La trasformazione del settore sanitario , la cosiddetta Sanità 4.0, è trainata dalla progressiva adozione di tecnologie innovative: Intelligenza Artificiale, Big Data Analytics, Internet of Things, Realtà Aumentata, connettività mobile ad elevate prestazioni (5G) e sistemi robotici concorrono a una vera e propria ridefinizione del sistema rivolta a garantire sostenibilità e percorsi di assistenza e cura sempre più appaganti per il paziente. Pur nella sua indubbia complessità, soprattutto a livello di governance, anche il sistema sanitario sta raggiungendo quel paradigma ‘4.0’ che ha nel digitale e nell’approccio data-driven i suoi fattori abilitanti.
Che la sanità 4.0 sia un trend importante lo confermano i numeri: il solo mercato dell’AI in healthcare è previsto in crescita con un CAGR del 43,5% dal 2018 fino al 2025 (fonte: Research and Markets), laddove varrà 27,6 miliardi di dollari. Viviamo in un periodo di connettività pervasiva, di empowerment del paziente e di dispositivi wearable per il monitoraggio dei parametri di salute e benessere; soprattutto, viviamo nell’era dei dati: quelli dei parametri vitali, delle attività di ogni giorno, ma anche quelli che derivano dalla digitalizzazione dei documenti medici, delle sequenze genomiche, dei Fascicoli Sanitari, delle Cartelle Cliniche, referti, imaging radiologico e molto altro. Riuscire a generare informazioni utili, insight da questo immenso volume di dati e indirizzarle all’ottimizzazione delle strutture, dei percorsi di prevenzione e cura, nonché alla creazione di un sistema più inclusivo, migliore ed avanzato è il fine ultimo della Sanità 4.0.
Sanità 4.0 e le tecnologie abilitanti
Il tema delle tecnologie che abilitano la sanità 4,0 è molto ampio, perché la digitalizzazione si manifesta in diversi ambiti: nelle strutture, per esempio, coinvolge i processi clinico-sanitari (da cui la Cartella Clinica Elettronica e importanti investimenti nei sistemi dipartimentali), ma anche i servizi digitali per i cittadini (totem, sistemi di prenotazione, eliminacode…) e i sistemi di integrazione con il territorio come la telemedicina; per le persone, sanità 4.0 è invece un nuovo modo di vivere il rapporto con il sistema sanitario e di gestire la propria salute, un ‘modo’ più attivo di prima e assistito da sensori e connettività pervasiva; per i medici e i ricercatori, la tecnologia è un insostituibile alleato per migliorare l’efficacia diagnostica ed esplorare nuovi percorsi e metodologie di cura più efficaci, sicure e personalizzate.
Per i motivi di cui sopra, il capitolo delle tecnologie abilitanti la nuova sanità è molto ampio: vi rientrano strumenti consolidati come le firme digitali e i sistemi documentali per l’automazione delle procedure, ma anche avanzate piattaforme di analisi che abilitano la data-driven governance e permettono alle strutture un livello di efficienza, efficacia e sostenibilità sconosciuto fino a ieri. Fa parte della sanità 4.0 anche la stampa 3D di apparecchi come i ventilatori polmonari, essenziali nel triste periodo che stiamo vivendo, così come l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning a supporto delle diagnosi e dei clinical trials, un altro elemento di forte attualità vista la sua connessione con cure e vaccini. Non si possono dimenticare, infine, la teleassistenza e la Big Data Analysis per la medicina personalizzata, che è una delle grandi sfide della scienza contemporanea.
AI e Cognitive Computing, alleati dei medici e delle strutture
Tra le tecnologie abilitanti della nuova sanità, AI occupa una posizione privilegiata. Oltre all’efficacia nell’automazione di procedure cliniche e amministrative, AI occupa un ruolo di primo piano nel cammino verso la medicina personalizzata ed è in grado di fornire un supporto importante a livello diagnostico. Il mercato sta inoltre registrando, un po’ come accade in altri settori (finance) il continuo ingresso di player innovativi e colossi tecnologici (Big Tech) la cui proposta punta a rivoluzionare i percorsi di assistenza sanitaria mediante l’uso di tecnologie avanzate (AI, in primis) e una forte insistenza sul concetto di empowerment del paziente.
AI viene impiegata in diversi ambiti: piuttosto comune, quanto meno nei casi più virtuosi, è la process automation, per esempio nella refertazione delle immagini, ma si registrano impieghi interessanti anche in ambito di patient experience, che possono arrivare fino allo sviluppo di nuovi modelli di servizio. In alcune aree del mondo, per esempio, è già possibile sperimentare un servizio di MMG (Medico di Medicina Generale) virtuale, da affiancare a quello tradizionale o anche in alternativa. Sempre in ambito Chatbot/Virtual Assistant, essi possono supportare il medico durante le visite, raccogliendo automaticamente dati che confluiranno nella cartella clinica. Inoltre, AI può indirizzare il governo dell’intero sistema grazie alla sua capacità di gestire ampi volumi di dati e supportare, in questo modo, modalità innovative di population health management.
Di recente, poi, viene data enfasi all’impiego di AI e tecniche di Cognitive Computing per l’interpretazione di dati non strutturati (video, telefonate…) e, soprattutto, come supporto per l’attività diagnostica. Un sistema cognitivo potrebbe infatti essere in grado di elencare le diagnosi compatibili con i sintomi lamentati dal paziente, con le sue cartelle cliniche, le descrizioni fatte a diversi medici e le rilevazioni dei suoi dispositivi wearable. Discorso analogo per quanto concerne l’interpretazione, tramite tecniche di Computer Vision, dell’imaging radiologico: nonostante l’AI adotti un criterio quantitativo, abbia una produttività imbattibile e non subisca gli effetti della stanchezza, il suo è un ruolo di supporto al radiologo, la cui centralità non viene messa in discussione; l’ipotesi, piuttosto, è la creazione di una sinergia virtuosa tra il processo tradizionale e l’automazione, soprattutto nei casi di routine.
Big Data per la medicina di precisione: radiomica e radiogenomica
Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, tra gli ambiti che avranno il maggiore impatto nel prossimo futuro vi è quello dei Big Data Analytics per la Medicina di Precisione, che si è sviluppata proprio grazie alle tecniche di analisi dei (big) dati.
Il concetto di Medicina di Precisione, che per certi versi si sovrappone a quello di Medicina Personalizzata, punta a fornire il migliore percorso di cura possibile per ciascun paziente uscendo dal paradigma della cura standardizzata in funzione della patologia. Per fare ciò, la medicina di precisione mette in relazione i dati genetici del paziente, il contesto ambientale e anche quelli dello stile di vita: in questo modo, indirizza il medico verso la cura con la più alta probabilità di successo, permettendo inoltre di verificarne costantemente il decorso e – nel caso – adottare interventi correttivi.
Tra gli ambiti principali in cui opera la medicina di precisione c’è l’oncologia, laddove il tema confina con quello della radiomica e della radiogenomica. Per la cura di certi tumori, esistono da tempo terapie personalizzate che si definiscono “a bersaglio molecolare”, ma che per essere applicate richiedono l’esecuzione di esami invasivi su campioni di tessuto, con inevitabile sofferenza da parte del paziente. Radiomica e radiogenomica puntano a personalizzare il trattamento evitando del tutto l’invasività dell’esame.
Queste tecniche, infatti, interpretano esami di routine (TAC, RM) come patrimoni inestimabili di dati: adottando un approccio quantitativo al posto della tradizionale osservazione visiva, riescono ad evidenziare nelle immagini delle radiomic features che vengono messe in relazione con dati clinici come la risposta a un certo tipo di terapia. In questo modo, da un esame di routine si ottengono non solo informazioni circa le dimensioni, il tipo e la forma della lesione, ma anche indicazioni importanti sulla terapia da attivare, che sarà rigorosamente personalizzata. I dati delle radiomic features vengono poi incrociati con altre informazioni circa la storia del paziente e il suo stile di vita per personalizzare ulteriormente l’iter terapeutico, durante il quale sarà possibile ripetere gli esami (non invasivi) per verificare l’efficacia della cura.
Tecnologie Indossabili (IoT) e Realtà Aumentata per la Sanità 4.0
Viviamo nell’era della connettività pervasiva e dell’Internet of Things, degli oggetti ‘connessi’ che possono raccogliere svariate informazioni utili per il benessere, la salute e per agevolare i percorsi di cura. Per quanto concerne i dispositivi consumer, ormai molto diffusi sotto forma di smartwatch, fitness band o fitness tracker, si ritiene che una persona su quattro registri i propri dati e prenda su di essi decisioni circa salute e stile di vita: piuttosto, il ‘problema’ è che solo il 5% li condivide con un medico (fonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità), ma resta il fatto che il segmento delle App per la salute non solo è estremamente ampio ma anche molto promettente. Nonostante il mercato consumer abbia dimensioni ragguardevoli, il fenomeno IoT assume anche una connotazione medica, con strumenti certificati per il monitoraggio e la trasmissione in tempo reale dei dati dei pazienti. La diffusione dei wearable, delle app e della connettività mobile sono alla base di un profondo cambio di paradigma nella fruizione dei servizi sanitari, della telemedicina e del progressivo empowerment del paziente.
Anche la realtà aumentata è una tecnologia capace di modernizzazione della sanità e di accompagnarla verso il paradigma 4.0. Le applicazioni della mixed reality in campo medico sono diverse e tutte potenzialmente efficaci: si va dalla formazione e dall’assistenza sanitaria, con possibilità di effettuare alcune diagnosi a distanza, fino ad applicazioni avanzate in ambito chirurgico, laddove medico e assistenti intervengono tenendo sotto controllo i parametri vitali senza mai distrarsi. Discorso analogo per quanto concerne la perfetta visualizzazione simulata degli organi e degli interventi da effettuare, attività che potrebbe precedere un vero e proprio intervento in telechirurgia. A proposito di quest’ultimo, un driver importante potrebbero essere le reti mobili di quinta generazione (5G), in grado di garantire – mediante la tecnica del network slicing e il supporto per il traffico URLLC, Ultra-Reliable Low Latency Communications – non solo un’affidabilità irraggiungibile con le attuali reti 4G, ma anche una latenza bassissima, anche inferiore a 1 millisecondo e fondamentale in casi come questi.