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Il voto elettronico: un’opportunità digitale per la fiducia nel processo democratico

Il voto elettronico potrebbe rendere le procedure elettorali più eque e consentire ai Governi di incrementare la fiducia dei cittadini nel processo democratico? In che modo è possibile evitare brogli elettorali ed eventuali attacchi informatici volti ad alterare gli esiti delle votazioni?

Pubblicato il 06 Giu 2017

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Il voto elettronico e le tecnologie digitali a supporto del processo democratico alla vigilia delle prossime elezioni italiane riportano sul tavolo un tema importante di evoluzione dell’informazione.

Mentre nel Bel Paese 6 abitanti su 10 sono ormai omnicanali, il prossimo undici giugno chi si recherà alle urne troverà ad aspettarlo il tradizionale sistema carta e matita. 

Il dibattito sul voto elettronico come metodo alternativo alla classica scheda elettorale cartacea non è solo legato all’efficienza di una tracciabilità e di un controllo più efficaci  rispetto ad errori e possibili manipolazioni. L’argomento importante è anche la comodità di poter votare in una chiave più vicina alle abitudini dei cittadini.

Nell’ultima consultazione referendaria dello scorso aprile, ad esempio, solo il 31% degli aventi diritto si è recato a votare. Gli analisti registrano una generale disaffezione alle ultime elezioni di Camera e Senato in cui solo il 75% della popolazione ha espresso la propria preferenza.

In questa tornata, esprimere la propria preferenza sulla composizione di oltre mille consigli comunali in tutto il Paese apre la strada a qualche riflessione sul se e come tutto ciò possa essere superato con le tecnologie che abilitano il voto elettronico.

Voto elettronico e sicurezza informatica

Giovanni Verhaeghe, Director Market & Product Strategy di Vasco Data Security

“Sul tema, naturalmente, le principali questioni sono inerenti alla sicurezza informatica – spiega Giovanni Verhaeghe, Director Market & Product Strategy di Vasco Data Security, per quanto riguarda la possibilità di brogli elettorali e di eventuali attacchi informatici volti ad alterare gli esiti delle votazioni, e all’accertamento dell’identità degli elettori. Ne sono un esempio le numerose polemiche che, su entrambi i fronti politici, hanno caratterizzato le elezioni negli Stati Uniti dello scorso anno: infatti i reclami hanno riguardato tanto presunte manipolazioni dei risultati da parte di hacker russi, quanto possibili frodi con protagonisti elettori in grado di votare in più Stati o voti riconducibili a persone decedute. Purtroppo in tutti i dibattiti sulla sicurezza o meno del voto elettronico, i vantaggi tendono ad andare in secondo piano e questi episodi, veri o presunti che siano, hanno l’effetto di minare la fiducia degli elettori nel processo democratico”.

Di fronte a notizie di frodi o di hacking elettorali la reazione è vietare completamente il voto elettronico a favore di processi manuali collaudati. Per citare solo un esempio, lo scorso marzo in occasione delle elezioni parlamentari olandesi il governo aveva deciso di contare manualmente tutte le preferenze espresse, dopo l’allarme lanciato dagli esperti in relazione al rischio concreto che il software per il conteggio dei voti fosse vulnerabile ad attacchi hacker. Una scelta a doppio taglio: non a caso, le autorità locali lamentarono l’aumento dei costi e la possibilità di risultati meno accurati a causa di errori umani. Questa obiezione contraria al ritorno a vecchi metodi vale anche per la prevenzione delle frodi elettorali: quante più sono le azioni manuali necessarie a completare il processo, tanto maggiori sono le opportunità di commettere brogli.

Eppure, rispetto a tutte queste argomentazioni, ce n’è una molto semplice da formulare: la tecnologia giusta ed efficace per rendere sicuro il voto elettronico o digitale esiste già ed è addirittura in uso presso aziende, organizzazioni e anche istituzioni governative.

La crittografia è la chiave

“Nel contesto delle elezioni democratiche, la crittografia può essere molto rilevante – prosegue Verhaeghe -. Poiché molti cittadini possono sentirsi a disagio al momento del voto online, il primo passo nella digitalizzazione del processo dovrebbe avvenire nella cabina elettorale. Questo a sua volta significa che i dati di voto devono essere mantenuti separati da chi si è presentato al seggio (al fine di evitare l’associazione dei voti con specifici elettori) e che entrambe le serie di dati devono essere criptate, sia sul dispositivo di votazione che su qualsiasi altro supporto in cui essi vengano trasferiti per finalità procedurali (come il conteggio automatico). Il rischio principale, qui, è che gli hacker possano accedere ai dati e modificarli per influire sul risultato finale. Se i dati sono fortemente crittografati e le chiavi sono conservate al sicuro, i rischi di manipolazione scendono a livelli minimi. Una seconda preoccupazione riguarda l’identità dell’elettore, ossia la certezza che egli sia chi dichiara di essere. Un processo di identificazione basato su misure ormai consolidate come l’autenticazione a due fattori e la crittografia dei dati darebbe ampie garanzie in tal senso. Con l’adozione dell’autenticazione a due fattori, in sostanza l’identità non è solo una questione digitale ma richiede anche una componente fisica, sotto forma di token o altro dispositivo in possesso esclusivo del titolare dell’identità. In questo modo, il semplice furto di credenziali e di informazioni personali non è sufficiente a falsificare un’identità. Questo comporta che hacker e truffatori avrebbero parecchie difficoltà nel riuscire a presentarsi digitalmente nelle vesti di qualcun altro”.

La conclusione di questa breve disamina è che la tecnologia con la quale rendere adeguatamente sicuro il voto elettronico è già disponibile. I vantaggi sono quelli dell’efficienza automatica ma anche di una sicurezza dei processi tale da rendere le procedure elettorali più eque e consentire ai Governi di diverse parti del mondo di incrementare la fiducia dei cittadini nel processo democratico.

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