Esercitarsi nelle previsioni su possibili futuri in qualsiasi settori è uno degli sport preferiti dalle aziende all’inizio di ogni nuovo anno; quelle delineate da Alessio Aceti, CEO di Sababa Security, sono però decisamente originali. Il co-fondatore della società di sicurezza informatica, infatti, ha azzardato una “visione” di quello che sarà il panorama dell’IT (e della sicurezza informatica) nel 2025. Per il settore informatico, si tratta di un’era geologica.
L’occasione è stata quella della presentazione ufficiale di Sababa Security (ne abbiamo parlato in questo articolo), in cui Aceti ha concluso la presentazione della startup con una carrellata su ciò che potrà accadere nei prossimi anni, partendo da quella che lo stesso esperto di sicurezza ha definito una “rivoluzione dal basso”.
Il ragionamento, infatti prende le mosse da come è cambiato il concetto stesso di “azienda”, che oggi è declinato secondo una logica estremamente informale e differente da quella a cui sono abituati gli operatori del settore: “Le nuove imprese si sviluppano sfruttando infrastrutture innovative” ha spiegato Aceti. “Sempre più spesso fanno riferimento a una struttura leggera, che è affidata all’iniziativa individuale e si evolve senza una pianificazione centralizzata”.
Il ragionamento, che lo stesso Aceti collega a una sorta di “ricognizione sul campo” effettuata tra le imprese che condividono gli spazi vicini a Sababa Security (la nuova sede si trova in uno spazio di co-working nell’effervescente quartiere milanese di Isola), prende le mosse dal fatto che i nuovi soggetti nel mondo dell’IT adottano in maniera intensiva le logiche dello smart-working e sfruttano servizi individuali basati su tecnologie cloud estremamente decentrate: “Nessuna delle società che operano in questo edificio hanno un server fisico” spiega Aceti. “Sotto questo punto di vista ci troviamo di fronte a un vero e proprio ribaltamento dei paradigmi a cui siamo abituati”.
L’analisi, a ben vedere, segue una logica ferrea, derivata da due fattori. Il primo è determinato dagli stessi lavoratori, che “nascono” nella logica dello smart-working e della mobilità come condizione normale di lavoro, in cui è frequente sfruttare un qualsiasi luogo pubblico dotato di rete Wi-Fi.
In una non-struttura del genere, la maggior parte delle appliance e degli strumenti che abbiamo imparato a conoscere come fattori abilitanti del lavoro in mobilità non servono. Se non esiste una struttura centrale a cui fare riferimento, impegnarsi per collegare i lavoratori in mobilità ai sistemi aziendali non ha infatti senso. Più probabile, secondo il CEO di Sababa Security, che si sviluppino strumenti di controllo per i notebook simili a quelli che oggi vengono usati per il Mobile Device Management.
Il secondo fattore riguarda i canali di vendita: la maggior parte delle aziende, oggi, per le soluzioni di sicurezza si rivolge al rivenditore che gli fornisce hardware e infrastrutture.
Nelle nuove startup, però, non succede nulla di tutto questo. Le imprese di nuova generazione sono composte da liberi professionisti i cui strumenti di lavoro si limitano, di norma, a un notebook (spesso acquistato online) e a una connessione a Internet.
Questo significa, secondo Aceti, che i canali di vendita sono destinati a cambiare radicalmente. Ma come? Una possibilità è che la prospettiva si ribalti e offerta e domanda si incontrino sulla base dei servizi a cui fanno riferimento, portando i professionisti a selezionare caso per caso i fornitori che servono loro.
Insomma: lo sviluppo del lavoro “smart” sarebbe destinato a cambiare forma e sostanza del mercato della cyber-security nel giro di poco tempo. Chi opera nel settore dovrà sapersi adattare.