Sotto gli occhi di tutti ma con la consapevolezza di pochi, lo scorso 8 settembre 2023 un ingegnere di Madrid ha ricevuto una chiamata Whatsapp dalle Hawaii, da Maui. Nulla di particolarmente strano in un mondo iperconnesso come il nostro, se non si fosse trattato di una chiamata 5G da uno smartphone non modificato, nello specifico, da un Samsung Galaxy S22.
È la prima nel suo genere, dal punto di vista tecnologico, e ciò rende la data quasi “storica”, o per lo meno degna di comparire nella roadmap di evoluzione della connettività 5G.
Verso un pianeta più omogeneamente interconnesso
Ultimamente sta crescendo l’interesse verso tutte le opportunità legate a servizi per telefoni cellulari fornite dai satelliti in orbita. Merito in parte del recente lancio della funzione SOS di emergenza per iPhone, ma al di là dei piani di Apple, chi non è attratto dall’idea di poter presto inviare messaggi di aiuto anche quando non c’è copertura di rete terrestre? Un desiderio “umano”, comprensibile e ragionevole, su cui le aziende stanno costruendo business e alleanze.
Dietro alle quinte di questa prima telefonata 5G autunnale c’è Vodafone, che ha fatto l’annuncio, assieme a AST SpaceMobile che gestisce il satellite prova utilizzato. Si chiama BlueWalker 3 ed è stato specificamente progettato per compiere questo primato, ovvero per fornire connettività 4G e 5G consentendo servizi di dati e chiamate vocali via Internet.
L’intenzione dichiarata dalla coppia Vodafone & AST SpaceMobile, e non solo, è quella di impegnarsi a colmare il divario di utilizzo della telefonia mobile per milioni di persone in Europa e in Africa. Passo dopo passo, questo obiettivo si sta avvicinando.
Già ad aprile AST SpaceMobile con il suo BlueWalker 3, aveva effettuato la prima chiamata vocale bidirezionale direttamente verso uno smartphone non modificato. In quel caso era però partita da una stazione spaziale, collegando una persona in Midland (Texas) a una a Rakuten (Giappone) utilizzando il 4G.
Sempre la stessa azienda sta anche continuando a lavorare sulla velocità di download. Per ora ha dichiarato di aver sfiorato i 14 Mbps con il satellite BlueWalker 3, dimostrando quanto stia diventando sempre più “semplice” connettere a Internet persone in regioni remote utilizzando i telefoni cellulari esistenti.
Si muovono anche gli USA ma fanno troppa luce
Mentre continua a effettuare prove ed esperimenti con BlueWalker 3, “satellite per test”, AST SpaceMobile è intenzionata a lanciarne cinque commerciali entro il primo trimestre del 2024. Sarà in Spagna il suo centro di controllo per la gestione del traffico e coprirà aree terrestri remote sia in Europa che nel Mediterraneo.
Vodafone ne osserva i progressi e immagina e spera di poter “agganciare” ai satelliti di AST SpaceMobile servizi commerciali con cui impreziosire la propria offerta. Si tratterebbe di servizi in grado di offrire connessioni a banda larga utilizzando qualsiasi smartphone 5G standard.
Tutti progetti che avranno il loro fulcro tra Europa, Africa e Medio Oriente, mentre negli Stati Uniti si guarda all’alleanza tra T-Mobile e SpaceX. La prima vuole collegare la propria rete wireless terrestre con la costellazione satellitare della seconda, Starlink, in orbita terrestre bassa. I due partner hanno pianificato di partire supportando solo la messaggistica di testo, per poi passare ad occuparsi anche di voce e copertura dati.
Una roadmap quasi parallela a quella centrata sull’Europa, ma che presumibilmente risentirà di un problema tecnico legato alle dimensioni dell’antenna. Quella di AST SpaceMobile è enorme, quindi in grado di emettere un fascio di luce piccolo, quella di Starlink è molto più piccola e lascia un’impronta più grande. Questo significa, nella pratica, che il progetto americano rischia di creare molti più problemi di interferenza con i servizi wireless terrestri esistenti. Un guaio perché ciò significa calpestare i piedi a molte altre big USA, tra cui AT&T che ha già inviato una petizione alla Federal Communications Commission statunitense perché blocchi T-Mobile US e il suo servizio satellitare.