Non un semplice lancio di un nuovo prodotto. “È l’annuncio della nascita di una nuova epoca per l’It aziendale”. Lo ha dichiarato ieri al Circolo della Stampa di Milano Enrico Cereda (nella foto) Vice President, Systems and Technology Group di Ibm Italia. L’occasione, la presentazione in anteprima alla stampa italiana (quella mondiale è avvenuta a New York alle 14 ore locali, le 20 in Italia) dei sistemi Ibm PureSystems. Un nuovo brand costituito da “sistemi esperti integrati” – così come li definisce Big Blue – che mirano a risolvere i problemi di consolidamento e di gestione che attanagliano sempre di più i responsabili It.
I PureSystems si definiscono “expert integrated systems” perché includono sia la maggior parte delle risorse necessarie a un data center (server, storage, networking, software di virtualizzazione, etc.) in modo preintegrato e ottimizzato e configurabile, sia Patterns of Expertise. Di cosa si tratta? In pratica best practice non astratte, ma trasformate in file, in codice, per permettere una rapida ed efficace configurazione infrastrutturale o applicativa.
Tre sono le tipologie di pattern. La prima è quella dei Patterns Ibm, integrati dalla fabbrica e che rappresentano il distillato delle competenze dei tecnici hardware e software di Big Blue. Poi ci sono i Patterns Isv, che consentono di scaricare dal sito Ibm PureSystem Centre e installare in modo automatizzato applicazioni di software house che aderiscono al programma di certificazione “Ibm PureSystems Ready”. Il partner più importante di questa iniziativa, in questo momento, è Sap. Infine ci sono i Patterns Clienti, in cui le organizzazioni It possono incorporare la conoscenza delle applicazioni create in proprio. “Un approccio – sottolinea Cereda – che sarà molto apprezzato dalle aziende italiane che hanno sedi estere non dotate di risorse It”.
A ben vedere, la filosofia dei PureSystems ricorda un po’ il vecchio As/400, il sistema Ibm per il mercato di fascia media che integrava in modo stretto hardware, middleware e software di sistema. Ai partner, quindi, soprattutto il compito di sviluppare applicazioni e installarle su macchine che ancora oggi funzionano egregiamente in moltissime piccole e medie aziende italiane. Una differenza sostanziale è che i PureSystems sono concepiti per essere aperti. Cereda: “Mentre altri competitor, con iniziative di integrazione e automazione simili, tendono a vincolare i clienti a determinate piattaforme, con i nostri PureSystems sono liberi di scegliere quali server vogliono utilizzare per i propri workload. In un’unica macchina è possibile inserire contemporaneamente blade Intel, Unix o System i [sistemi operativi Ibm – ndr]. Ed è possibile utilizzare diverse tecnologie di virtualizzazione. Ecco perché abbiamo coniato lo slogan “consolidation without migration”. Allo stesso modo, gli utenti possono connettere i PureSystem anche con tecnologie di rete o archiviazione di altri vendor.
Infine, i PureSystem sono disponibili in due diversi approcci. Uno si chiama PureFlex e include soprattutto l’expertise e le risorse necessarie per creare un’infrastruttura ottimizzata. È l’ideale anche per creare in breve tempo una cloud privata o ibrida. L’altro è stato ribattezzato PureApplication System, ed è rivolto a chi necessita di accorciare i tempi nella messa in produzione di installazioni. I PureApplication System hanno preintegrato il middleware Ibm (in particolare WebSphere e Db2) e sono configurati per accedere al catalogo online di applicazioni e pattern. “L’offerta PureSystem – conclude Cereda – è indirizzata prevalentemente alla fascia intermedia del nostro portafoglio. E non sostituisce nessun prodotto. Le aziende che lo desiderano possono continuare a implementare i singoli componenti hardware e software di Ibm”. Dal momento del lancio sono già disponibili due modelli di PureSystems con processori Power7 e Intel, in grado di supportare quattro ambienti operativi.