Teradata, anche in Italia c’è ‘fame’ di Data Warehouse

Mentre la corporate chiude il 2010 con il maggior numero di nuovi clienti in otto anni, il country manager italiano ci parla dell’andamento nel nostro Paese, con un progetto Inps che concretizza l’alleanza con Sas sull’in-memory analytics. Nella foto Franco Vittone, amministratore delegato di Teradata Italia.

Pubblicato il 26 Mag 2011

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Sarà anche uno specialista (si occupa solo di Data warehouse e analytics), ma Teradata ha iniziato il 2010 con il settimo posto nella classifica dei fornitori It più strategici di InformationWeek (dietro ai colossi Ibm, Sap, Microsoft, Oracle, Cisco e Hp), e l’ha chiuso con crescite rispettivamente del 13% e del 18,5% per il fatturato (quasi due miliardi di dollari) e l’utile netto (301 milioni), registrando il più alto numero di nuovi clienti dal 2002, e l’espansione del 20% delle filiali locali nelle varie parti del mondo.
Abbiamo parlato in ZeroUno dello scorso dicembre delle strategie corporate di Teradata, che sta adeguando l’offerta alla ‘socialization of data’, cioè l’enorme massa di dati generata da nuove fonti (mobile, social network, sensori, Rfid, Gps, ecc.) che le aziende dovranno gestire e integrare con le fonti più ‘classiche’, come l’Erp. Qui invece abbiamo chiesto a Franco Vittone, amministratore delegato di Teradata Italia, un aggiornamento sull’andamento nel nostro Paese.
“Anche in Italia è un buon momento per il Data warehouse: molti settori mostrano grande attenzione, soprattutto in chiave di integrazione e uso migliore dei dati”, ci spiega Vittone, che conferma anche per l’Italia la crescita dello staff, sia consulenziale che commerciale, senza dare dati precisi. “Nelle aziende, funzioni come marketing, vendite, finance, auditing, necessitano sempre più di dati validi a livello enterprise, e in tempi sempre più rapidi. Nel primo caso sta affermandosi – continua Vittone – il concetto di creazione graduale di un ambiente di data warehouse che copra l’intera azienda, come stanno facendo i nostri clienti Credem e Poste Italiane”. Nel secondo la crisi economica ha creato un’esigenza di visibilità del business con dati aggiornati a uno, due giorni al massimo, “cosa che in un ambiente non transazionale è molto difficile da soddisfare”.
Tra gli altri clienti italiani di Teradata ci sono Alitalia, Coop Italia, Montepaschi e Unicredit, ma il caso più importante del 2010 è Inps, presentato qualche settimana fa all’evento dello User Group italiano a Roma, con quasi 50 clienti presenti. “È uno dei primi progetti nel mondo in cui, grazie all’alleanza con Sas, si realizza il concetto di in-database analytics – precisa Vittone -. Il lavoro congiunto ha prodotto un’integrazione in cui le soluzioni Sas lavorano direttamente nel database Teradata: Inps la utilizzerà per l’analisi dei dati sui certificati di malattia e relative visite mediche di controllo”.
Ogni anno l’istituto di previdenza riceve circa 12 milioni di certificati di malattia e indennizza 60 milioni di giornate di lavoro, con una spesa di alcuni miliardi di euro. Per l’attività di verifica, Inps effettua circa 1,5 milioni di visite l’anno, spendendo alcune decine di milioni, con riduzione della prognosi in circa un quarto dei casi. In quest’ambito l’obiettivo con il sistema Sas-Teradata è individuare i casi con più probabilità di irregolarità e/o riduzione della prognosi, e ‘mirare’ le visite di controllo solo su questi casi, riducendo i costi sia in termini di indennizzi che di numero delle visite. “È un classico esempio – conclude Vittone – dell’esigenza sempre più diffusa di dover gestire enormi moli di dati e al contempo ottimizzare l’analisi di tali dati”.

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