Quando si parla di cyber security si pensa ai rischi che corrono le grandi banche, le amministrazioni pubbliche o i sistemi industriali sempre più connessi e automatizzati. Ci sono però altri ambiti dove le tecnologie hanno un elevato impatto sulle persone e, accanto a indubbi benefici, portano con sé rischi meno noti ed esplorati ma forse più pericolosi. È il caso dei rischi legati all’identità biometrica, un campo dove il progresso tecnologico ha consentito notevoli avanzamenti nella ricerca, esponendo però le persone a rischi poco percepiti ma lesivi per ogni individuo.
Un fattore di autenticazione “sensibile”
L’autenticazione biometrica (Face ID, Touch ID, riconoscimento vocale) rappresenta la chiave d’accesso sempre più diffusa ai conti bancari, agli account di pagamento ed ai profili social, ma è assai poco tutelata.
Rischi ancora maggiori possono derivare da dispositivi che fanno parte in modo permanente delle persone come pacemaker, defibrillatori, o gli impianti per la somministrazione dell’insulina. Un caso emblematico è quello dell’artista anglo-spagnolo Neil Harbisson che soffre dalla nascita di acromatopsia (incapacità di “vedere i colori”) e che grazie a un trasduttore impiantato in modo permanete nel cranio, un’antenna con fibra ottica, riesce a interpretare i colori in termini di onde sonore.
“Neil Harbisson rappresenta iconicamente l’integrazione fra tecnologia e uomo, testimone vivente del cyber hacking”, sottolinea Edwin Maria Colella, Chief Sales & Marketing Officer di Wallife, azienda insurtech che punta a proteggere gli individui da rischi finora poco conosciuti. E ricorda che Harbisson per primo è riuscito ad avere sul passaporto la foto con antenna, a dimostrazione del fatto che fa parte integrante della sua persona.
Harbisson è testimonial dell’azienda insieme a Kevin Warwick, noto per i suoi studi sulle interfacce tra i dispositivi informatici e il sistema nervoso umano. Questa tecnologia, utilizzando gli stimoli elettrici che provengono dal cervello, raccolti dal computer, li trasforma in comando meccanici per muovere, ad esempio, una mano artificiale. Un approccio analogo è seguito da Neuralink, azienda che ha Elon Musk fra gli investitori, e sviluppa la sua ricerca per consentire di controllare il computer o qualunque dispositivo connesso direttamente attraverso il cervello, grazie all’impianto di interfacce neurali invisibili dall’esterno.
Queste tecnologie, connesse per una serie di necessità (teleassistenza, telemedicina, raccolta dati per manutenzione preventiva) se da un lato migliorano, già oggi e in prospettiva, la vita delle persone, dall’altro presentano notevoli criticità in termini di sicurezza ed espongono gli utenti ad attacchi e possibili ricatti informatici. “La nostra mission è individuare e mitigare il rischio che la tecnologia porta con sé in questi ambiti, insieme a grandissimi benefici”, aggiunge Colella.
Aree inesplorate e soluzioni innovative
Altri ambiti individuati da Wallife sono il metaverso, che presenta rischi di furto di immagini. In collaborazione con Deloitte, l’azienda sta per lavorando per la protezione del gaming, mercato dove tre piattaforme (Fortnite, Minecraft, Roblox) concentrano 500 milioni di utenti con una media di investimento 50 euro l’anno per “accessori” al gioco che restano disponibili nel profilo. Anche le migliaia di digital creator professionisti in Italia sono un target appetibile visto che il furto delle loro credenziali può bloccare la loro attività.
Un ulteriore area individuata da Walllife è health e genetica, una nicchia a cui l’offerta si rivolge, inizialmente con prodotti per la protezione nel campo della crioconservazione del cordone ombelicale, estesa poi a ovociti e seme. Il furto di materiale biologico può esporre a rischi e ricatti persone che, per diverse ragioni, come ad esempio una terapia contro il cancro che può avere impatti sulla fertilità, decidono di conservare seme o ovociti, in vista di una successiva maternità o paternità.
Walllife, fondata nel 2020, è probabilmente l’unica azienda nel campo della protezione informatica che coniuga la componente assicurativa, con Wallife Insurance S.r.l., che si occupa dello sviluppo e commercializzazione delle polizze assicurative, con quella tecnologica, con Wallife Tech AG, che si occupa dell’implementazione di infrastrutture tecnologiche a supporto delle soluzioni assicurative.
Sulla base di questa idea ha raccolto oltre 16 milioni di euro di finanziamenti in due round (fra il 20 e il 22), il secondo dei quali guidato da VC United Venture. Nel complesso hanno concorso circa 40 finanziatori fra cui Nerio Alessandri, fondatore e presidente di Technogym, Antonio Assereto, Proximity Capital, Andrea Dini, di Aptafin, Gellify, Azimut Digitech Fund.
A chi si rivolge la protezione?
L’obiettivo di Wallife è intercettare un segmento di mercato nel campo della protezione dell’identità, destinato a crescere. Si stima che oltre 900 milioni di individui nel mondo abbiano subito un attacco hacker nell’ultimo anno e che siano state rubate o violate un miliardo e cento milioni di identità digitali, con conseguenti furti per oltre 170 miliardi di dollari. L’offerta si muove però soprattutto in una logica B2B anche se non esclude come target la singola persona. Un esempio tipico è la collaborazione con Infocert, la più grande Autorità di Certificazione europea e gestore accreditato AgID dell’identità digitale in ambito SPID, che propone una protezione supplementare Wallife ai suoi clienti.
Il prodotto assicurativo in questione è Wallife® Biometrics ID in grado di proteggere i dati sensibili legati alla vita online dell’individuo, assicurando l’identità biometrica digitale, prevenendo il rischio e mitigando il danno. La soluzione aiuta a mantenere i dispositivi digitali dell’assicurato sicuri tramite una tecnologia proprietaria che individua le minacce (malware, phishing, trojan, siti non sicuri, accessi Wi-Fi non protetti, man-in-the middle) e offre un rimborso in caso di furto di identità digitale, per rendere la navigazione online sicura e verificata.