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DESIRE6G, il desiderio di sovranità europea wireless

L’UE lancia un progetto con cui definire la propria architettura alla base del 6G. La vuole efficace, intelligente, automatizzata e affidabile. Intanto la Germania copia il Regno Unito e vuole ispezionare tutti i kit cinesi presenti nella sua rete 5G. Una scelta che potrebbe costarle caro ma è una questione, sembrerebbe, di sicurezza nazionale

Pubblicato il 19 Mag 2023

6g

Mancano ancora 2 anni al 2025, ma già si pensa al 2030. La prima data è quella in cui si prevede un 5G distribuito in tutte le aree urbane. La seconda riguarda invece la distribuzione del 6G, una generazione wireless a cui si guarda con maggiore benevolenza e speranza.

A conferma di questa sensazione arriva l’ennesimo progetto europeo, DESIRE6G, un’iniziativa con cui l’Unione Europea intende assumere un ruolo guida nella definizione dell’architettura della rete 6G.

Un po’ di AI per automatizzare il 6G europeo in 3 anni

Alla guida del progetto c’è l’Università di Amsterdam, durerà tre anni e beneficerà dei 6 milioni di euro assegnatigli dal partenariato pubblico-privato European Smart Networks and Services Joint Undertaking (SNS JU). DESIRE6G, acronimo di Deep Programmability and Secure Distributed Intelligence for Real-Time End-to-End 6G Networks, finora è riuscito a coinvolgere anche quindici partner europei, tra cui grandi aziende come Ericsson, NVIDIA, Telefonica e NEC, alcune PMI lungimiranti e altri partner accademici importanti. Serve a tutti gli effetti un impegno sostanzioso e una squadra potente perché le reti 6G non devono solo soddisfare i requisiti di prestazione in cui i sistemi 5G sono carenti. Sono anche chiamati a creare nuove tecnologie e a trasformare ulteriormente i modelli di business e i ruoli esistenti nell’ecosistema delle reti mobile.

Con questa nuova generazione wireless l’obiettivo è quello di raggiungere una velocità di trasferimento dati di picco di circa 1 terabit al secondo, una latenza inferiore al millisecondo e una capacità di traffico cento volte superiore rispetto al 5G. Nel frattempo si continueranno a utilizzare frequenze sempre più elevate, oltre le onde millimetriche fino alla banda dei TeraHertz.

L’obiettivo centrale di DESIRE6G non riguarda solo tali grandezze: è soprattutto indirizzato all’innovazione di rete e all’integrazione di nuove tecnologie. Nella pratica si vuole rendere la rete completamente automatizzata e ottimizzare le sue prestazioni con l’intelligenza artificiale, introducendola a ogni livello dell’architettura del sistema 6G. L’idea è quella di raggiungere una profonda programmabilità della rete 6G, per soddisfare requisiti di prestazioni estremi, e aumentare la flessibilità e la riutilizzabilità dell’infrastruttura.

Anche dal punto di vista della sicurezza sono stati presi degli impegni dai partner: la si vuole integrare in fase di progettazione, ottimizzandola per l’implementazione in ambienti cloud. Quanto alla roadmap di DESIRE6G, la prima tappa è la fine del 2025, quando verranno mostrati alcuni proof of concept nel contesto di due casi d’uso 6G rappresentativi. Uno riguarda i digital twin in campo industriale, l’altro la manutenzione all’interno di una fabbrica.

Ispezionare ogni kit cinese nel 5G: la dolorosa scelta tedesca

Alla base del progetto europeo guidato dall’Università di Amsterdam, prima ancora del 6G, c’è il desiderio di accelerare il raggiungimento della agognata sovranità digitale europea, soprattutto per quanto concerne le tecnologie critiche. È in quest’ottica, declinata alla sicurezza nazionale, che si sta muovendo anche come singolo un Paese come la Germania. Il suo governo starebbe infatti esaminando tutti i kit di fabbricazione cinese presenti nelle sue reti 5G. Già il mese scorso, Berlino stava pianificando di vietare la tecnologia di Huawei e ZTE e persino di richiedere alle società di telecomunicazioni di sostituire il kit già distribuito. Ora sembra che il Ministero degli Interni ispezionerà tutti i componenti di produzione cinese già installati nell’infrastruttura 5G. L’obiettivo è quello di proteggere le proprie reti di comunicazione e soprattutto le infrastrutture critiche.

Per l’UE è una prima volta, ma la Germania non sta che imboccando la stessa strada del Regno Unito. L’anno scorso, infatti, il governo UK ha emesso avvisi legali formali che imponevano la rimozione di qualsiasi kit esistente, entro la fine del 2027.

Si tratta di una scelta per molti doverosa ma, senza dubbio, “dolorosa”. La Germania lo può intuire guardando alle stime fatte nel Regno Unito per cui i costi di sostituzione del kit Huawei si aggirerebbero intorno ai 500 milioni di sterline. L’impatto sulla economia della Germania potrebbe non essere da meno, visto che il kit Huawei rappresenta quasi il 60% dell’infrastruttura di rete 5G.

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