Workload automation: per il business e per l’It

Un incontro organizzato da ZeroUno in collaborazione con Orsyp per analizzare come l’automazione dei carichi di lavoro consenta un controllo end-to-end sui processi operativi tracciandone attività e prestazioni ai fini della maggiore efficienza nell’uso delle risorse infrastrutturali e del massimo livello di servizio nei confronti degli utenti.

Pubblicato il 20 Giu 2014

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Affinché la funzione It possa davvero assumere un ruolo di forza propositiva nel promuovere e innovare lo sviluppo di un’impresa bisogna che prima assolva al compito di garantire l’esecuzione dei processi relativi all’operatività dell’impresa stessa in modo efficace nei confronti del business ed efficiente nei confronti delle proprie risorse. Il problema è che le modalità di esecuzione dei processi operativi oggi sono molto cambiate. Il ‘day-by-day’ non è più fatto da una serie di compiti ben definiti, programmabili in anticipo in modo da distribuirne l’esecuzione nel tempo secondo le risorse disponibili. La nuova impresa agile ed estesa, soprattutto, chiede all’It un’inusitata capacità di pronta risposta ai bisogni di un business sempre più dinamico, i cui processi vanno eseguiti con la massima tempestività. Ciò impone all’It e al suo staff un enorme carico.

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Come dimostra il fatto che nonostante l’adozione di tecnologie di virtualizzazione e di system management e, più recentemente, il ricorso ai servizi cloud, il peso dei compiti operativi resti inchiodato da anni su quel 70% che di fatto frena la capacità dell’It a diventare un motore di progresso.

Per uscire da questa impasse bisogna ridisegnare la programmazione dei processi e dei carichi di lavoro e una possibile soluzione (anzi probabilmente l’unica cui oggi si possa pensare) sta nell’automatizzarne l’esecuzione in funzione delle richieste del business e delle risorse disponibili. Per discutere sul tema, ZeroUno ha di recente organizzato in collaborazione con Orsyp, software house francese presente in Italia dal 1998 e specializzata appunto in Workload automation e Performance e Capacity management, una ‘Tavola Rotonda di Redazione’ intitolata It automation: efficienza di gestione dei carichi di lavoro per l’efficacia dei processi business-critical, che si è svolta lo scorso maggio.

L’It, snodo d’impresa

Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno

Come sottolinea Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, nel presentare la tematica dell’incontro ai partecipanti “bisogna avere una visione di tipo strategico, disegnando una workload automation non solo nei termini di un’efficienza prestazionale ma soprattutto in una dimensione di risposta e di supporto alle variabili del business. È qui che si gioca il vero differenziale competitivo nel fornire servizi a valore”. Il primo a intervenire è Lorenzo Brambilla, Ict Manager di Isagro, che, riallacciandosi alle parole di Uberti Foppa, osserva come l’It debba “essere partecipe della cultura aziendale riguardante il business”. Cosa che può fare “grazie al fatto di essere il punto d’incontro di tutte le funzioni business dell’impresa”. Il concetto è ribadito da Daniele Lanfranchi, Dirigente Ict di Rexel Italia, per il quale l’It deve essere direttamente coinvolto nelle scelte strategiche aziendali facendo realmente propria la cultura dell’azienda; per farlo “il primo punto da affrontare è la revisione dei processi, da compiere lavorando a fianco delle Lob interessate, che spesso, anche a causa di nuovi assetti organizzativi possono non avere una visione chiara dei processi da cui dipendono le loro attività”, mentre l’It, avendo conoscenza trasversale di tutti i processi dell’azienda, può svolgere una importante funzione di coordinamento e allineamento.

Lorenzo Brambilla, Ict Manager di Isagro

Sulla posizione chiave dell’It interviene Emanuele Andrico, It Manager Core Business di Edipower (energia, da poco entrata nel gruppo A2A), che porta l’esperienza positiva di un forte rapporto con il business, “…tale da fare tavoli di lavoro congiunti di progetti business nella cui realizzazione l’It diventa, per il business, una sorta di partner strategico. Questo perché ci si è resi conto che l’unica area all’interno del gruppo che ha una conoscenza orizzontale ed end-to-end dei processi è l’It. Colmare attraverso il lavoro comune il gap di conoscenza tra It e business permette ad entrambe le parti di crescere: l’It in un’ancor maggiore conoscenza dei processi e il business in quella del valore che l’It può dare.”

Tecnologia che aiuta

Daniele Lanfranchi, Dirigente Ict di Rexel Italia

A questo punto Uberti Foppa porta il discorso sulla tecnologia, “che in situazioni complesse come quelle di cui si parla interviene spesso, da un lato come fattore di irrigidimento e dall’altro come driver del cambiamento”. Su questi aspetti risponde Marco Marsilli, manager di una primaria azienda della Gdo, che descrive il ‘riordino’ fatto a suo tempo sul fronte dell’infrastruttura, con un insieme di risorse centralizzate e virtualizzate al servizio di sistemi dedicati alle diverse aree di business. Una ristrutturazione grazie alla quale “…per tre o quattro anni di seguito i costi operativi dell’It si sono ridotti del 10% l’anno e che, liberando risorse, ci ha permesso di creare nuovi servizi”. Tutto bene? Non proprio: “Perché si sono aperti problemi che prima non c’erano. Poiché la virtualizzazione spezza la connessione tra macchine e applicazioni diventa difficile, se si ferma qualcosa, capire dove bisogna intervenire per ripristinare il servizio, a cosa dedicare la massima attenzione, chi mettere in allarme”. Occorrerebbero le note operative, ma né chi si occupa del business né il sistemista hanno mezzo di sapere ciò che va fatto se cade una risorsa.

Emanuele Andrico, It Manager Core Business di Edipower

“Manca un sistema dove inserire queste informazioni, e manca perché chi scrive le note operative dovrebbe mantenere aggiornata una serie d’informazioni tecniche che non conosce. Il sistema giusto – prosegue Marsilli – dovrebbe fare discover. Cioè descrivere i contenuti che il sistemista non sa e cercare su quali macchine si trovino e siano replicati”. Massimo Nichetti, Cio di EuropAssistance, riprende il problema posto da Marsilli con una storia analoga d’infrastruttura virtualizzata. Nel caso è stata utile l’adozione di un Cmdb (configuration management data base): “Che ci ha aiutato a passare dal concetto di applicazione a quello di servizi di business sui quali mappare l’infrastruttura tecnologica. In caso di problemi su un servizio possiamo sapere dal Cmdb com’è organizzato, quali e di che tipo sono i server attivi e così via”. Interessante poi, in quanto particolare, l’esperienza di Fabrizio Pomodoro, Cio di SicurItalia, che si è trovato a organizzare i processi di un’azienda il cui business è ‘esploso’ passando in pochi anni da 200 a più di 5.500 persone.

Marco Marsilli, manager di una primaria azienda della Gdo

“C’era un’infinità di applicazioni, ma pochissima documentazione. La soluzione, dopo un anno passato a ridisegnare i processi su carta, è stata una drastica riduzione delle applicazioni dedicate, i cui servizi sono stati portati su un Erp fortemente strutturato quale è Sap. E in questo passaggio si sono mappati i processi aziendali, riuscendo ad averne un’adeguata conoscenza e controllo. Resta indipendente – aggiunge Pomodoro – il sistema di telefonia, che in un’azienda che gestisce allarmi è l’applicazione critica per eccellenza, non potendo assolutamente andare fuori servizio, e per la quale le operazioni di manutenzione e adeguamento seguono un processo speciale”.

Processi e persone

Massimo Nichetti, Cio di EuropAssistance

In tema di tecnologia entra a questo punto la visione del fornitore. Cristina Sarnacchiaro, General Manager di Orsyp, ricorda come “…proprio nelle tipiche situazioni di ‘n’ silos con ‘n’ gruppi di lavoro, senza nulla di documentato né policy definite, abbiamo potuto constatare che implementare un sistema di workload automation, inizialmente forza la mano all’It ma poi si rivela una soluzione molto efficace. I responsabili vengono finalmente ad avere non solo una visione d’insieme a livello tecnologico, o di cruscotto, ma soprattutto a livello di reportistica, dove tutto è documentato”. Da notare, su questo punto, come documentare tutto l’andamento di un processo risponda anche ai problemi di conformità normativa:

Fabrizio Pomodoro, Cio di SicurItalia

“Per molti clienti – dice Sarnacchiaro – la ragione principale per dotarsi di una soluzione di workload automation è stata proprio la necessità di rispondere a un audit e dover dimostrare di avere il controllo dei processi”. Sul ruolo dell’It automation interviene anche Alessandro Zanetti, che di Orsyp è Solution Architect: “Non c’è più – dice – il super esperto di un database, un’applicazione o un sistema da cui dipendere, ma uno strumento che, come si è detto per le note operative, allinea le informazioni ai sistemi e ci dà, indipendentemente da dove si trovi la macchina e da quali sistemi operativi e quali applicazioni siano usati, una visione di flusso che dice esattamente ciò che succede e con quale risultato. E soprattutto – osserva ancora Zanetti – che collega le azioni agli eventi e non alla manutenzione programmata”. Cosa fondamentale nella gestione dei processi più critici per l’impresa.

Cristina Sarnacchiaro, General Manager di Orsyp

L’accenno al superamento della dipendenza da parte di esperti in questo o quel processo o tecnologia innesca, come sempre quando si parla di riorganizzazione dei processi It, il problema del cambiamento del modus operandi, e quindi di mentalità, che si chiede alle persone. Non è un problema da poco, specialmente quando, come osserva Lanfranchi (Rexel), un progetto rende superflua l’attività di persone dello staff o mette in crisi figure professionali di livello superiore, per le quali, dice Brambilla (Isagro):

Alessandro Zanetti, Solution Architect di Orsyp

“Bisognerebbe essere un po’ psicologi per portarle a cambiare il modo di lavorare salvandone le eventuali competenze e capacità”. Nella maggior parte dei casi, però, c’è il rischio che l’auspicabile liberazione di risorse da dedicare a nuovi compiti si traduca, complice l’incessante corsa al risparmio, in una pura e semplice riduzione del personale. Un rischio aggravato, come osserva Nichetti (EuropAssistance), dal fatto che le risorse ‘liberate’ non sempre sono adeguatamente qualificate per i compiti cui si potrebbero reimpiegare (e riqualificarle costa). Purtroppo la gestione delle persone è un problema, anche etico, che il Cio deve considerare ma non può certo risolvere da solo. Come osserva pragmaticamente Sarnacchiaro (Orsyp): “Non spetta all’It fare le strategie aziendali”.

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