Alla base della strategia della Commissione Europea di aprire il patrimonio informativo pubblico all’interno della strategia per realizzare il Digital Single Market c’è il riconoscimento del valore del dato, aperto e disponibile, come bene comune, per la creazione di prodotti e servizi utili alla comunità e all’economia. L’apertura del mondo dei dati ha come condizione l’attenzione alla tutela dei diritti delle persone, come dimostrano una serie di iniziative europee fra cui il regolamento GDPR, il regolamento sulla circolazione dei dati non personali, il Cybersecurity act, la stessa Direttiva sugli Open Data e diversi regolamenti settoriali.
La visione e la strategia europea per i dati
La scelta della Commissione si basa sulla convinzione che, grazie ai dati, sia le imprese e sia il settore pubblico possano prendere decisioni migliori e cogliere le opportunità offerte dai dati per il bene sociale ed economico. I dati, a differenza della maggior parte delle risorse economiche, possono infatti essere replicati a costo quasi nullo e il loro uso da parte di una persona o di un’organizzazione non impedisce l’uso simultaneo da parte di altri. Per liberare questo potenziale, andando a creare valore per l’economia e la società, è necessario garantire un migliore accesso ai dati e il loro utilizzo responsabile.
L’UE punta a creare un ambiente politico attraente in modo tale che, entro il 2030, la sua quota nell’economia dei dati corrisponda almeno al suo peso economico. La scelta della creazione un data space europeo, un vero mercato unico per i dati, aperto ai dati provenienti da tutto il mondo, in cui i dati personali e non personali, compresi i dati aziendali sensibili, siano sicuri, può mettere a disposizione delle imprese una una quantità pressoché infinita di dati di alta qualità.
D’altra parte anche l’accesso e il riuso di dati di organizzazioni private da parte organismi pubblici (B2G) per scopi di pubblico interesse è preso in considerazione e valutato importante per dare risposte più mirate, ad esempio in caso di epidemie (COVID-19 docet), per supportare una migliore politica per la pianificazione urbana o per una strategia di salvaguardia ambientale. Anche per quanto riguarda la condivisione a livello europeo di dati in logica B2G va definita una governance condivisa, regole di trasparenza e di coinvolgimento dei cittadini, modelli operativi, strutture e strumenti tecnici.
Il mercato dei dati
La strategia europea punta sulla data data-driven innovation per lo sviluppo economico e la creazione di lavoro, grazie alla condivisione fra grandi aziende, PMI, startup e settore pubblico, considerando la crescita impetuosa dei dati, detenuti da organizzazioni pubbliche e private, raccolti on-line, generati da dispositivi IoT, elaborabili da strumenti di analisi Big Data e applicazioni basate su AI.
Le stime indicano una moltiplicazione per 5 dei dati, dai 33 zettabyte del 2018, a livello globale, ai 175 zettabyte, previsti per il 2025, e nuove modalità di gestirli, capovolgendo le attuali quote dall’80% in strutture centralizzate, all’80% di elaborazioni locali legate a oggetti intelligenti connessi.
La UE punta a gestire una parte di questo patrimonio di dati che rischia di essere fagocitato da giganti come Usa e Cina, vista la scarsa competitività attuale dei singoli attori nazionali europei.
Il valore della Data Economy per l’UE a 28 (prima della Brexit) era stimato nel 2018 oltre 300 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 12% rispetto all’anno precedente, e un impatto sul Pil globale del 2,6%. L’economia dei dati è valutata considerando la generazione, la raccolta, la conservazione, l’elaborazione, la distribuzione, elaborazione di analisi, il delivery, lo sfruttamento dei dati abilito dalle tecnologie digitali.
Le stime previsionali per il 2025 (che non tengono conto dell’impatto COVID-19 sull’economia) indicano una quasi triplicazione del mercato rispetto al 2018 tale da sfiorare 830 miliardi di euro, il 5,8% del Pil dell’Unione. Raddoppierebbero anche i professioni dei dati (da 5,7 milioni del 2018 a 10,9 milioni del 2025) e aumenterebbero le competenze digitali di base della popolazione dal 57% al 65% al 2025.
Linee guida per l’attuazione
Per sfruttare queste opportunità la Commissione ha illustrato – COM(2020)66 – le norme di accesso e utilizzo (con relativi incentivi) per l’interoperabilità e lo scambio transfrontaliero, che prevedono l’applicazione delle norme europee sulla privacy, sulla tutela dei dati personali e sul diritto alla concorrenza.
Le azioni previste dalla Commissione si basano su quattro pilastri:
- l’istituzione di un quadro di governance intersettoriale per l’accesso ai dati e il loro utilizzo per creare un quadro globale ed evitare una dannosa frammentazione del mercato interno causata da azioni incoerenti tra i settori e gli Stati membri;
- abilitatori, grazie a investimenti nel rafforzamento delle infrastrutture e delle capacità europee per l’utilizzo, l’interoperabilità, l’elaborazione e la conservazione dei dati;
- competenze, con azioni di empowering delle persone e investimenti negli skill e nelle Pmi;
- spazi dati comuni in settori e domini strategici per l’interesse pubblico, come dati industriali e manifatturieri, Green Deal, dati su mobilità, sanità (che auspichiamo avrà un’accelerazione), finanza, energia, agricoltura, pubbliche amministrazioni e competenze.
Per ciascun pilastro sono indicate azioni chiave, tempistiche e investimenti. Per il punto 2, per il quale è pianificata una prima fase di attuazione entro il 2022, sono ad esempio previste architetture per la condivisione dei dati e i meccanismi di governance, la federazione europea di infrastrutture cloud efficienti. Ad abilitare l’attuazione, investimenti complessivi di 4-6 miliardi di euro, di cui 2 miliardi direttamente dalla Commissione.
Quali sfide?
Permangono tuttavia alcune criticità per la concretizzazione a livello europeo della data economy e per la sua capacità di essere competitiva con mercati come quelli americani e cinesi, che presentano grandi differenze strutturali, innanzi tutto un diverso approccio alla tutela dei dati personali, alla privacy e al diritto degli interessati a controllarne l’utilizzo. Questo aspetto, al di là della sacrosanta riaffermazione dei principi europei, sarà una sfida da vincere in concreto andando a definire modelli e soluzioni in grado di realizzare una reale governance.
Ulteriori sfide saranno da un lato la definizione e l’affermazione di standard per l’interoperabilità e la qualità dei dati, dall’altro la concretizzazione di un’infrastruttura cloud europea e del suo controllo, in presenza del predominio di operatori di servizi prevalentemente non europei.