Misure di sicurezza insufficienti sul fronte dei dispositivi IoT connessi generano rischi dal punto di vista di attacchi denial of service (Dos) e distributed denial of service (Ddos).
Secondo i dati riportati nell’Executive’s Guide di Dimension Data dell’Ntt Security Global Threat Intelligence Report 2017 (basata sui dati raccolti da Ntt Security e dalle altre società di Ntt, tra le quali Dimension Data, relativi alle reti di 10mila clienti, 3,5 trilioni di security log e 6,2 miliardi di tentati attacchi e agli honeypot e le sandbox globali situati in 100 paesi differenti) questo rischio è reale, perché nel 2016 il numero di attacchi di tipo Dos e DDos proprio nell’ambito IoT è raddoppiato dal 3 al 6%.
Gli attacchi DDos che sfruttano i dispositivi IoT possono avere diverse tipologie di impatto sulla normale operatività di aziende ed organizzazioni, per esempio: impedire a clienti, partner e altre parti interessate di accedere alle risorse Internet delle proprie organizzazioni, con conseguenze sulle vendite e altre operazioni quotidiane; ostacolare dipendenti e sistemi interni nel loro accesso a Internet, interrompendo molti aspetti operativi; colpire le organizzazioni che forniscono servizi tramite Internet, con ripercussioni sull’intera supply chain.
In particolare, i sensori honeypot hanno monitorato a livello mondiale i cyber attacchi che hanno coinvolto i dispositivi IoT per un periodo di 6 mesi. Sulla base delle tecniche di attacco utilizzate dai cyber criminali è stato possibile determinare che il 66% degli attacchi erano rivolti a dispositivi IoT specifici, come per esempio, un particolare modello di videocamera. Questi attacchi provenivano da dispositivi IoT compromessi con lo scopo di rilevare e violare altri dispositivi simili. Questa strategia è coerente con le tipiche modalità operative di un cyber criminale con lo scopo di realizzare delle botnet di dispositivi compromessi pronti a essere utilizzati per l’esecuzione di attacchi DDoS di vasta scala.
Tra i dati relativi agli attacchi Iot è interessante notare che di tutti gli attacchi IoT, il 60% proviene dall’Asia, il 21% si registra all’interno della regione Emea e un altro 19% nelle Americhe. La ragione più probabile dell’elevato volume di attacchi provenienti dall’Asia è attribuibile al contesto specifico di questa area caratterizzata da infrastrutture di telecomunicazioni vulnerabili e che si prestano ad essere sfruttate dai cyber criminali per perpetrare i propri attacchi.