Ancora troppo spesso gli impiegati delle aziende italiane non considerano correttamente il tema della sicurezza informatica, quindi le imprese nostrane corrono il serio rischio di una fuga di dati sensibili. È quanto emerge da una recente ricerca promossa da Sharp.
Circa il 23% degli intervistati ha dichiarato di condividere file su spazi non protetti anche senza l’approvazione dell’azienda, il 34% di ignorare il protocollo ufficiale e di portare a casa il lavoro da completare (media europea 29%).
Un hardware difficile da usare può essere un elemento negativo per le imprese italiane, circa il 53% degli impiegati (media europea 39%) afferma, infatti, di utilizzare i propri dispositivi – più semplici da utilizzare – per connettersi alla rete aziendale. Il dato arriva al 58,5% e al 56% se si prendono in considerazione rispettivamente i millennials (i nati dopo il 1982) e chi lavora nella divisione IT (media europea circa 47% per entrambe le categorie).
D’altra parte, però, è emerso che il 10% di chi ha risposto al questionario ha affermato di avere avuto accesso a informazioni riservate che non avrebbe dovuto conoscere.
“Se si considera inoltre – come ha fatto notare Carlo Alberto Tenchini, Direttore marketing e comunicazione Sharp Italia – che oggi il 75% dei dipendenti lavora da remoto e l’81% degli impiegati accede a documenti di lavoro quando è in viaggio, le imprese devono essere al passo con i dipendenti. È compito dell’azienda trovare il giusto equilibrio tra il nuovo modo di lavorare e la condivisione sicura dei dati”.
I rischi non sono limitati soltanto all’informazione digitale; il 57% degli impiegati afferma che i colleghi lasciano le stampe nel vassoio della stampante, con un significativo incremento della possibilità che i documenti vengano letti dalle persone sbagliate.
Il sociologo Domenico De Masi ha analizzato il fenomeno sotto una duplice chiave “la constatazione che il 75% dei dipendenti lavora da remoto e l’81% degli impiegati accede a documenti di lavoro quando è in viaggio dimostra che finalmente il telelavoro e lo smart work sono diventati modalità organizzative adottate dalla maggioranza dei lavoratori. Eppure la disinvoltura, dimostrata dai risultati della ricerca, con cui vengono trattati i dati senza le dovute cautele di privacy induce a pensare che abbiamo adottato queste modalità senza la necessaria formazione. Ne deriva una pericolosa fuga di notizie e la necessità di monitorarla costantemente fin quando i lavoratori non saranno diventati esperti telelavoratori”.