L’Ubl (Universal Business Language) è uno dei più recenti e promettenti standard non proprietari basati su tecnologie Xml. Chiediamo a Jon Bosak, Distinguished Engineer di Sun, oltre che chairman del comitato tecnico per l’Ubl e membro dell’Oasis (Organization for the Advancement of Structured Information Standards), che abbiamo incontrato in occasione di un suo viaggio in Italia, di chiarirne caratteristiche e potenzialità.
ZeroUno: L’Ubl 1.0 è stato pubblicato a novembre 2003: di cosa si tratta?
Bosak: Di uno standard che definisce schemi Xml per i documenti business più comuni: ordini d’acquisto, fatture e così via. Lo scambio automatico di tali documenti attraverso l’Edi (Electronic Data Interchange) esiste da vent’anni ed è usato da grandi aziende con ottimi risultati, ma costa troppo per poter essere adottato dalle piccole imprese. Questo crea una barriera fra piccole e grandi aziende che va a svantaggio di entrambe. Le prime non possono avere rapporti efficienti con le seconde e queste ultime sono indotte ad avere rapporti solo con altri utenti Edi, limitando la concorrenza fra i propri fornitori, o il numero dei potenziali clienti.
Anche le transazioni attraverso i portali B2B, invariabilmente basate sullo scambio di moduli Html, non eliminano la necessità di reinserire a mano i dati quando questi passano da un’azienda all’altra. Un metodo generalizzato per il trasferimento completamente automatico delle transazioni cambierebbe profondamente questo scenario, diminuendo i costi per tutti, grandi e piccoli. L’Ubl vuole fare esattamente questo: ridurre attraverso l’Xml il costo dell’e-commerce e portare le piccole aziende ad un mutamento profondo nelle relazioni di business.
ZeroUno: Quali funzioni aziendali potrebbero ricavare i maggiori benefici dall’adozione del nuovo standard e in quale ambito? In quello interno (gestione dell’infrastruttura aziendale esistente) o all’esterno, nelle relazioni con clienti e fornitori?
Bosak: L’ utilità di uno standard basato su Xml è molto più visibile nel secondo caso. Le comunicazioni informatiche possono avvenire in due modi: scambiando messaggi in formato elettronico oppure tramite Rpc (Remote Procedure Call), programmi che lanciano programmi su altri computer. Il primo metodo è più flessibile, il secondo più efficiente, ma per un uso interno all’azienda si equivalgono. Oggi si vede una forte spinta all’uso dell’Xml internamente all’azienda, ma è onestamente difficile per me capire se questo avviene perché è sempre la soluzione migliore, o semplicemente perché è di moda e gli analisti dicono che è la cosa giusta da fare. Nel caso delle transazioni con l’esterno invece non ho dubbi che l’Xml sia la strada giusta. La ragione è la differenza fondamentale fra lo spazio interno e quello esterno all’azienda. Del primo si ha pieno controllo e visibilità, del secondo no; ed è giusto che sia così: in un’economia aperta, con aziende in concorrenza fra loro, ci saranno sempre limiti a quanto un’impresa vuole rendere pubblico. In questo caso vince l’approccio basato su scambi di messaggi Xml, dove nessuno rivela più del dovuto. Un’ordine d’acquisto spedito da un’azienda con un messaggio è un contratto a tutti gli effetti, ma c’è una differenza profonda, anche dal punto di vista legale, fra gli obblighi derivanti da una procedura Rpc automatizzata e quelli che risultano da uno scambio consapevole di documenti.
Tenga presente che con l’Ubl non vogliamo affatto reinventare il business. Agli inizi dell’e-commerce capitava di sentir dire: ‘da domani tutto sarà differente’. Ma le transazioni commerciali non sono certo nate con l’e-business. Sono secoli che facciamo le stesse cose nello stesso modo e, se non ricordo male, l’ultima vera rivoluzione c’è stata proprio qui in Italia nel ‘400, con l’invenzione della partita doppia. Al limite, gli scandali degli ultimi tempi dimostrano che dobbiamo continuare a impiegare le procedure di controllo tradizionali, senza affidarci troppo ai computer. Ecco: l’Ubl permette alle aziende esistenti di scambiare automaticamente messaggi fra loro. E questi messaggi saranno ancora, e per parecchio tempo, fatture, bolle d’accompagnamento e così via.
ZeroUno: La gestione dei contenuti è una delle aree più critiche per il business. Può essere ottimizzata attraverso l’uso dell’Xml?
Bosak: Sì, l’Xml si può usare per creare e per far comunicare fra loro sistemi di Content management. È possibile creare prodotti di questo tipo con le funzioni di Registry Repository dei protocolli ebXML, liberamente accessibili a chiunque. Ne esiste un’implementazione Open Source sul sito http://ebxmlrr.sourceforge.net/. Soluzioni di questo tipo sono di enorme interesse per organizzazioni grandi ma con budget limitati, come le pubbliche amministrazioni. Tali enti sono già a conoscenza di ebXML, quindi in teoria è possibile che questo software diventi per il Content management quello che Apache è nel campo dei Web server.
ZeroUno: Il content management entra pesantemente anche in aree applicative diverse ma entrambe oggi ‘calde’ quali le soluzioni per la mobilità e l’e-learning. Che contributi può dare l’Xml in questi ambiti?
Bosak: Nelle reti mobili occorre garantire sia il massimo sfruttamento della banda sia la riservatezza delle comunicazioni. In questo caso non mi sento in grado di scegliere fra formati aperti e interfacce binarie a più altre prestazioni. Diverso è il caso dell’e-learning. Qui si tratta di strutturare correttamente un insieme d’informazioni, sovente a base eterogenea, e per questo tipo di problemi l’Xml è un potente aiuto.
ZeroUno: Se Xml nasce per facilitare lo scambio di documenti, quali problemi introduce a livello di sicurezza?
Bosak: C’è una corrente di pensiero secondo la quale il fatto che con Xml i dati siano diventati più comprensibili comporta una maggiore vulnerabilità. Io ritengo questa teoria priva di fondamento. Non è altro che la vecchia storia della sicurezza attraverso il segreto, che è la maniera sbagliata di agire. Il problema della sicurezza è enorme, ma va affrontato a livello delle applicazioni, non dei formati di dati.
ZeroUno: Sun è particolarmente attiva nel campo dell’Open Source. Esiste un legame fra questo impegno e quello esplicato in ambito Xml?
Bosak: Esiste senz’altro una naturale affinità fra la tecnologia Xml e la filosofia Open Source. Xml permette di svincolarsi dai formati proprietari, garantendo all’utente, anziché al suo fornitore di tecnologia, il pieno controllo dei propri documenti. Si parla di ‘dati’ Open Source anziché di software, ma le ragioni di fondo sono le stesse: l’esigenza di poter cambiare liberamente fornitore, senza essere obbligati a ricominciare da capo. L’interoperabilità fra sistemi ottenuta svincolando i documenti Xml dalle varie piattaforme e l’indipendenza dai fornitori di software sono due facce della stessa medaglia.
ZeroUno: Che effetti avrà l’adozione di uno standard d’interoperabilità sulla struttura organizzativa delle aziende? Sono pronte a sfruttare questa opportunità?
Bosak: L’adozione di uno standard che garantisca l’interoperabilità delle soluzioni è solo la prima parte del processo; la più facile. Dopo viene la parte più difficile: ristrutturare i metodi di business, ed è un processo lungo e penoso. Occorre spiegare a tutti gli altri come si lavora, quali sono i propri dati, che significato ha ognuno e poi scegliere una soluzione comune. In alcuni casi si può scoprire che l’azienda ha sempre utilizzato tipi diversi di dati quando ne bastava uno: a quel punto occorre convincere i propri dirigenti che i processi aziendali vanno ristrutturati. Passare correttamente all’Xml è un grave impegno di gestione, perché si devono giustificare le proprie procedure, condividere le proprie esperienze e adattarsi.
ZeroUno: I benefici dell’Xml richiedono dunque un cambiamento anche di tipo culturale. Pensa che le aziende americane ed europee saranno disposte a cooperare, e quanto tempo sarà necessario?
Bosak: Il processo sarà senz’altro lento. In Europa vedo un approccio più consapevole che negli Stati Uniti. Se dovessi scommettere, punterei sull’Europa, perché voi avete più esperienza nel riunirvi per discutere a lungo le soluzioni realmente praticabili, che sono quelle che oggi occorrono. Gli europei capiscono meglio degli americani che non esistono soluzioni facili, ma occorre sedersi a un tavolo e comprendere a fondo ciò che occorre fare.
ZeroUno: L’idea del network però è nata e si è diffusa in America…
Bosak: Sì, ma con un concetto d’interoperabilità superficiale. Se l’obiettivo non è adottare per primi Xml o Internet, ma risolvere problemi reali, vedo come favorita l’Europa. Il processo di mettere insieme le persone giuste e raggiungere la soluzione gradualmente funziona molto meglio in Europa, e in Asia, che negli Usa.