Si continua a parlare di un mondo sempre più interconnesso e collegato, di un contesto digitale dove non esistono confini, o così si vuole credere. Le decine di migliaia di chilometri che dividono un Paese dall’altro restano, però, e per permettere a chi si connette on line di non percepirli, serve in qualche modo connetterli in modo ancora “brutalmente” fisico. Oggi ciò avviene con i cavi sottomarini che, spesso sottovalutati dai più, restano elementi fondamentali di quella stessa guerra fredda tra potenze che si combatte in modo molto più rumoroso nello Spazio, sui social o a colpi di tecnologia.
Tabua e Honomoana in arrivo, formeranno un anello
Questa premessa serve per non stupirsi all’idea che un’azienda come Google abbia intrapreso l’iniziativa South Pacific Connect a supporto di USA e Australia, fornendo nuovi cavi sottomarini internazionali per collegarle.
Due sono i percorsi previsti e i loro nomi sono “omaggi” alle Isole Figi e alla Polinesia Francese da cui rispettivamente passano. Nel primo caso si è scelto il termine “Tabua”, un riferimento a un dente di balena sacro, nel secondo “Honomoana” che, in polinesiano, fonde i concetti di “collegamento” e “oceano”.
A quanto si apprende dal blog di Google, i due cavi passeranno nelle vicinanze di 6.500 e 7.000 miglia nautiche in linea d’aria. Per quanto riguarda la loro capacità grezza, l’unico dato a cui ci si può “aggrappare” è il traguardo tecnologico raggiunto dalla stessa azienda sul cavo Duvant realizzato tra Virginia Beach e la costa atlantica francese, pari a 250Tb/s da 12 coppie di fibre. Non si possono però fare parallelismi e trasposizioni “a cuor leggero”: ogni iniziativa di questo tipo è un caso a sé. Ciascun contesto presenta molti fattori da considerare, dal numero di fili di fibra e di ottiche, fino ai ripetitori e agli amplificatori coinvolti. Ciò che si può immaginare, e che i Paesi coinvolti sperano, è che Google con il passare dei mesi faccia in tempo ad assicurare una larghezza di banda addirittura superiore, attorno ai 400-480 Tb/s, anche grazie all’utilizzo di cavi a 16 coppie di fibre e ottiche all’avanguardia.
Questo aspetto sarà chiaro a progetto realizzato, mentre già si sa per certo che l’iniziativa South Pacific Connect porterà anche alla realizzazione di stazioni di atterraggio per cavi fisicamente diverse nelle Figi e nella Polinesia francese e aggiungerà un cavo di interconnessione per collegare le rotte transpacifiche, migliorare l’affidabilità, aggiungere capacità e ridurre la latenza per gli utenti delle isole del Pacifico e di tutto il mondo. “Nel pacchetto” ci sono anche unità di diramazione preposizionate che creano una sorta di anello tra Australia, Isole Figi e Polinesia francese. Questa infrastruttura, secondo i piani USA, servirà per poter un giorno estendere la rete agli Stati Federati di Micronesia, Kiribati, Isole Marshall, Nauru, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone, Timor Est, Tuvalu e Vanuatu, consentendo anche a loro di sfruttare l’affidabilità e la resilienza derivanti dall’iniziativa.
Il significato ambientale e geopolitico di due cavi
Al fianco di Google nella posa di questi cavi “pacifici” si trovano schierate alcune aziende locali come Fiji International Telecommunications, l’Ufficio delle Poste e Telecomunicazioni della Polinesia Francese, AP Telecom e Vocus Group. Un supporto tecnologico importante, che si unisce a quello economico, fornito in gran parte dall’Australia che anticipa 50 milioni di dollari. Gli Stati Uniti ne investono 5 in contanti subito, con disposizioni per altri 10 milioni di dollari in futuro.
Una iniziativa come la South Pacific Connect ha l’evidente scopo di rafforzare la resilienza e di migliorare la connettività internazionale in una regione “critica” dal punto di vista ambientale, per via di frequenti disastri naturali e delle interruzioni causate da incidenti navali. Critica, e strategica, lo è anche dal punto di vista geopolitico, perché interseca aree di influenza cinese a cui gli USA vogliono mettere dei paletti. I nuovi cavi sono infatti visti da molti esperti come una mossa americana per ribadire il proprio ruolo di valida alternativa al Regno di Mezzo che da tempo si offre per aiutare i Paesi del Sud Pacifico a migliorare le loro infrastrutture di rete utilizzando le proprie tecnologie.
La Casa Bianca ci tiene che l’Australia stia dalla sua parte, ben vengano anche le Isole Figi e la Polinesia Francese. Le prime hanno infatti mostrato apprezzamento per l’iniziativa che le aiuta a rafforzare la connettività digitale e la resilienza, contribuendo alla loro digital transformation. I cavi sono un’iniziativa trasformativa anche per il governo della Polinesia Francese che ha dichiarato di aver scelto il digitale come uno dei quattro settori chiave per il proprio sviluppo economico e sociale.