Il CHIPS Act ha fatto tanto rumore ma spesso ci si è focalizzati su ciò che prevede per la produzione di chip, trascurando tutto quanto di importante ci gira attorno. Attorno ai chip, letteralmente, c’è un packaging che invece molto preoccupa gli Stati Uniti perché li costringe e dipendere da altri e ogni Paese, ma loro soprattutto, detesta dipendere da altri quando si tratta di tecnologia e innovazione. E di business.
Packaging chips made in USA al 100% entro 10 anni
A due mesi dall’inizio del 2024, il governo USA ha annunciato l’intenzione di investire parte dei fondi del CHIPS Act per lanciare un nuovo programma sull’imballaggio avanzato dei semiconduttori. Si parla di 3 miliardi di dollari presi da quelli destinati al finanziamento CHIPS for America, il programma si chiama National Advanced Packaging Manufacturing Program (NAPMP) e sarà coordinato dal NIST (National Institute of Standards and Technology).
L’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a produrre e confezionare i chip più sofisticati del mondo entro un decennio sul proprio territorio, senza l’aiuto di nessuno. Un traguardo ambizioso, che gli Stati Uniti intendono raggiungere riportando in patria l’industria del packaging avanzato ad alto volume rendendola autosufficiente, redditizia e rispettosa dell’ambiente. Ma non solo: il programma prevede anche una intensa attività di ricerca per accelerare trovare e implementare nuovi approcci al packaging.
Tutta questa attenzione e questi fondi per il packaging, uno dei tanti componenti dei chips, sono legati alla forte necessità di proteggerli dal punto di vista meccanico, termico e ambientale, ma anche di supportare una comunicazione affidabile tra i chip, fornire energia e una piattaforma stabile di test e integrazione del sistema.
Si tratta quindi di un componente particolarmente strategico e che, in termini di competitività, è strettamente legato alla capacità di scalare verso il basso e verso l’esterno.
“Verso il basso” significa ridurre le dimensioni delle caratteristiche del package, “verso l’esterno”, invece, aumentare il numero di chip assemblati sul substrato. Due vantaggi consistenti e allettanti, che vanno completati con altri non meno importanti per almeno parte della supply chain dei semiconduttori. Si pensi, per esempio, alla riduzione dell’ingombro fisico, alla diminuzione della potenza e all’aumento del riutilizzo dei chip. Da non trascurare anche una possibile riduzione dei costi, un’ipotesi che farebbe sognare la possibilità di produzione di chip diversificati e personalizzabili.
Prima materiali e substrati, poi anche ricerca di base
Il NAPMP è uno dei quattro programmi CHIPS for America che si concentrano sulla R&S per garantire che la produzione di chip. Gli altri sono il National Semiconductor Technology Center (NSTC), il National Advanced Packaging Manufacturing Program (NAPMP), il CHIPS Metrology Program. Avanzeranno in modo collaborativo, coordinati dal NIST, per attirare in USA i produttori di semiconduttori, perché investano nelle sue capacità di packaging onshore.
Questa strategia è la risposta a dei segnali di allarme piuttosto chiari e a cui la Casa Bianca è particolarmente sensibile. Nel dettaglio, preoccupano la carenza delle GPU più innovative di Nvidia, apparentemente legata proprio a problemi di packaging, e l’evidente sbilanciamento verso est del settore, molto forte soprattutto a Taiwan. Da qui la mossa per mantenere la propria competitività globale e, prima ancora, per garantire resilienza alla catena di approvvigionamento americana.
I fondi stanziati per il NAPMP andranno in prima battuta alla ricerca di materiali e substrati, ma spazieranno anche verso strumenti di progettazione e simulazione e verso attrezzature di produzione, nuove memorie e fotonica. Attraverso una Advanced Packaging Piloting Facility (APPF), verrà supportata anche la ricerca di base, agevolando programmi di formazione di quella oggi assente forza lavoro che servirà per far fruttare davvero gli investimenti annunciati.