Flash technology e software-defined storage sono i capisaldi della nuova evoluzione delle infrastrutture d’archiviazione dei dati nell’era dell’informatizzazione pervasiva, del Digital Business, dei social, dei big data e dell’Internet of Things (IoT). “Fenomeni – sottolinea Massimo Ficagna, Senior Advisor degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, in occasione di un Executive Cocktail organizzato recentemente a Milano da ZeroUno in collaborazione con Ibm – che hanno portato a una crescita esponenziale dei dati da acquisire, archiviare ed elaborare. Si stima che tra il periodo 2010-2020 la mole di dati da gestire sarà aumentata di 50 volte, con un peso sempre crescente dei dati non strutturati”.
Questo trend, ovviamente, chiama all’appello tutte le tecnologie di storage disponibili, “incluso – fa notare Francesco Casa, Manager of Storage Solutions Italy di Ibm – il tape: in laboratorio abbiamo già prototipi di quella che sarà, secondo noi, la tape technology fra dieci anni ”, ma è intorno alla flash technology, come mezzo per scrivere e leggere in modo più performante i dati, e al software-defined storage, come paradigma per rendere più flessibili e automatizzati gli ambienti di archiviazione, che si stanno oggi appuntando le attenzioni dei Cio e degli It infrastructure manager. “Un’attenzione – avverte Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno – che non è e non deve comunque essere solo concentrata sugli aspetti di eccellenza tecnologica e di rapporto price-performance, ma anche in rapporto alla possibilità di fare rientrare queste tecnologie come elementi in grado di creare un valore unico all’interno di un disegno strategico dello storage in funzione dell’obiettivo dell’It di rendere più flessibili e competitive le aziende”.
Dai dischi magnetici alle memorie a stato solido
Come è emerso dal dibattito con i partecipanti all’evento, le più recenti evoluzioni del business delle aziende conducono tutte alla necessità di un ripensamento delle infrastrutture storage. C’è la clinica in cui sono cresciuti i dati non strutturati da gestire per le attività mediche e per gli obblighi di conservazione. C’è l’azienda del settore fashion dove alla vigilia delle sfilate si deve gestire in modo veloce la produzione di decine di video. C’è il settore pubblico in cui ci si comincia a domandare come mettere a fattor comune informazioni e processi tra amministrazioni diverse. C’è l’azienda di logistica che ha spostato la maggior parte delle applicazioni e dei dati sul cloud, ma non è sempre soddisfatta delle performance dei sistemi del provider.
Da un punto di vista hardware e oggi anche software, secondo Ficagna e Casa, lo storage basato sulla flash technology è quello in grado di soddisfare più esigenze fra quelle segnalate. Partiamo dalle performance. “I dischi magnetici – spiega il Senior Advisor degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – hanno quasi raggiunto i massimi livelli di performance in lettura e scrittura possibili. Per ovviare a questo problema i vendor hanno iniziato a puntare sulle memorie flash”.
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Tco più competitivo e supporto al software-defined
C’è flash e flash, comunque. Sul mercato i clienti possono trovare dalla chiavetta Usb da pochi euro alle più capienti, performanti e affidabili schede di memoria per gli smartphone e le macchine fotografiche, che costano molto di più delle pendrive; infine si passa ai veri e propri array di cosiddetti Solid state disc (Ssd). “Anche in questo caso – interviene Casa – è bene distinguere in base alla qualità delle flash memory e all’architettura del sottosistema. La maggior parte dei vendor di prodotti storage propone sistemi ibridi disco magnetico/array Ssd, dove questi ultimi sono magari di qualità consumer e comunque gestiti come se si trattasse di sottosistemi tradizionali. Ibm e pochi altri competitor, invece, hanno deciso di non utilizzare – almeno per il momento – flash memory di classe consumer, e hanno sviluppato all-flash array, o Afa, che valorizzano al massimo le caratteristiche delle tecnologie flash”. Ficagna fa notare che la crescente richiesta di tecnologie flash storage nel mondo consumer ha portato, da un lato, a una sempre maggiore ricerca di qualità di questi prodotti, mentre dall’altro, i loro prezzi sono fortemente discesi. Sia secondo il ricercatore sia per Casa, considerata l’affidabilità e la durata nel tempo delle flash memory professionali di oggi, e il fatto che questa tecnologia garantisce consumi di energia e di spazio fisico molto inferiori agli hard disc drive (Hdd), la tecnologia flash ha ormai un Total cost of ownership (Tco) uguale o minore dello storage a disco rotante.
Last but not least, anche sui sistemi Afa i vendor si stanno impegnando ad aggiungere funzionalità di “intelligenza”, come le soluzioni automatiche per il tiering dei dati (che consentono di indirizzare quelli acceduti meno di frequente verso tecnologie di archiviazione meno performanti ma più economiche), la deduplica e compressione dei dati e l’integrazione con altri sistemi on-premise e on-cloud in un contesto di automazione e orchestrazione. La flash technology (grazie alle sue peculiarità di performance, costo sempre più interessante, riduzione degli spazi, interoperabilità ecc.) diventa così un pillar sempre più strategico per il software-defined storage (Sds). E quando si parla di ruolo centrale dei dati nella creazione di nuovi modelli di business digitali, e della necessità di avere un’infrastruttura storage che consenta “agilità e flessibilità” (un mantra sentito più volte durante l’evento di ZeroUno) nella gestione e condivisione delle informazioni, il paradigma software-defined diventa un must anche in quest’ambito infrastrutturale. Non è un caso, quindi, che flash e Sds siano fra i primi temi d’interesse dei responsabili e vendor It.