Tanti gli sforzi di adozione, pochi gli attuali beneficiari per il 5G. Ma i ricercatori stanno già scrivendo il capitolo successivo delle tecnologie wireless. Il 6G, ancora ben lontano dall’essere utilizzabile, si sta comunque insinuando nelle agende IT dei più lungimiranti con la promessa di fornire una velocità di 1 terabyte/secondo. Si scaricherebbero 142 ore di video ad alta qualità in un secondo ma, soprattutto, si aprirebbero nuovi orizzonti di mercato con servizi e prodotti finora non implementabili.
Differenze tra 5G e 6G: un balzo in avanti
Dal punto di vista freddamente tecnologico le differenze tra 5G e 6G riguardano spettro, velocità, frequenze e latenza. E non fanno subito percepire il potere rivoluzionario di questo upgrade del mondo wireless
- Cambio gamma di frequenze. Sia 5G che 6G utilizzano uno spettro già diverso da 2G, 3G e 4G, ma non lo stesso. Il 5G è allocato per frequenze a banda bassa e alta (sotto i 6 GHz e sopra i 24,25 GHz) mentre il 6G sarà operativo nella gamma di frequenze da 95 GHz a 3 THz.
- Cresce la velocità di trasmissione dati. Operando su bande di frequenza TeraHertz, il 6G garantirebbe una velocità di picco di 1.000 gigabit/s, 100 volte superiore a quella del 5G con una maggiore affidabilità e una copertura di rete più ampia.
- Accelera l’IoT. Con il 6G si mira a collegare un numero dieci volte maggiore di dispositivi per chilometro quadrato.
- Latenza sempre più bassa. Dai 50 ms del 4G, il 5G era riuscito a raggiungere i 5 ms, ma il 6G farebbe dimenticare questo grande traguardo riducendolo di un fattore 5. L’obiettivo è stare in un intervallo compreso tra 1 millisecondo e 1 microsecondo.
Le promesse del 6G e come farle avverare
Se la nuova tecnologia wireless non tradirà le grandi aspettative che accompagnano il suo sviluppo, consentirà di realizzare diversi “sogni” sia del mondo IT che di quello consumer. Per esempio, la convergenza tecnologica con il deep learning e l’analisi dei big data, l’implementazione dell’edge computing per soluzioni di comunicazione ultra-affidabili e a bassa latenza, e nuove risorse per l’HPC.
Man mano che i ricercatori lavorano al 6G, quello che si va componendo è un sistema di comunicazione wireless adattivo, integrato e super-eterogeneo. Una nuova generazione in grado di fornire connettività mobile pervasiva in modo ubiquo. L’impatto si registrerebbe sia sulle comunicazioni a corto raggio che su quelle satellitari, anche grazie a endpoint non più letteralmente “endpoint” ma nodi attivi della stessa rete.
Necessario anche un refresh di tecnologie che, interagendo con il 6G, dovranno poterne supportare le performance e abilitarne le potenzialità. Potrebbe essere utile un nano-core come nucleo di calcolo comune per HPC e AI, sotto forma di collezione logica di risorse computazionali, condivisa da molte reti e sistemi. Servirà anche una decisa evoluzione dei data center per accogliere e gestire la quantità di gran lunga maggiore di dati creati dal 6G. Le nuove funzionalità di rilevamento, imaging e determinazione della posizione richiederanno anche un cambio di gestione dati da parte dei titolari, dei proprietari della rete e dei fornitori di servizi.
Non ripetere l’errore 5G: l’Europa studia il 6G con gli USA.
I dettagli con cui si parla di 6G non devono ingannare: le specifiche del settore per i prodotti di rete abilitati a questa nuova generazione sono ancora lontane. Il 2030 per ora è l’anno indicato per un ipotetico lancio commerciale, le attività di ricerca e sviluppo sono iniziate seriamente nel 2020 ma poco è già stato messo a terra.
Il 6G richiede per esempio lo sviluppo di tecnologie avanzate di comunicazione mobile, come le reti dati cognitive e altamente sicure. Allo stesso tempo, servirebbe anche un’espansione della larghezza di banda spettrale di ordini di grandezza superiore rispetto al 5G. Da non scordare, poi, i vari problemi associati all’implementazione della radio a onde millimetriche per il 5G, da risolvere per non far bloccare i progetti in arrivo per il 6G.
Consapevole dell’importanza di questa tecnologia, l’Europa si sta muovendo per tentare di conquistare una leadership industriale nei prossimi anni. O per lo meno evitare l’ennesima situazione di sudditanza tecnologica. Diversi Paesi si sono mossi in tempo per affrontare il nuovo mercato con grinta, ma è il Joint Undertaking on Smart Networks and Services towards 6G (SNS JU) il primo programma di ricerca e innovazione sul 6G ufficiale europeo su larga scala.
Lanciato nel 2021, ha due obiettivi principali:
- Promuovere la sovranità tecnologica dell’Europa nel 6G e l’adozione sul mercato di queste tecnologie entro la fine del decennio.
- Potenziare la diffusione del 5G per consentire la transizione verde e digitale di economia e società.
È una partnership che comprende soggetti sia pubblici che privati, coordinata dall’Unione Europea che l’ha finanziata con 900 milioni di euro. Un identico contributo è arrivato dai membri privati che hanno investito in un progetto di largo respiro, con scadenza nel 2027.
Memori di quanto accaduto con il 5G, sia l’Europa che gli Stati Uniti hanno stavolta deciso di muoversi in anticipo e coordinati per unire le forze mettendo all’angolo la Cina. Per evitare infatti di trovare la tecnologia sviluppata dal Dragone a dominare il mercato anche del 6G, stanno lavorando a iniziative congiunte sia per superare le criticità ancora rimaste per il 5G, sia per guardare insieme al nuovo mercato. È fondamentale che entrambe possano ricavarsi un ruolo rilevante, anche alla luce delle incertezze geopolitiche attuali.
Nel frattempo, i regolatori mondiali stanno lavorando per raggiungere un consenso sul 6G, come fatto per il 5G un decennio fa regalandoci uno standard globale condiviso. La protagonista dei maggiori sforzi è l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (UIT) che sta raccogliendo dai vari gruppi di lavoro i punti chiave da affrontare: il ruolo dell’intelligenza artificiale, le reti verdi, le comunicazioni nelle bande di spettro del TeraHertz, la copertura globale e il “rilevamento multidimensionale”.
La sua prossima conferenza è prevista per la fine del 2023, potrebbe essere l’occasione per condividere le basi di uno spettro 6G su cui ci sono brevetti privati già rilasciati e molti altri in attesa di essere depositati presso gli uffici di tutto il mondo.