dei dati si rende disponibile non solo ai capi della rete (dove ci sono tablet, server, sensori, semafori, l’ “everything” dell’IoE) ma anche attraverso una serie di nodi di elaborazione dati che operano in modo sinergico, capaci di abilitare nuove funzionalità che a loro volta consentiranno di combinare con più efficienza le informazioni. Questo permetterebbe alle applicazioni di lavorare in modo più semplice e sicuro ottenendo dalla rete, “intelligentemente”, quello che serve nel momento in cui serve. In questo senso si parla di Sdn (Software Defined Networking), reti programmabili dove il controllo dei flussi di traffico può avvenire tramite funzioni software accessibili mediante Api. Ed è in questa direzione che va Cisco One (Open Network Environment), la risposta di Cisco alla sfida dell’Sdn: una serie di api, agent, controller e tecnologie di rete che permettono di integrare la programmabilità in tutta l’infrastruttura.