Il governo britannico non si spreca quanto a finanziamenti per il mondo dei semiconduttori. Annunciando la cifra destinata, si fa sfuggire qualche cenno alla sua strategia, suscitando stupori, commenti e frustrazione. Il primo ministro Rishi Sunak ci ha messo la faccia, spiegando che elargirà solo 1 miliardo di sterline (1,24 miliardi di dollari) per questo settore. Lo ha fatto convintamente, pur sapendo di correre il rischio che le aziende produttrici di chip si trasferiscano altrove, in mancanza di un sufficiente sostegno governativo.
Tra UK e gli altri, cifre incomparabili
Questo annuncio si attendeva da tempo e il continuo procrastinare cominciava a far insospettire anche i più ingenui. Ora si attende il prossimo vertice del G7 che si terrà in Giappone nelle prossime settimane, per conoscere la strategia che fa sentire Sunak tanto sicuro. Inevitabile, però, che sorgano commenti e preoccupazioni già ora. In particolare, a farsi sentire in modo anche ufficiale, è stato il neonato Dipartimento per la Scienza, l’Innovazione e la Tecnologia (DSIT) che ha chiesto un finanziamento maggiore. Non è certo l’unico a ritenerlo opportuno, soprattutto alla luce delle cifre molto più ingenti stanziate per le aziende di chip in altre parti del mondo.
Gli Stati Uniti stanno mettendo a punto quanto stabilito con il CHIPS Act che parla di 52 miliardi di dollari, da distribuire attraverso sussidi e altri incentivi. Sono tutti soldi investiti per trattenere le aziende di semiconduttori e per promuovere la ricerca su tecnologie dei chip e la formazione della forza lavoro.
L’Unione Europea ha messo sul tavolo 43 miliardi di euro (47 miliardi di dollari), annunciando un obiettivo ambizioso: raddoppiare l’attuale quota del mercato globale dei chip rappresentata dalle aziende europee. Da Est anche il Giappone non è rimasto fermo a guardare ma avrebbe scelto di scommettere 2,47 miliardi di dollari tutti su una sola nuova società chiamata Rapidus, specializzata in semiconduttori avanzati a 2 nm.
Goccia a goccia: gli investimenti “idroponici” sui chip UK
La strategia britannica è ancora diversa. Il governo spiega la propria timidezza nell’investire facendo notare che il paese non è, e non sarà mai, in grado di sgomitare con le big sul piano globale. Il suo settore dei semiconduttori non ha la stoffa adatta, meglio quindi elargire denaro in modo cauto e mirato. Per esempio, per far crescere le aziende di progettazione e produzione di chip già esistenti, garantire le supply chain e affrontare le carenze di competenze.
Questa strada, secondo Sunak, potrebbe dare più frutti, piuttosto che quella di buttarsi nell’arena, già sapendo di non poter salire sul podio. Il miliardo di sterline sarà quindi distribuito a nicchie specializzate e a punti precisi della value chain dei semiconduttori. Saranno selezionati i “sotto-settori” in cui il Regno Unito è più forte e che non pretendono investimenti enormi per fare la differenza.
Nonostante questa spiegazione, non mancano le dichiarazioni negative che parlano di una diffusa frustrazione, pronta a sfociare in un abbandono dell’attività sul territorio. Un rischio che il governo UK ha deciso di correre, ignorando le lamentele e focalizzandosi sui semiconduttori non a base di silicio. Sarebbero quelli in cui rimane lo spazio e la speranza di diventare un leader mondiale.