Dal 5 luglio il “pacchetto digitale” europeo è realtà e rivoluzionerà le dinamiche di questo mercato all’interno di tutta dell’Unione Europea. Il Parlamento ha infatti dato il via libera definitivo all’intesa sul Digital Services Act (DSA) e sul Digital Markets Act (DMA), le due leggi gemelle tanto discusse, ideate per rafforzare lo Stato di diritto e tutelare lo spazio dell’informazione su tutto il territorio comunitario.
Ora i testi dovranno essere adottati formalmente dal Consiglio e successivamente pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE, per l’entrata in vigore nei vari Paesi Membri.
Si apre così un nuovo capitolo per utenti, developer, aziende, PA e provider del mondo digitale. Si conclude, allo stesso tempo, un iter durato due anni e non privo di ostacoli e discussioni. Comprensibile data la posta in gioco: la libera competizione in un mercato fruttuoso e i diritti di quasi 500 milioni di cittadini.
DSA e DMA, assieme, cambiano le norme nella sfera Internet assumendo anche un’importanza simbolica di valenza globale. Rendono l’UE la prima giurisdizione a definire standard precisi per muoversi nella sfera digitale, basati su principi di democrazia, equità e sicurezza.
Con il Digital Markets Act stop al predominio delle Big Tech
Con 588 eurodeputati a favore, 11 contrari e 31 astenuti il DMA conclude il suo iter normativo mettendo significativi paletti ai comportamenti abusivi delle Big Tech nella sfera online. Si rivolge ai gatekeeper, per prima cosa definendo precisamente chi può essere considerato tale attraverso 4 condizioni:
- fatturato annuo di almeno 7,5 miliardi di euro all’interno dell’UE negli ultimi tre anni
- valutazione di mercato minima di 75 miliardi di euro
- oltre 45 milioni di utenti finali mensili, almeno 10 mila utenti aziendali stabiliti nell’UE
- controllo di uno o più più servizi di piattaforma di base in almeno tre Paesi membri
Tra le novità introdotte, la più scomoda per le Big Tech riguarda l’interoperabilità tra le varie app di messaggistica: le obbliga ad aprirsi verso quelle dei competitor e dei player più piccoli. Per gli utenti ciò comporta una libertà di scelta, agilità e risparmi nell’inviare messaggi e file e nell’effettuare videochiamate.
Gli sviluppatori conquistano l’accesso equo alle funzionalità degli smartphone e non potrà più essere loro richiesto di utilizzare determinati servizi per comparire negli app store. Vantaggi anche per i venditori, che finalmente potranno accedere ai propri dati sul marketing nelle piattaforme online, un importante boost per la loro evoluzione data driven.
Espressamente nato per migliorare la competitività del mercato digitale in Europa, il DMA vieta ai gatekeeper di preinstallare sui dispositivi determinate app, di classificare in cima alla lista i propri prodotti e servizi e di riutilizzare i dati privati raccolti per spingere altri servizi. Mira allo stesso obiettivo anche la sorveglianza prevista per evitare le killer acquisition, a dover vegliare sarà la Commissione.
Per chi non rispetta quanto stabilito, la multa può raggiungere il 10% del fatturato globale, tetto che diventa il 20% in caso di recidiva. Esiste anche la possibilità per la Commissione di aprire un’indagine di mercato, ma solo solo dopo aver registrato almeno 3 violazioni in otto anni.
Con il Digital Services Act “ciò che è illegale offline, lo è anche online”
L’approvazione del DSA è avvenuta con 539 voti a favore, 54 contrari e 30 astenuti. Rivolta a tutti gli intermediari online che forniscono servizi sul territorio comunitario, questa norma prevede obblighi crescenti a seconda del loro numero di utenti. Le più forti limitazioni colpiscono, come prevedibile, le grandi piattaforme online, ora costrette a effettuare annualmente una valutazione indipendente dei rischi sistemici di disinformazione, contenuti ingannevoli, violazione dei diritti fondamentali dei cittadini e violenza di genere e minorile. La soglia critica per essere considerata “big” è stata fissata a 45 milioni di utenti attivi mensili nell’UE.
Il Digital Services Act “forza” la “scatola nera” in cui sono custoditi i loro algoritmi e introduce una procedura di ‘notifica e azione’ per la segnalazione di contenuti illegali da rimuovere obbligatoriamente nell’immediato. L’obiettivo principale del testo approvato è infatti quello di combattere la condivisione non consensuale di materiale online.
Una azione di tutela preventiva per tutti i cittadini europei che non saranno nemmeno più spinti all’acquisto di prodotti o servizi pericolosi, grazie a una stretta dei controlli sulle informazioni fornite negli e-commerce. Allerta anche sulla presenza di dark pattern ingannevoli e, nel caso di violazione di qualsiasi norma inclusa nel DSA, dovrà essere più semplice e sempre possibile chiedere un risarcimento.
Anche in questa legge, come nella gemella, è fortemente presente il tema della competitività. In questo testo compare infatti l’obbligo di trasparenza sui sistemi di raccomandazione dei contenuti e l’obbligo di presenza di almeno un’opzione non basata sulla profilazione. Stop anche alla pubblicità mirata nei confronti dei minori o basata su dati sensibili come l’orientamento sessuale, la religione, l’etnia o lo stato di salute.
Approvato nel pieno di una fase complessa dal punto di vista geopolitico, il DSA è stato integrato con un meccanismo di risposta alle crisi. In caso di “minaccia alla sicurezza pubblica o alla salute”, la Commissione potrà quindi richiedere alle grandi piattaforme digitali di limitare temporaneamente qualsiasi rischio “imminente” nel proprio spazio.
A vegliare sull’applicazione del DSA da parte delle Big sarà la Commissione Europea, le autorità nazionali dovranno sorvegliare la condotta delle più piccole. In entrambi i casi le eventuali multe potranno raggiungere cifre pari al 6 % del fatturato globale.