Alla Cina non piace essere in ritardo, soprattutto quando si tratta di innovazione tecnologica. Ci sono inoltre contesti in cui non si può essere in ritardo, anche dal punto di vista pratico e infrastrutturale, come nel passaggio da IPv4 a IPv6. Nonostante i problemi di migrazione, oggi è inevitabile e anche urgente, perché i registri Internet mondiali stanno rapidamente esaurendo gli indirizzi IPv4 vergini e il costo delle risorse sta salendo alle stelle.
In questa corsa contro il tempo, la Cina non si mostra particolarmente virtuosa. Secondo il registro regionale degli indirizzi Internet per la regione Asia-Pacifico, l’Asia Pacific Network Information Centre (APNIC), oggi solo il 31,5% degli utenti Internet cinesi accede tramite IPv6, molto meno del 78% dell’India o del 68% della Malesia.
L’ordinanza e i vantaggi dell’IPv6
Questi dati e il contesto, spiegano l’ordinanza di recente emanata dal Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione (MiiT) che impone a tutti i nuovi hardware Wi-Fi di essere abilitati all’IPv6.
Chiunque produca o importi apparecchiature wireless LAN con funzione di assegnazione di indirizzi IP di rete pubblica nel Regno di Mezzo, deve quindi aggiornarsi: si apre una nuova era in cui tutti i dispositivi LAN wireless IPv6 avranno la funzione di allocazione dell’indirizzo IPv6 addirittura per impostazione predefinita.
Questa decisione impatta anche sulle istituzioni che generalmente testano questi device e che si dovranno attrezzare per poterlo fare in modo efficiente anche per le capacità del nuovo protocollo. Agli operatori di telecomunicazioni è stato affidato il compito di incoraggiare gli utenti ad adottare dispositivi wireless LAN IPv6, sensibilizzandoli sulla necessità di farlo “per il bene del Paese” oltre che proprio.
Il nuovo protocollo “imposto” è la versione aggiornata dell’IPv4 con cui vengono introdotti alcuni nuovi servizi e si semplificano la configurazione e la gestione delle reti IP. La principale novità riguarda lo spazio di indirizzamento. Se IPv6 riserva 128 bit per gli indirizzi IP e gestisce 2128 (circa 3,4 × 1038) indirizzi, IPv4 riserva 32 bit per l’indirizzamento e gestisce 232 (circa 4,3 × 109) indirizzi. Anche senza fare i conti precisi, salta subito all’occhio che l’adozione su vasta scala di IPv6 risolverebbe definitivamente il problema dell’esaurimento degli indirizzi IPv4.
Si tirerebbe un respiro di sollievo su scala globale, ma non solo. Gli utenti ne ricaverebbero anche alcuni vantaggi sul lungo termine, sia in scalabilità che in capacità. L’IPv6 prevede infatti alcuni miglioramenti “tecnici” rispetto all’IPv4 come il routing più efficiente, senza la frammentazione dei pacchetti, e una sicurezza integrata dello strato di rete (IPsec). Si punta anche ad un’ottimizzazione del network management, grazie alla configurazione automatica dell’indirizzo stateless, e a una riduzione del carico di elaborazione, intervenendo sulla struttura dell’intestazione.
Le paure e gli obiettivi cinesi
Quanto deciso dal governo cinese rispetto all’IPv6 entrerà ufficialmente in vigore il 1° dicembre 2023. Entro la fine dell’anno avrebbe voluto incrementare l’adozione dell’IPv6 a livello nazionale in modo evidente e in aprile aveva dichiarato l’obiettivo di far utilizzare il protocollo a 750 milioni di utenti e 300 milioni di dispositivi Internet of Things per quella data. Ammettendo il ritardo, ha reagito con l’ordinanza per recuperare e spera ancora di farcela, mirando a portare su IPv6 anche il 15 percento delle reti fisse e il 55 percento del traffico delle reti mobili.