Obiettivo: evitare che la crisi sanitaria in corso in tutto il mondo si traduca anche in una crisi della sicurezza IT personale e del business. Come? Preparandosi al cosiddetto “new normal” che si stabilirà quando la pandemia globale di Covid-19 si sarà risolta da un punto di vista medico. “Che si passi da una situazione pandemica una cyber pandemic il rischio esiste” ha detto Gil Shwed, fondatore e CEO di Check Point, una delle aziende mondiali leader nel settore della cyber security aziendale e pubblica nel suo keynote all’evento Check Point <SECURE>, il primo del vendor rivolto ai clienti italiani tenutosi in modo esclusivamente virtuale. “Le pandemie biologiche – ha aggiunta fra l’altro Shweb – crescono nel giro di pochi giorni: quelle cyber lo fanno in pochi secondi, come abbiamo già visto con WannaCry, sfruttando vulnerabilità di software e protocolli aperti”.
Verso una modalità ibrida fra passato e presente
Prima di passare ai rischi e alle proposte di Check Point per prevenire gli effetti di possibili cyber pandemic, in vari interventi a Check Point <SECURE> si è ricordato come la maggior parte delle aziende si è comportata all’esplodere della diffusione del coronavirus Sars-CoV-2. “Dall’inizio della pandemia – ha sintetizzato Marco Urciuoli, country manager di Check Point Italia – si è assistito a uno spostamento della forza lavoro in smart working. Quindi è aumentata la consapevolezza dell’importanza della customer-centricity e dell’empatia verso clienti, un aspetto che, di solito, si consolida attraverso gli incontri di persona. Un terzo effetto è stata una crescita esponenziale dell’attenzione verso la trasformazione digitale. Secondo una nostra ricerca, il 96% dei responsabili IT ritiene che molti cambiamenti attuati per far fronte alla crisi sanitaria resteranno anche nel new normal. Più nel dettaglio, il 33% sostiene che non ci saranno marce indietro, mentre il 66%, in cui mi iscrivo anch’io, crede che torneremo ad incontrarci di persona, ma che si instaurerà una modalità ibrida fra gli approcci pre-pandemia e i cambiamenti avvenuti”.
Una trasformazione digitale accelerata e ‘just do it’
Quindi Urciuoli è passato ad analizzare più da vicino l’impatto che le scelte organizzative e business aziendali hanno avuto sull’IT. “Con il ricorso allo smart working è aumentato l’acquisto di soluzioni per mettere in sicurezza l’accesso da remoto quali le VPN . Ma un conto è gestire una percentuale limitata di smart worker che alternano telelavoro e lavoro in presenza, un altro è farlo con la quasi totalità dei dipendenti”. Ad un’aumentata complessità della gestione del remote access, si è aggiunta quella legata al ricorso esponenziale ai “tool di collaborazione, al cloud e ai device mobili. Si è vista una trasformazione accelerata e affrontata, il più delle volte, all’insegna del ‘just do it’, o ‘fallo e basta’, che non va quasi mai molto d’accordo con la sicurezza”.
Un approccio alla security consolidato
In questo nuovo contesto, e in vista di altri futuri, Check Point punta sulla sensibilizzazione verso i rischi e l’esigenza di un approccio ‘consolidato’ (per cui il vendor propone anche la sua architettura Check Point Infinity). “Nel primi tempi della pandemia – ha fatto notare David Gubiani, Regional Director SD Emea Southern – i tool di security sono stati messi un po’ da parte, o meglio aggiunti in un secondo tempo. Ma si è assistito a un’impennata del phishing, che porta i dispositivi degli utenti a diventare parti di botnet, con cui gli hacker sferrano attacchi come la diffusione di malware quali i ransomware, che oggi vengono utilizzati anche per compiere Double Extortion: prima ti rubo i dati e poi ti minaccio di diffonderli”.
La visione della sicurezza di Check Point punta su un’accresciuta protezione degli accessi remoti: “Prima della pandemia, le aziende non consentivano l’accesso si sistemi OT, o operational technology da casa, e l’IP, intellectual property, restava fra i perimetri aziendali”, ha fatto notare il Ceo di Check Point). Una protezione che si affianca al mettere in sicurezza l’uso dei cloud pubblici (con la soluzione API-based Check Point CloudGuard SaaS) e a puntare sulla prevenzione attraverso la formazione e a sistemi di machine learning che rilevano le anomalie. Il tutto cercando di accompagnare gli utenti anche ad affrontare al meglio le sfide che sorgeranno con l’avvento del 5G.