Secondo la ricerca, nel corso dell’ultimo anno circa metà delle imprese ha subito attacchi al proprio data center. Il 70% degli intervistati ha ammesso che i dati sottratti non erano crittografati, e questo nonostante l’82% di loro abbia dichiarato che l’utilizzo di sistemi di crittografia avrebbe potuto mitigare i rischi. Da questi dati risulta evidente che si fa troppo poco per ridurre la vulnerabilità dei data center, a meno che non sia costretti da un senior management particolarmente scrupoloso o dalle normative.
Ciononostante “la quantità di informazioni sensibili continua a crescere in modo sempre più rapido”, afferma Jon Oltsik, senior analyst di Enterprise Strategy Group. “Nell’ambito dello storage – continua – le esigenze di sicurezza e di privacy richiedono un approccio architetturale che si estende all’intera impresa, ai dati archiviati, e che comprenda la gestione end-to-end tra differenti fabric”.
Gli fa eco Mike Murphy, Director of Marketing Emea di Brocade: “I dati maggiormente critici per le aziende sono quelli presenti nei data center e necessitano di una solida strategia di sicurezza fabric-based per prevenire attacchi potenzialmente dannosi”. Proprio di recente, Brocade ha rilasciato soluzioni di crittografia e di gestione che possono essere implementate nello storage fabric e applicate a specifici flussi di dati. Secondo i portavoce della società, inoltre, queste tecnologie supportano numerosi sistemi di networked storage, comprese librerie a nastro virtuali e tape drive.
Dati cruciali a prova d’attacco solo in un’azienda su tre
La maggior parte dei dati sensibili sono memorizzati nei data center, oltre tre quarti dei responsabili It è conscia della necessità di proteggerli con sistemi di crittografia, ma finora si è fatto molto poco in questo senso. Sono le principali scoperte effettuate durante un’indagine commissionata da Brocade e che ha interessato 4500 decisori It di aziende situate in Inghilterra, Germania e Francia.
Pubblicato il 10 Mar 2009
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